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Tre manifesti a Ebbing, Missouri


Sono pochi i film USA che narrano di un’America profonda che non ha ancora superato i pregiudizi razziali e omofobi. Ma “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” del regista Martin McDonagh è ambientato in quest’America rurale, in questo Missouri lontano da tutto, nel centro degli States. E’ l’America che ha eletto Trump e che appare lontana anni luce dall’immagine prevalentemente positiva che nel mondo occidentale si è sempre avuta, nel bene e nel male, di questa grande Nazione. 

La storia è quella di Mildred Hayes (Frances McDormand), madre di Angela, una ragazzina violentata e uccisa senza che la polizia locale sia stata in grado di individuare il colpevole. Per sollecitare le indagini, Mildred, commessa in un negozio di souvenir, dà fondo ai risparmi e “affitta” tre manifesti, tre enormi cartelloni pubblicitari inutilizzati collocati su una delle strade che conducono alla cittadina, che recano scritti tre messaggi diretti allo sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson) per accusarne l’inefficienza. Lo sceriffo prova a difendersi e a difendere l’operato dei suoi collaboratori, in primo luogo del suo vice Jason Dixon (Sam Rockwell), uomo immaturo e violento, che vive solo, con una madre dispotica, dai radicati pregiudizi razziali. L’affissione dei tre manifesti provoca una serie di reazioni in tutta la cittadina, e una battaglia senza esclusione di colpi tra Mildred e i due poliziotti. Fino al suicidio dello sceriffo, che – malato di cancro incurabile e con pochi mesi di vita davanti a sé – è pienamente consapevole di non poter adempiere alla richiesta della donna, trovare i violentatori e assassini della figlia. Fino alla vendetta di Mildred, dopo che qualcuno ha bruciato i tre cartelloni, che a sua volta nottetempo incendia il posto di polizia lanciando contro di esso una serie di bottiglie Molotov e ustionando in questo modo Jason Dixon, all’interno dell’edificio nell’intento di cancellare le prove di una violenza compiuta contro chi aveva affittato a Mildred i tre cartelloni pubblicitari. 

Da questo momento la vicenda da tragica si fa lentamente ma inesorabilmente tragicomica.  E Mildred e Dixon, ciascuno a suo modo fanatici integralisti, si trovano volgere l’intolleranza reciproca in mutuo rispetto, viaggiando insieme alla ricerca di un presunto violentatore e assassino nel vicino Idaho. Questo è il film, questa è la trama, questi sono i personaggi di quest’America profonda e se ricordate “Fargo” la black comedy del 1996 dei fratelli Cohen, che alla McDormand, fece guadagnare l’Oscar, troverete anche in quest’opera di Martin McDonagh lo stesso mix di violenza, di ironia e di brutalità. Che altro dire? Che se già al film e alla McDormand sono stati già attribuiti il premio della critica, il Golden Globe per il miglior film drammatico e per la migliore attrice, altrettanto è possibile ipotizzare che ciò avvenga per gli Oscar. Ma degni della statuetta sono anche i coprotagonisti, Woody Harrelson  e Sam Rockwell, perfetti interpreti di questa commedia nera che cerca e trova l’anima di un’America intollerante e settaria ma anche capace di riscatto. 

Neri Paoloni