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Volevo uccidere J.L. Godard


Piacevole, divertente. Non è un romanzo, è il diario di un regista Ceco, in Italia poco conosciuto. Jan Nemec, tradotto in italiano da Alessandro De Vito per la sua casa editrice torinese, Miraggi. La stessa introduzione ai 31 capitoli del diario è una piacevole lettura. De Vito conduce per mano chi si accinge a leggere il libro nella magica Praga, nella “Praga dei praghesi veri” alla ricerca e nell’incontro con questo regista della Nouvelle Vague, la Nova Vina cecoslovacca. Scrive De Vito: “Esco dalla metro a Muzeum, ho tempo e un saluto al re santo Venceslao a cavallo, uno sguardo lungo fino in fondo alla piazza e un rapido passaggio davanti alle piccole lapidi a ricordo di Jan Palach e Jan Zajic è un rituale bambinesco che mi fa “entrare” nella città, più quella della mia mappa mentale che quella reale, ormai”. E’ un pellegrinaggio che conosco, che ho fatto io stesso, un ricordo nella mia “mappa mentale” di questa città piena di storia, la città di Kafka e del Golem, la città della “defenestrazione” e della Montagna Bianca, del Castello e del Dottor Faust, città di “elisiri alchemistici”, come scrisse Angelo Maria Ripellino. Nel viaggio di De Vito questa città rimane sullo sfondo ma riemerge nei primi racconti del diario del regista, la grigia Praga del regime comunista, della tentata “primavera” e dell’occupazione sovietica. Ma per scoprire la ragione dello strano titolo del libro, “Volevo uccidere J.L.Godard occorre arrivare al capitolo in cui le sorti del regista della nouvelle vague praghese si intrecciano con quelle di chi della “nouvelle vague” cinematografica sarebbe stato il nume creatore. Il capitolo è intitolato “Cannes 1968. La verità su quello che accadde”, ossia le ragioni per le quali i registi cechi non ottennero l’ambito premio. Ne riporto i passi: “La competizione per la Palma d’Oro, scrive Nemec, si era fatta molto calda. Fu proiettato il mio film, “La festa e gli invitati” e anche “Al fuoco, pompieri!” di (Milos) Forman. I registi francesi che avevano la loro arma migliore in Louis Malle, membro della giuria, che non nascondeva le sue simpatie per noi cechi, cominciarono a tramare. “Basta col festival”, si cominciava a sentire negli angoli e nei canali di scolo più oscuri, “Basta con la finzione borghese”, “L’arte appartiene al popolo!”, e già erano comparsi i primi volantini nelle strade.” In sostanza, con la scusa della rivoluzione culturale del ’68 i francesi avrebbero impedito ai registi cechi di mettere le mani sul più prestigioso premio cinematografico del mondo. Il racconto di Nemec aggiunge un altro aneddoto. “Il capo della nostra delegazione aveva concluso un altro ricevimento pre-vittoria indicando me e Forman come cavalli di razza…… Con buon spirito patriottico ci stavamo avviando verso le strade infuocate, quando a qualcuno venne in mente: “Dio non voglia che i registi cechi sfilino senza la bandiera cecoslovacca”. Lungo il colonnato sventolavano su aste sottili tutte le bandiere; trovata la nostra, cercammo di tirarla giù. Eravamo Milos, io i suoi produttori francesi, un paio di studentesse di cinema e dei curiosi. Il nodo della corda non si scioglieva e non restò che arrampicarsi. Quel bravo ragazzo di Milos diede una dimostrazione di grande forza atletica e riuscì a salire quasi a metà…L’asta della bandiera si spezzò sotto il suo peso, Milos ricadde sul marciapiede travolgendoci tutti e quattro, nulla di rotto mentre il pennone, inclinandosi pian piano, si abbatteva di traverso sulla Promenade di Cannes. Sfilai la bandiera velocemente, mi ero accorto che l’asta bloccava il traffico del frequentato boulevard; un’ora da nottambuli, ma due prostitute motorizzate avevano perso dei clienti e cominciarono a strillare: “Polizia! Polizia!”. Le sirene e i lampeggianti dei tutori dell’ordine si avvicinavano”. Alla fine, “invece della proiezione del festival ci fu un’assemblea”. “Vive la France!” e “Sulle barricate!”, “Contro l’America”, “Aiutiamo la Corea!”, “Parigi brucia, gli studenti sanguinano sulle barricate e qui si osannano i film! E’ indecente!”, gridava Jean- Luc Godard. Claude Lelouche annuiva, il 1968 non era il loro anno migliore”. In buona sostanza, per colpa del ’68 ai registi cechi fu impedito un riconoscimento già di fatto in mano loro. E per colpa proprio di J.L.Godard che nel cinema del festival, dove la manifestazione stava per cominciare, si mise a menare colpi sulla testa degli appassionati di cinema con l’asta del microfono pronta per la proiezione del primo film in gara: “Milos Forman…ritirò quindi il suo film e pensò bene di ritirare anche il mio. Bisogna stare dalla parte dei vincitori, con quelli che hanno il potere conclude sconsolatamente Nêmec, e mai all’opposizione. Quegli idioti di sinistra, allora, erano il potere. Il direttore, Favre Le Bret, cedette e decretò la fine del festival”. Nemec è morto il 18 marzo del 2016, a 79 anni,  due mesi dopo l’incontro con  De Vito. “Uccidere Godard a Praga” è il titolo della sua introduzione al diario del regista. Non ci sono sue biografie in italiano. Non lo conosciamo. Peccato. Spero che questo piccolo libro risvegli la curiosità dei lettori.

Neri Paoloni


Volevo uccidere J.-L. Godard
Jan Nemec - traduzione dal ceco di Alessandro De Vito
Miraggi Edizioni - NováVlna
10,49€  E-Book - 20,00€ Cartaceo