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"IL MIO FRATELLONE TIZIANO TERZANI" DI ALBERTO DE MAIO
CON DINO SATRIANO, ED. TEA, MILANO


Questo libro e' un tuffo nel passato nostro e di tanti che quell'altra Italia degli Anni 50 hanno conosciuto e vissuto. Un "amarcord" intriso di nostalgia e di passione giovanile, coltivando i ricordi indelebili , illustrando le speranze di allora, la voglia di imparare e di crescere culturalmente che così bene rendono  e ci restituiscono i due autori Alberto De Maio e Dino Satriano, parlando di loro e del "fratellone" Tiziano Terzani, il quale nella sua maturità' di grande giornalista curioso di tutto, cronista del mondo , che tutti abbiamo imparato a conoscere dai suoi articoli e dai suoi libri, così' sintetizzava il lontano periodo pisano alla Normale : "Quel favoloso Collegio Medico-Giuridico e' stato la mia famiglia allargata per numeri e per orizzonti, in cui sono cresciuto moltissimo".
Quando Satriano inviò' il libro all'Ungp, nel gennaio scorso, per una segnalazione su Il Giornalista pensionato, il nostro giornalino cartaceo, non poteva prevedere che la carta andava a morire, a causa della spending review interna, un po' miope, se vogliamo, ma obbligata dal nuovo corso sindacale unionista, me lo trovai tra le mani, come tutti gli altri volumi ai quali per sei anni ho dedicato qualche riga sulle vecchie ormai desuete paginette, e non potendo  scriverne,  non mi rimaneva che il piacere della lettura "personale". Detto e fatto, con partecipazione. Ed ecco la sorpresa, il tema, il discorso della lontana formazione, i giovani di allora - poco più' della metà' del secolo breve - alle prese con le incognite del futuro, gli studi, come?,dove?, a che prezzo di sacrifici, economici e non solo, essendo quasi tutti oltretutto "poveri". Fu per tanti una mission, possibile o impossibile si vedrà'. Tra incertezza e speranza.
Eravamo tutti affamati e in cerca di futuro. Come quelli di oggi , mi viene da dire. Ma all'epoca era più' dura,  evitiamo di addentrarci nei particolari. L'unica speranza era la borsa di studio, come per i tre ragazzi della Normale. Leggendo ho subito colto un parallelismo tra la loro esperienza e la mia , stessi anni, anzi stessi mesi , punto di partenza per me  la Puglia contadina, punto di approdo Napoli, per un caso combacia persino il corso di studi, Giurisprudenza. Nel crogiuolo della Casa dello Studente di Napoli, su alla Veterinaria, c'era di tutto, medico, giuridico, ma anche filosofico, fisico, ingegneristico, letterario. Quasi tutti meridionali. La temperatura, la tensione, l'atmosfera erano quelle - sovrapponibili - di Pisa. Non avevamo Terzani, Amato, eccetera come si legge in questo bel libro, ma non ci mancavano le star del futuro, grandi medici, futuri ministri, avvocati di grido, letterati e giudici, per rimanere nell'ambito che conoscevo di più'. Un nome per tutti, Emilio Alessandrini, poi vittima del terrorismo insensato e omicida. Anche lui era per tanti di noi un fratello, di poco più' giovane, sportivo, caustico, dalla battuta vivace, sempre sorridente.
Oggi che questo scaffale me ne da' l'opportunità', con piacere ho ripreso in mano la storia del "fratellone" fiorentino Terzani (a Pisa era quasi a casa) e del calabrese De Maio  ( divenuto poi manager di rango) e del lucano Satriano, che dopo gli studi divenne giornalista a Milano ( un altro punto in comune con il sottoscritto costretto dagli eventi e dai tempi ad emigrare a Torino) intraprendendo un'importante carriera. Buon per me che posso scriverne più' diffusamente, ben oltre la prigione delle duemila battute (anche troppe per certi libri, molto poche per un volume come questo che da' la stura ai ricordi e alla voglia-necessità' di  riportare alla luce le impronte del tempo, di quel tempo oggi non più' considerato, se non dimenticato.
I "bimbacci" , eccoli quei giovani che - loro definizione- vivevano da liberi pensatori. "Il nome bimbacci lo prendemmo dall'insegna di una trattoria di tipo familiare in un quartiere popolare di Firenze, molto di moda fra gli universitari, dove si mangiava a meraviglia, si pagava una sciocchezza e si aveva l'ambiente più' adatto per stare in allegria e, volendo, per fare un po' di caciara. Fu proprio Tiziano, che conosceva il locale e i gestori, a proporci quella trattoria come stabile sede conviviale, e noi ne diventammo avventori affezionati. Periodicamente, quando le finanze c'è lo consentivano, ci spostavamo da Pisa a Firenze apposta per andare a mangiare li', dimenticando per un pranzo o per un cena il menù' collegiale, buono ma ripetitivo, che ci proponeva il cuoco Agostino.Era il nostro grande colpo di vita".
Nella prefazione del libro, Angela Terzani Staude scrive: "Ritrovo in queste pagine l'atmosfera del periodo più' magico e infuturato della mia vita, della vita di Tiziano soprattutto, e dei suoi compagni di studi. Tutti i progetti furono fatti allora, alla fine degli Anni Cinquanta....Fu stabilita allora la misura dell'impegno che ognuno avrebbe messo nel suo lavoro: un impegno assoluto, dedicato al rinnovamento politico e sociale dell'Italia. Riconosco l'allegria, il tono un po' esaltato dei discorsi, gli scherzi che gli studenti si facevano a vicenda, quella leggerezza del vivere, quando molti venivano dalla povertà' e nessuno aveva una garanzia di nulla. Eppure si era esuberanti, si andava al mare in tandem, si imparava a nuotare e a tuffarsi, si studiavano il tedesco e il francese, si leggeva voracemente...". Certo, si leggeva , e molto. Non c'era la tv debordante di oggi. Il racconto che gli autori fanno di quegli anni non è solo rievocazione, ma preziosa testimonianza. Di un giovane Terzani prima che se ne partisse "a giro" per il mondo, del suo apprendistato e di quello dei suoi amici. Testimonianza, in senso lato, di tutta una generazione che da quel dopoguerra ad oggi ne ha viste di tutti i colori, ma continuando a credere nella necessità' di nutrirsi di sogni e utopie. Perche' e' obbligatorio sentirsi giovani "dentro", a tutte le età'.

Antonio De Vito