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Il ragazzo del secolo breve


Breve. Il secolo breve. Così una fortunata definizione del Novecento. Che in realta' non fu affatto breve, ne' lineare, ne' glamour e affascinante, a prescindere. Un secolo comunque strano, Impressionante per la macelleria delle due guerre, eclatante per la modernita' che ha prodotto in tutti i campi, sacra rappresentazione del mondo di ieri, vecchio-nuovo, nuovo-vecchio, contraddittorio, in bianco e nero e a colori. Il ragazzo Mario Talli ripercorre in questo "diario sentimentale", da giornalista di vaglia qual e', e da testimone del tempo che  fu, i passaggi vissuti nei frangenti del secolo, breve o lungo che sia stato, dalla sua generazione. Un bel leggere. 

Il libro è come un film, un docufilm, per dirla con linguaggio attuale. Si respira il peso della Storia, minima, personale, collettiva, come perno Firenze e la Toscana d'antan, ma uguale a quella di tanta Italia di allora. Talvolta trattavasi di Italietta. L'autore ha attraversato da ragazzo e da adolescente, i riti del Fascismo. "Il giorno in cui fu dichiarata la guerra era un giorno come gli altri". I ricordi si accavallano: donne con la gonna sotto le ginocchia; tre o quattro auto in circolazione in paese, a Montaione; la latrina comune con la chiave, i vasi da notte in casa, le case senza luce elettrica. Ma avevamo l'Impero e Mussolini tuonava dal balcone. "Tutti stavano al proprio posto, secondo regole non scritte". La miseria era nera, con le tessere annonarie 250 grammi a testa di pane "tozzo, molliccio e giallo". Il razionamento e i figli della lupa, i balilla e le colonie elioterapiche, credere obbedire combattere, per un mese si mangiava bene e a volontà lassù, tra i boschi. Tra un esercizio ginnico e l'altro, il ragazzo del libro non si faceva mancare "il turbamento insopportabile" dell'intravedere - per un attimo- il baluginio delle mutandine di cotonina pesante di una delle Giovani italiane.

L'adolescente diventa più cosciente di se' e del mondo mentre la guerra declina e il fascismo perde la maschera e l'appeal. "Vincere, vincere e vinceremo..."? Non c' e' più la certezza della vittoria. Anzi. E la "retorica guerresca ", che aveva attanagliato i ragazzi, pian piano si sgretola, vacilla, sbiadisce. Qui la cronaca degli episodi diventa resoconto di una spontanea formazione culturale. Non soltanto personale. Il ragazzo incontra gli scrittori che gli insegneranno un'altra visione della vita. E poi, e poi, e poi... Letteratura, società, impegno. Un'educazione sentimentale che darà i suoi frutti.

Uno snodo del secolo breve fu senz'altro il 25 luglio 1943, la caduta del dittatore. I ragazzi toscani si trovarono di fronte la situazione che "precipitava", il governo di Salo'. Dov'era collocata la Patria?   Uno del gruppo si arruola, a diciassette anni. Ma poi - racconta Talli - "arrivo' anche il nostro momento". Sotto una quercia sulla collina, luogo di raduno e di pensieri espressi in libertà, si trovarono quel giorno lui, Piero, Giovanni, Goffredo, Argante, Otello e Guido. La scelta era fatta: " immediatamente e con nostra grande sorpresa ci trovammo immersi in una realtà fatta di scambi di informazioni, riunioni clandestine, abboccamenti, spostamenti da un luogo all'altro". La Resistenza era anche l'incontro con un comunista, antifascista già incarcerato, reduce dalla guerra di Spagna. E l'attività clandestina, i discorsi nel bosco sul "gigantesco inganno " del fascismo, gli episodi crudeli della guerra civile, pagine sofferte sulla ragazza uccisa da una cannonata tedesca e su un'altra perita per bomba americana.

