libri


La cronaca della Liberazione in presa diretta
Francesco Ferro
Storie S.A.P a Torino


Gli anni della guerra e della liberazione, fatti d'armi e personaggi sono stati raccontati in tanti libri da testimoni e da storici. Il fascismo, la Resistenza, la Repubblica, la Costituzione. Ma che cosa si insegna ai giovani, a scuola? I ragazzi sanno chi era Badoglio? E il conte Galeazzo Ciano? E Antonio Gramsci, il cui nome è impresso nelle targhe stradali di innumerevoli comuni dello stivale? Nelle classi i ragazzi rimangono a secco di spiegazioni sulla immensa carneficina della Grande guerra, a cento anni dal suo inizio. È così per il secondo conflitto mondiale, a noi più vicino. Chi potrà, approfondirà in seguito. Il deficit di apprendimenti e di conoscenze aumenta, nell'era della comunicazione "connessa", dei social, della tecnologia spinta ma sostanzialmente regressiva.
Appare sempre più fondamentale insegnare Caporetto, la battaglia del solstizio, i genieri sul Piave. Per capire gli accadimenti di oggi, e' importante riavvolgere il nastro e fermarsi su Stalingrado, su Pearl Arbour, su Hiroshima e Nagasaki, sulla linea gotica, su Montecassino e Cefalonia. Eccetera, come su Piazzale Loreto e le foibe, sul dopoguerra, il miracolo economico, dopo la ricostruzione, il voto alle donne, la Costituzione, le lotte per la terra. Insomma l'Italia di ieri. E quella più vicina, gli anni di piombo, il terrorismo, le stragi di mafia. Falcone e Borsellino, e non solo: una scia infame di sangue in tutta Italia.
E magari i ricordi, e la necessità di conoscere, sono stimolati da un libretto, questo, dal titolo: Storie S.A.P a Torino. Scritto dal partigiano Francesco Ferro, nome di battaglia: Fabbri Spinelli, nel lontano 1947. Era nato nel 1916, e' morto negli anni 90. Di quel suo resoconto, "scritto alla buona, che dice chi sono gli ex Sappisti Garibaldini, che cosa hanno fatto e come la pensano", ne erano rimaste due copie soltanto, disperse nel mare magnum della memorialistica e dimenticate in biblioteca. Ora, nel settantaduesimo anniversario dei giorni della liberazione di Torino ("ma la città era ancora sotto il tiro dei cecchini fascisti per conto del vile federale Solaro") e' stato ripubblicato a cura di benemerite associazioni resistenziali torinesi (info@resistenzaecostituzione.it). E qualcuno sarà in grado di apprezzare una cronaca scritta, ricordava Ferro, "con il linguaggio dei figli dell'officina", tra "eroismi proletari" ed episodi dei "giorni gloriosi". Non un bollettino di guerra, spiega il comandante Sap, ma "qualche cosa che mantenga nei cuori degli operai e dei lavoratori tutti, quello spirito garibaldino che fece loro superare i momenti più difficili del periodo nazi-fascista; qualche cosa che non lasci dimenticare che un giorno molti figli dell'officina morirono per difendere le fabbriche, morirono per conquistare la libertà".
Scrisse all'epoca nella prefazione il partigiano Ferro: " I torinesi avevano promesso che avrebbero seguito l'esempio glorioso dei napoletani che si erano liberati da soli. Il popolo torinese ha mantenuto la promessa, col maggior contributo di sangue. Quasi tutti i nostri caduti sono morti nei giorni 25-26-27 aprile a Torino" , quando i partigiani non erano ancora arrivati dalla montagna ( nei giorni seguenti) e i tedeschi contrattaccavano. In città c'erano solo le Sap e i Gap, "durante la feroce oppressione conclusasi con il moto insurrezionale. I Sappisti caduti - scrisse il colonnello Pietro Raspanti nella sua prefazione a caldo - vinsero, morendo per il popolo, la violenza e la ferocia di questa ultima guerra di liberazione; i rimasti, col popolo e nel popolo, popolo essi stessi, vinceranno gli avversari ancora in piedi, scossi, si, ma non disfatti". E il commissario Vittorio (Ettore Maccagno) nelle pagine iniziali del libretto, rimarcava:"Non vi furono mai tanti eroi come in questi giorni....parliamo con amarezza delle promesse degli alleati, dei ditirambi di radio Londra...ma come possiamo meravigliarci che gli stranieri non mantengano le promesse fatte ai partigiani, che non tengano conto, nel dettare le condizioni di pace, dei sacrifici dei partigiani? Proprio qui da noi e' come una congiura per non riconoscere quello che i partigiani hanno fatto". Tant'e' che Giorgio Amendola scrisse di Ferro: "Fabbri più tardi prese a cuore la causa del riconoscimento dei sappisti come partigiani combattenti. Era una causa difendibile, data la partecipazione alla lotta armata di quei giorni. Infuriato perché' la sua tesi fu respinta, finì con l'uscire dal partito. Quando lo seppi qualche anno dopo, la notizia mi addoloro'...".
