Interventi: Stefano Fabbri delegato della Toscana

martedì 24 gennaio 2023

Un progetto unitario per i pensionati


I nodi, quelli rinviati da tempo, alla fine vengono al pettine: il prelievo dell’1% sulla pensione, la questione ex-fissa, il nodo fiscale Casagit, la vicenda delle quote che finora hanno consentito la vita stessa dell’Ungp e dei Gruppi regionali. Lo stesso intervento del segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso, probabilmente per rispetto del nuovo gruppo dirigente della Federazione che uscirà dal Congresso di Riccione - un intervento molto interessante, senza dubbio – non è entrato nel merito di proposte per evitare nuovi rinvii nell’affrontare ciò che è rimasto irrisolto. Eppure questi nodi sono fortemente legati alla questione vera, di politica sindacale: cosa vogliamo fare da grandi? Siamo un componente della Fnsi che è pari al 20% circa rispetto al numero dei colleghi professionali in attività e siamo una quota destinata a crescere a causa dei processi di prepensionamento in atto e futuri, indipendentemente dal passaggio da Inpgi a Inps. Certo, non abbiamo titolo più di tanto per intervenire su ciò che, in tutti i sindacati, è l’impegno più importante e cioè quello dei contratti. Possiamo e dobbiamo, tuttavia, difendere le pensioni dei giornalisti e dare un contributo significativo alle politiche sindacali e professionali della categoria.

Siamo però un segmento della categoria numeroso ma non forte. Ma le questioni alle quali accennavo prima possono rappresentare un importante banco di prova per il rilancio del ruolo dell’Ungp.

- Il prelievo dell’1%: non puo' restare senza una risposta seria e convinta l’operazione inspiegabile di applicazione di quella norma varata dall’Inpgi nel tentativo di salvare l’istituto e ora messa in pratica dall’Inps. Nella sua relazione il presidente Guido Bossa ha segnalato che la ridotta entità del danno subito potrebbe far sorgere dubbi sull’opportunità di attivare ricorsi nelle diverse sedi. Io penso che anche se il loro costo fosse superiore a quanto detratto dalle nostre pensioni varrebbe comunque la pena: la rivendicazione di un diritto può avere un costo e dobbiamo essere pronti a sostenerlo. Se cediamo su una ingiustizia quante altre dovremo subirne?

- Ex-fissa: è venuto il momento che di fronte ai colleghi che da molto tempo agitano questo problema si smetta di avere eruzioni cutanee… Non è una bestemmia in chiesa. Questa forma di idiosincrasia nei confronti del tema ha favorito paradossalmente che l’ultimo tratto di vita della ex fissa si ammantasse si un’aura opaca in cui le domande sono rimaste senza risposta. Mi pare che qualche riflessione interessante oggi ci sia, come quella di Lucia Visca che ha proposto che, nella peggiore delle ipotesi, almeno si possa tornare in possesso delle cifre versate dai giornalisti o per loro conto.

- Casagit: sulla mancata deduzione fiscale ballano diverse migliaia di euro l’anno per ogni pensionato. E questo può essere un elemento significativo per chi intenda aderire a Casagit o scegliere altre forme di assistenza integrativa e/o assicurativa. Il presidente della Casagit, Giuliani, nel suo interessante e puntuale intervento, ha parlato del “Programma argento” che Casagit si appresta a varare sostenendo che il segmento 60-75 anni sta diventando interessante. Presumibilmente anche dal punto di vista economico. E questo lo sanno anche i “concorrenti” Casagit che potrebbero contenderci iscritti. Ma tornando alla questione fiscale non può bastare l’interpello annunciato all’Agenzia delle Entrate. Dobbiamo anche pensare ad un piano B nel caso in cui la risposta sia negativa, a cominciare dalla possibilità di studiare forme che rimettano in gioco, solo a titolo di esempio, il nuovo Inpgi in una nuova interlocuzione con l’Inps. Non dimentichiamo che per sei mesi è stata l’Inps a trattenere sulla pensione la quota Casagit deducibile. Vero è che lo ha fatto sulla base di un accordo con Inpgi. Ma penso che difficilmente l’Inps avrebbe accettato di agire in senso contrario alla legge. E se comunque non venisse superato lo scoglio della deducibilità per i pensionati si aprirebbe un vulnus di disparità con i colleghi (per ora) attivi. Per cui non sarebbe peregrina, anche in considerazione della concorrenza di altre forme integrative alla Casagit, l’ipotesi di una quota fissa per i pensionati anziché della quota percentuale calcolata sulla pensione.