Dolore, sofferenze, episodi. Come quello riguardante un compagno che - a guerra finita- frequenta per la prima volta una casa chiusa, ma prevale, sul bisogno di "consumare", la discussione con una ragazza da convertire all'ideale comunista. E il ricordo delle azioni partigiane e delle rappresaglie (era la strage di San Gimignano), la strategia di Ottavio e dello Straniero. "Poco dopo il tramonto ci mettemmo in cammino. Era una tipica notte di fine inverno, camminammo un'ora e mezza senza mai uscire dal bosco. Imprecazioni soffocate per un piede messo in fallo. Alcuni parlavano di donne". L'obiettivo era, con una rapida sortita in paese, distribuire il grano del Consorzio agrario alla popolazione. O approvvigionarsi nella villa di un ex podesta' , molto cordialmente arrendevole,  di cibarie e armi.

Gli alleati avanzano, ma non si vedono ancora. Bombardano. In compenso i tedeschi si vendicano sul paese che salta in aria. La casa di Talli sventrata, solo macerie. I partigiani si insediano in municipio. E finalmente arrivano le prime Jeep, i carri armati della Quinta armata. I militari dicono paisa', mamma, segnorina. I paesani familiarizzano con sigarette e cevingum.

Comincia il Dopoguerra, per il ragazzo sedicenne del secolo breve. E prosegue il suo racconto, tra vento del Nord, conservazione e restaurazione con la guerra fredda alle porte. I comunisti da una parte, e la dc che aveva aperto le porte agli ex fascisti. Le infinite discussioni sugli intellettuali, l'amnistia ai "neri", non mancavano i temi per un giovane adepto pci, la politica e il cinema, i rapporti con l'Urss. Ma negli anni si consolidò in quelle terre il buon governo delle amministrazioni di sinistra.

Intanto gli amici si disperdono, L'autore di questi ragionati ricordi decide di mollare il suo status di impiegato comunale avventizio, di dare un taglio alla vita di paese. Se ne va. E manda al "Il Nuovo Corriere" fiorentino di Romano Bilenchi, un suo racconto. Pubblicato! Pochi giorni dopo si propone al direttore e viene assunto. Comincia l'avventura del giornalista Mario Talli. Ventimila lire al mese. A Firenze e subito dopo a Siena, e poi a Piombino. L'inizio di un'altra vita, nel quotidiano in sintonia col pci fino al 1956. Difficile fare un giornale di sinistra, quando la Confindustria metteva il veto alla pubblicità, poi la rivolta di giugno dei lavoratori polacchi contro il regime, e la dura repressione. Bilenchi scrisse nel suo editoriale: " I morti di Poznam sono morti nostri....". In agosto il giornale chiuse. Vennero esperienze in altri quotidiani, piccoli e grandi, come Paese sera, e infine la Repubblica di Firenze. Una vita per il giornalismo, con gli ideali non dimenticati e non dimenticabili. E nel cuore i ricordi e le aspettative e le speranze di quell'antico ragazzo. Qui scritte nero su bianco. Perché rimangano agli atti, come testimonianze per se' e per gli altri, se non sono indifferenti alla Storia e alle piccole e significative storie che la compongono.

Il Talli l'ho conosciuto più tardi, negli anni del sindacato dei vecchietti, l'Ungp sul cui sito trova posto anche lo Scaffale che parla di libri, di esperienze, di persone, di sentimenti duri a morire. Un vero gentleman, quell'ex ragazzo. La sua esperienza, raccontata con partecipazione in queste pagine, fa parte di un sentimentale comune sentire, per tanti di noi del Novecento che fu. Prendetela, questa storia personale che e' racconto e romanzo, riflessione e tranche de vie, un viaggio dell'anima all'indietro, come un sentito Amarcord del secolo breve. Un ritratto d'epoca.

Antonio De Vito


Mario Talli
Il ragazzo del secolo breve
Stampeditore, Firenze, 2017
Pagg. 246, euro 14,90