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“La scapece assassina”


“Ognuno dei paesi della Costiera amalfitana ha una propria voce. Quella di Amalfi è alta e squillante, come spetta a una capitale, ma anche armoniosa e seducente, come si addice a una signora; la sera poi diventa un incessante e serrato cicaleccio tra l’abitato e il mare, a rinfrescare un dialogo quotidiano che dura da mille anni e nutre vicendevolmente i due interlocutori. Positano cinguetta, lanciando gridolini di richiamo come per attirare l’attenzione altrui, nell’erronea convinzione di essere irraggiungibile, laggiù, ai margini estremi del mondo, dove la Costiera risale tra i monti Lattari per scollinare a Sant’Agata sui Due Golfi. Praiano sbadiglia, con la voce impastata dal sonno, lasciandosi impercettibilmente scivolare a mare, per risalire non si sa come ogni notte e risvegliarsi la mattina esattamente dov’era ventiquattrore prima. Ravello, sontuosa e altera, disdegna di confondersi con quei mugolii plebei e sibila presuntuose irrisioni affidandole ai valloni che la tengono al riparo dalla grossolanità del resto del mondo. Atrani si spolmona, invece, per fare arrivare lassù, sul ponte che la scavalca, la sua voce gaia e cristallina e comunicare a tutti la felicità per essersi ancora una volta svegliata in Costiera. Conca dei Marini, a mezza montagna, bisbiglia per proclamare la sua presenza; in realtà sono grida sconsolate che chiedono considerazione, ma che la lontananza dalla strada disperde nell’aria, facendo arrivare a valle soltanto un incomprensibile sussurro. Furore, ancor più su, fa rotolare le sue parole verso il mare, lungo i tornanti che portano a valle, invadendoli con un mormorio indistinto di suoni che si inseguono l’un l’altro per svanire un attimo prima di raggiungersi. Il fiordo, là sotto, più che parlare respira, ansima, sbuffa, al massimo sospira, in quella crepa che il torrente Schiano ha scavato per millenni nella roccia: ne sgorga un pulsare misterioso come il battito di un cuore immerso nel profondo della valle, là dove il torrente, il bosco e la montagna diventano un’unica macchia indistinta”.

Sono le parole con le quali si apre il sesto capitolo di un “giallo” che sulla Costiera è ambientato. Il titolo prende il nome dal piatto di zucchine marinate, una “scapece”, con il quale un uomo viene assassinato. E non sarà l’unico morto. L’autore, Umberto Cutolo, per mezzo secolo giornalista, come ricorda il risvolto di copertina, aveva dato già prova di sé in un primo libro, “Omicidi all’acqua pazza”, di quella che promette di diventare una serie: i “Delitti della Costiera”. In questa seconda prova l’autore supera se stesso. Per la trama, per lo svolgimento della vicenda, per la descrizione dei personaggi. E per i cibi, le pietanze, i manicaretti della cucina partenopea che vi sono descritti. Perché il personaggio principale, il Maigret della situazione (non a caso il libro fa parte della collana delle Edizioni Clichy “Quai des Orfèvres”), è un cuoco. E guai chiamarlo chef. Cuoco e albergatore di un piccolo albergo-ristorante incastrato nella Costiera amalfitana, sopra il fiordo di Furore. Omero, si chiama, Sgueglia di cognome. Il padre avrebbe voluto che facesse il notaio, ma Omero ha scelto un’altra vita, un’altra strada. Nel ristorante dell’albergo, l’Hotel Furore, lui è il padrone e signore. Incontrastato? No, perché forse più bravo di lui, soprattutto nei piatti della tradizione partenopea, è Salvatore Di Salvo, ufficialmente maresciallo dei carabinieri, che affianca il nostro cuoco nell’investigazione sui delitti (due) che affliggono l’albergo. Si definisce amante della buona cucina e i piatti descritti nel libro sono principalmente suoi. Tanto bene raccontati da farti venire l’acquolina in bocca. Affiancano Omero e Salvatore gli ospiti dell’albergo, il personale di servizio che ritroviamo dal primo romanzo e nuove entrate, carabinieri, e investigatori nella migliore tradizione della narrativa gialla odierna. L’autore è consapevole di ricalcare le tracce della maggiore giallista dei nostri tempi, Agatha Christie. Quando giustifica l’insolita frequenza dei delitti che avvengono in quest’albergo con la “concentrazione anomala di crimini” che avvengono a St Mary Mead, la cittadina inglese dove l’autrice inglese aveva collocato la sua Miss Marple. Un classico, nella letteratura gialla britannica: vedi la serie televisiva di “Midsommer Murders”, in italiano “L’Ispettore Barnaby”, dove  nei villaggi della pacifica campagna inglese se non ci scappano almeno due morti il racconto non è valido. Una piacevole lettura “la “scapece assassina”. Soprattutto per i fortunati che dovessero passare le loro vacanze sulla Costiera Amalfitana.  E, comunque, buon appetito. 

Neri Paoloni


La scapece assassina
Umberto Cutolo
Edizioni Clichy
Collana Quai des Orfèvres
Firenze, marzo 2018
Euro 17,00