Interventi: Ivo Brocchi delegato della Toscana

martedì 24 gennaio 2023

Vi racconto ciò che facciamo noi ad Arezzo per parlare di informazione nelle scuole


Non vi parlerò come nei precedenti interessanti interventi, di Inpgi, Inps, Casagit, prelievo dell’1 per cento, ex fissa 0,30 % al sindacato. Voglio invece concentrarmi su un grosso problema che abbiamo nel nostro Paese e dell’apporto che l’Ungp può dare. Ho passato la vita professionale iniziata nel 1975 in testate piccole, in giro per la Toscana con qualche collaborazione con giornali nazionali di cui la più interessante è stata con Paese sera (ormai quasi 50 anni fa). Poi per una decina di anni anche con l’Ansa.

Un lavoro il mio, anzi direi il nostro, che ci ha permesso in mezzo secolo di vedere come è cambiata la società italiana. Ci sono esempi illuminati ed altri che definirei tragici.

Nel nostro Paese in mezzo secolo osservo una pericolosa DESERTIFICAZIONE: quella culturale e ancor più quella civica di noi italiani.

Libri letti sempre meno.

Giornali non ne parliamo, siamo al tracollo.

Il popolo italiano si informa, e si forma, specie sotto i 40 anni, nella stragrande maggioranza dei casi, sui telefonini. Quando va bene al computer. Ma si ferma ai titoli e spesso si ferma ai social, cioè quegli strumenti sui quali c’è chi governa il pensiero e la testa delle persone. Almeno chi si informa scorrendo i siti dei giornali, delle agenzie, delle tv, alla fine fa proprio un riassunto molto striminzito delle notizie. Quindi poco, pochissimo. Ma gli altri?

Quel poco che prendono dai social sono slogan, sono notizie spesso false e riciclate con arte da maghi di questo mondo, assoldati da chi ha mezzi assai ricchi per farlo.

Tutto ciò sta distruggendo due entità. Per prima ci metto la nostra categoria, visto che siamo ad un congresso di giornalisti anche se in pensione.

Le testate hanno visto ridurre in modo drammatico i loro introiti. E questo significherà ancor più precariato, maggiori licenziamenti, riduzione delle risorse a disposizione per una buona informazione. Ma quello che forse è ancor peggio, è che è a rischio la DEMOCRAZIA. Se l’informazione, oltre che libera, non è anche di qualità, con la possibilità di raccontare, indagare, criticare, proporre e costruire ed avere un seguito nella opinione pubblica, presto la nostra democrazia, e siamo già su quella strada, sarà determinata da società specializzate che manipolano in mille modi la comunicazione (e vorrei non chiamarla informazione), decidendo anche i flussi elettorali.

I cittadini, specie i giovani, non hanno più idea della differenza fra un giornale (non mi importa se di destra di sinistra o di altri luoghi della politica, ma fatto da giornalisti che almeno le regole della deontologia le devono rispettare) e i social che li bombardano 24 ore su 24, affabulandoli e attirandoli in un giro deformato di comunicazione, che li fa sentire come protagonisti, e invece sono solo oggetto circonvenzionato della loro strategia.

E tutto questo discorso, bello o brutto che sia, cosa c’entra con noi? Ebbene, io credo che l’Ungp oltre ad occuparsi dei suoi associati che hanno dedicato una vita ad informare correttamente i propri lettori o ascoltatori, possa, anzi debba, uscire dalle dal chiuso delle sue stanze e da quelle del solo confronto con la politica e con gli enti come Casagit, Inps ex Inpgi e tutto il resto e attivarsi nella società per combattere il virus della atrofizzazione massiva dei cervelli.

Mi si dirà: che forza abbiamo noi?

Abbiamo la forza della nostra professione e della nostra passione. Si possono attivare dei progetti e dei processi che ci vedano impegnati nella società a riaffermare le buone ragioni di una informazione professionale e che risponde a canoni di democrazia. Magari fra i nostri associati c’è una parte, più anziana e con problemi di salute, che non potrà farlo. Altri che continuano a lavorare e di tempo a disposizione ne hanno meno, ma una discreta fetta di noi potrebbe essere “inviata speciale” (termine a noi assai caro) sul campo a discutere di questi temi.

Quello che vi dico non è un sogno e vi porto brevemente una esperienza che da qualche anno si realizza ad Arezzo e provincia.

Abbiamo iniziato con poche classi e adesso, anche su loro invito, ci stiamo allargando a quasi tutte le scuole superiori della provincia che ci chiedono di trascorrere qualche ora con i loro studenti delle classi quarta o quinta per illustrare davvero cosa è l’informazione. A chiarire perché la democrazia che si fonda su una popolazione mal informata rischia di non essere più tale, a confrontarci con le mille domande che dagli studenti arrivano.

Con una associazione culturale che, per non essere proprio originali, abbiamo chiamato Intra Tevere et Arno, andiamo nelle classi spiegando senza cosa è la informazione nel nostro Paese e nel mondo e come si costruisce questa informazione. E quale aberrazione è l’informarsi su Facebook o Instagram. Si dà poi la stura al dibattito con le domande e i dubbi ed è una festa della curiosità, della meraviglia, della sorpresa che questi ragazzi all’improvviso mostrano. Io non so se finiti questi incontri poi smettono di informarsi sul gruppi di fb o dai gruppi creati ad arte dai maghi di internet addirittura su Wathsapp o Telegram, ma vedere che di anno in anno cresce il numero di richieste da parte delle scuole, è un buon segnale.

Noi dobbiamo come sindacato difendere i nostri diritti di ex lavoratori impegnandoci ad essere vicini anche a coloro che sono ancora al lavoro, un un reale rapporto di solidarietà fra generazioni. Ma facciamolo anche uscendo fuori da questi palazzi, con iniziative nel modello di quella di Arezzo o altre da inventare.
Ma noi abbiamo fatto per tutta la vita questa professione perché ci abbiamo creduto. E oggi siamo chiamati come singoli e come organizzazione a proseguire questo lavoro al servizio dei cittadini senza ricevere alcun compenso. Facciamolo assieme alla Fnsi e all’Ordine. E si potrebbe coinvolgere anche il Miur (trovata grande disponibilità nella struttura che una volta si chiamava Provveditorato agli studi).

C’è da affermare fortemente che l’informazione non a caso è in tutte le Costituzioni dei Paesi democratici dentro i primi articoli e che nei Paesi non democratici, l’informazione non ha diritto di esistere.

Ha detto Umberto Eco qualche anno fa: “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.”
E poi, per stimolare tutti noi sulle nostre potenzialità, cito lo psicanalista Vittorino Andreoli: “La vecchiaia è la novità del nostro tempo, un privilegio che siamo i primi nella storia dell’uomo a poter sperimentare. E non va sprecata. Gli anziani, sono una risorsa e non un peso”.

E’ tempo di muoversi, di mettere il nostro sapere e la nostra esperienza e passione a disposizione diretta dei cittadini aggrediti da pericolose forme di comunicazione che stanno uccidendo l’informazione di qualità e con essa la democrazia.