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Lettere da Berlino


Ero andato al cinema per vedere l’ultimo film di Woody Allen, Café Society. Ma ero arrivato troppo presto. Nell’orario più comodo per me nel multisala c’era in programmazione “Lettere da Berlino”. Ricordavo di avere letto che si trattava di un film su un episodio accaduto nella capitale tedesca durante il nazismo e che era stato tratto da un libro di Hans Fallada, “Ognuno muore solo”.
Allora ho abbandonato Woody Allen al suo destino e mi sono seduto nel buio. Le prime inquadrature sono di un fitto bosco. Poi la macchina da presa va su un soldato. E’ tedesco e corre, corre a perdifiato. Fugge da un nemico che non si vede. Poi un colpo secco di fucile e il soldato cade a terra. Figure di altri soldati sorgono attorno a lui. I nemici che lo inseguivano. Primo piano del viso del soldato tedesco che sta morendo. E’ giovanissimo. I suoi occhi chiari si spengono. Il ragazzo è morto.
Cambia scena, siamo in una città, Berlino. Una portalettere con tanto di croce uncinata sul berretto da postina, entra in un caseggiato e suona ad una porta. Le viene ad aprire un uomo massiccio, di mezza età. La postina sa benissimo cosa contiene la lettera che sta consegnando. Lo sa benissimo anche l’uomo, che nemmeno l’apre. La consegna alla moglie, seduta al tavolo della piccola cucina. Anche lei capisce perfettamente. Apre. E’ la comunicazione ufficiale della morte del figlio. Nella donna il dolore è immenso. L’uomo, invece, reagisce con freddezza, quasi attendesse la notizia. Si veste per uscire, per andare al lavoro. Nella strada, gli edifici sono pavesati da bandiere naziste. La gente grida festante.
La Francia si è arresa alle armate germaniche, l’armistizio è stato firmato. La gente è felice. Ragazzi con la divisa della gioventù hitleriana sfilano per le strade. Ufficiali nazisti festanti si dicono convinti che dopo la Francia anche l’Inghilterra cadrà e la guerra sarà finita. “Saremo tutti più ricchi” dice per strada un poveraccio. Otto Hampel, questo è il nome dell’uomo, è capo officina in una fabbrica, una segheria. Raggiunge il posto di lavoro, camminando in mezzo alla folla festante. Arriva anche un dirigente del partito che raduna le maestranze e chiede di triplicare il lavoro. Lo vuole il Fuhrer.
L’unica obiezione del capo officina è che l’aumento del carico deve pesare su tutti. Guarda in direzione di un gruppetto di operai. Nazisti, che per questo si sentono esentati. A fine lavoro Otto Hampel torna a casa si siede ad un tavolo, prende penna e calamaio e si mette a scrivere in stampatello. Una cartolina. Non è un letterato, la sua scrittura è lenta. Ma le parole che scrive sono terribili. “Madre, il Fuhrer ha ucciso mio figlio e ucciderà anche il tuo”. Elise, la moglie, lo scopre, ma decide di aiutarlo. Nel dolore la coppia ritrova l’intesa che sembrava smarrita.  Sarà la prima di oltre duecento cartoline che l’uomo, prima da solo, poi aiutato dalla donna, diffonderà nelle case berlinesi. Sperando che provochino qualche reazione. Che ciò sia possibile, quando tutti i berlinesi, tranne una coinquilina ebrea e un altro coinquilino, un alto magistrato in pensione, sembrano pienamente soddisfatti del regime nazista.  Forse, spera Otto. Da meccanico è convinto che un granello di sabbia dentro un motore non faccia molti danni, ma tanti granelli chissà.
Continua nella scrittura delle cartoline, ora intestate “Stampa Libera”. Ma i suoi messaggi, malgrado la guerra cominci a colpire la stessa popolazione berlinese, finiscono tutti nelle mani della polizia, diligentemente consegnati da chi li trova. Incaricato delle indagini è Escherich, un solerte ispettore di polizia che appunta bandierine sulla mappa della città per indicare i luoghi dei ritrovamenti. Minacciato con violenza dalla Gestapo se non riuscirà a trovare il personaggio fantasma autore dei messaggi, uccide di suo pugno un presunto autore delle missive. Suicidio dirà alla Gestapo, era il colpevole. Ma altre cartoline arrivano. Alla fine, per un banale errore del capo officina, il poliziotto riesce ad arrestarlo. Nell’interrogarlo, mette Otto Hampel dinnanzi alla realtà Tutte le cartoline da lui scritte sono state consegnate alla polizia. Tutte? Meno diciotto. Il popolo tedesco non si ribellerà al Fuhrer. Otto e la moglie saranno condannati a morte. Verranno decapitati. Escherich ha trionfato.
Torna nel suo ufficio dove sono le scatole con le cartoline e la mappa di Berlino con le bandierine. Strappa le bandierine dalla mappa. Apre le scatole e butta tutte le missive dalla finestra. Dove finiscono in strada, calpestate da stivali nazisti. Il poliziotto prende una pistola e si spara. Fine. Emma Thompson e Brendan Gleeson sono, assieme a Daniel Bruhl, il poliziotto, i protagonisti del film. Vincent Perez il regista.  “Il libro più importante che sia stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo”, così Primo Levi definì “Ognuno muore solo”, il romanzo di Hans Fallada, pubblicato in Italia da Sellerio, La storia di Otto e Elise Hampel è vera e il film è dedicato alla loro memoria.

Neri Paoloni