Le squadre di azione patriottica nacquero nell'estate 1944, per coinvolgere il popolo nella guerra di liberazione, nelle città' e nella campagne". Una organizzazione armata dei patrioti, "riserva ausiliaria territoriale delle Brigate d'assalto Garibaldi e delle Brigate Gap, aperte a donne e uomini di tutte le correnti politiche e di ogni fede religiosa". Campo d'azione: difesa collettiva e armata contro i soprusi e le violenze tedesche e fasciste, per impedire la requisizione del grano, degli altri prodotti agricoli e del bestiame, e un'azione costante di sabotaggio delle vie di comunicazione. Oltre alla protezione delle manifestazioni popolari di massa, scioperi e proteste, e attacchi diretti al nemico. E, non ultimo, il salvataggio delle attrezzature industriali, insieme ai Gruppi di azione patriottica, veri professionisti e militanti di professione e di partito. E fornire, dalla città, ogni aiuto possibile ai partigiani della montagna. Ferro ricorda imprese e nomi: "Siccome non esistevano lanci , si doveva provvedere disarmando il nemico, così l'arma conquistata contava due, una di più' per i patrioti è una di meno per il nemico. I Sappisti rischiavano la vita per le vie della città. Non si può dire che i Garibaldini non ricevessero lanci, ma le armi non bastavano, mentre in certi momenti esistevano altre formazioni che avevano più armi che uomini disposti ad usarle. Insomma il nostro arsenale era in mano al nemico".
E si faceva così, racconta Ferro:"La compagna Gazzignato Gina si rese molte volte utile nel difficile compito di staffetta; essa aveva una audacia sorprendente. Il 12 dicembre 1944 con due Sappisti garibaldini va in cerca di un pesciolino da disarmare, troppa grazia quel giorno; all'angolo di corso Tassoni e corso 4 novembre invece di uno incontrano tre repubblichini; sono in buona posizione, ma sono troppi, che fare?".
"La Gina decide di affrontarli; no, non armi alla mano, chiede informazioni, insomma li distrae, i due Sappisti li prendono alle spalle e di disarmano. La compagna Gina con molta calma, mentre i compagni fanno il colpo, si toglie il soprabito, poi avvolge i tre mitra, s'allontana lestamente e si dirige verso il deposito d'armi di settore, mentre i Sappisti quali pacifici cittadini vanno per i fatti loro".
Ancora una testimonianza, una azione dei patrioti, che rende orgoglioso il comandante Sap :" la sera del 9 luglio per combinazione Sergio mi incontra e mi dice: stanotte svuotiamo la caserma di Altessano. Nella notte i Garibaldini della 47esima discesero su Torino. I Sappisti prepararono tutto a punto: il colpo riuscì meravigliosamente. Ecco il materiale asportato: 200 moschetti, una mitragliatrice Breda, 50 mila colpi, 250 coperte, 250 lenzuola, un quintale di marmellata, un quintale di cuoio, 4600 pacchetti di sigarette, un Fiat 1500 e un camion Fiat tipo 26. Una trentina di avieri disertarono e seguirono i Garibaldini". Nota compiaciuto il comandante cronista: azione compiuta con cronometrica precisione e senza colpo ferire. In questo libro ci sono i fotogrammi di tutti quei mesi di resistenza, vittorie, lutti e speranze. La reazione vittoriosa di Torino, la sconfitta degli invasori, il coraggio quotidiano di operai, staffette, partigiani. Fu una epopea di cittadini ribelli, un riscatto liberatorio, non solo torinese. Dalle pieghe della Storia dimenticata si possono ancora estrarre siffatti tesori di vite vissute e di verità. A memoria presente e futura.

Antonio De Vito