- Le quote di iscrizione: la certezza di risorse equivale alla nostra autonomia e alla nostra capacità di lavoro, oltre ad essere uno dei fondamentali del principio di appartenenza. Non possiamo più affidarci al buon cuore di poche Associazioni regionali di stampa, sempre meno perché attanagliate dalle crescenti difficoltà dovute alla radicale diminuzione del pagamento dei servizi alle Ars da parte dell’Inpgi. Statutariamente è peraltro impossibile per la Fnsi obbligare le Ars ad un modello di ripartizione che avrebbe bisogno della loro unanimità. Può sembrare un “baco” statutario ma fa parte della nostra natura federale. Anche se va registrata per usare un eufemismo, una forte timidezza che il gruppo dirigente della Fnsi ha dimostrato in questi anni nei confronti del problema.
L’unica soluzione che mi pare praticabile è quella suggerita dal tesoriere dell’Unpg Squillace: sia la Federazione stessa a provvedere, con una diversa ripartizione, a provvedere a destinare all’Unpg e di conseguenza ai Gruppi regionali dello 0,5% della quota di servizio. Non è possibile che un Organismo sindacale di base, quale è l’Unpg, cioè un’organizzazione attraverso la quale avviene l’ingresso nel sindacato, a differenza di quanto avviene per i gruppi di specializzazione, non abbia risorse proprie quando assicura peraltro un flusso di circa mezzo milione di euro l’anno. Senza contare che sarà sempre più difficile, come è stato anche da altri sottolineato, cercare nuovi iscritti senza offrire autonomamente servizi e proposte.

Insomma: la sfida che abbiamo di fronte è quella di autonomia, progetto, servizi e protagonismo nelle battaglie per i diritti nostri e di tutti i giornalisti. Per affrontarla è necessario un gruppo dirigente che ne sia consapevole, che sappia avere una interlocuzione dialettica, anche ruvida se serve, con la Fnsi che uscirà dal congresso di Riccione. La Fnsi non è la nostra controparte: è il nostro sindacato. Ma una domanda si pone: è stato detto giustamente che vogliamo stare nella Fnsi. Ma la Fnsi vuole davvero che noi ci siamo?
Questo è l’interrogativo sul quale attendiamo risposte concrete.

Un altro aspetto importante è quello del nostro futuro gruppo dirigente. Evitiamo di scimmiottare le nefaste dinamiche correntizie che hanno afflitto i periodi peggiori della Fnsi. Dobbiamo essere in grado di essere inclusivi, senza preventive “analisi del sangue” di colleghi prima di capire se la loro proposta è buona o no. Personalmente ho sempre avuto quasi sempre posizioni critiche sull’operato dei gruppi dirigenti della Fnsi degli ultimi 20 anni per la loro difficoltà, quando non per le loro scelte, di non rispettare le diverse sensibilità che ogni sindacato ha al proprio interno e quindi per l’incapacità di fare sintesi. Il collega Paolo Pellegrini, toscano come me, ha detto che senza cambiamento rischiamo di essere gli “umarel” del sindacato. Ha ragione. Io aggiungo che siamo troppo vecchi anche per giocare ai “ragazzi della via Paal”.
Non ne abbiamo più l’età. Ed io personalmente non ho più voglia.