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Torna Mr. Holmes. A 93 anni. E piace


Trentacinque anni di oblio, di rimozione. Ora, superati i novantatre, con la memoria che vacilla, Sherlock Holmes, auto esiliatosi in una casa di campagna sulle bianche scogliere della costa del Sussex, nel sud dell’Inghilterra, cerca vanamente di ricordare perché fallì nella vicenda con la quale volontariamente mise fine alla sua carriera di investigatore più famoso del Regno Unito. Siamo nel 1947: Holmes è tornato da un viaggio nel Giappone del dopo bomba dove era andato alla ricerca di una pianta, il pepe di Sichuan. L’obiettivo è la sostituzione della pappa reale di cui si nutre, ricavata dalle api che alleva nel giardino di casa, in un tentativo ulteriore di stimolare una memoria sempre più evanescente. E permettergli così di ricordare quell’ultimo caso nel suo vero accadimento, senza le imbellettature del suo biografo, il dr Watson, e insieme le ragioni profonde del suo ritiro dall’attività investigativa che l’aveva reso celebre. Holmes è un uomo solo.
La coabitazione con quel Watson che lo aveva reso un personaggio, con tanto di pipa di schiuma in bocca e cappello da caccia, il “deerstalker hat”, in testa non è diventata amicizia. A Roger, il figlio della governante, Mrs Munro che gestisce la casa, impaziente di andarsene da quel vecchio e da quella solitudine, confida che quella pipa, quel cappello, quegli elementi che ne hanno reso celebre la figura, lo stesso indirizzo di Baker Street 221b, sono solo invenzioni del suo biografo e coinquilino. Ma, dopo quel caso “irrisolto”, anche Watson lo ha abbandonato, sposandosi. A Holmes, ritiratosi in campagna, è rimasto il desiderio di ricordare e quindi di scrivere di suo pugno, carta penna e calamaio, la storia vera di quella vicenda. I tentativi dapprima non danno alcun risultato. Solo grazie al rapporto che riesce a instaurare col dodicenne Roger, al quale Holmes insegna tutto sull’allevamento delle api, il vecchio riesce a mettere lentamente a fuoco nella sua memoria senile le ragioni di quel fallimento. La donna sulla quale, per incarico del marito, il grande Sherlock Holmes del passato stava investigando, riesce ad anticipare le sue mosse e a incontrare volutamente il detective. Al quale confessa che tutto ciò che era apparso il tentativo di mettere in atto l’uccisione del marito, aveva un unico scopo, quello di suicidarsi e porre così fine alla solitudine generata da un matrimonio senza più amore. Seduti insieme su una panchina in un fiorito giardino londinese la donna fa ad Holmes una proposta: mettere insieme le loro solitudini. Di fronte all’offerta il celebre, misogino investigatore rifiuta. I due si separano. La donna si ucciderà gettandosi sotto un treno e Holmes lo apprenderà solo dalla lettura di un trafiletto sull’Evening Standard.
Questa è la storia che emerge lentamente nella memoria svanita del vecchio detective, consapevole di essere alla fine dei suoi giorni ma anche del rapporto ormai instaurato con l’altro da sé, il ragazzino Roger, perché la madre ha deciso: lascerà la casa per andare a fare la cameriera in un albergo di Portsmouth e porterà con sé il figlio. Solo un incidente, l’avvelenamento del bambino ad opera delle vespe che uccidevano le api nelle loro arnie, e il rischio di morte corso dal ragazzo per salvarle, porterà Holmes ad una nuova scelta: avrà finalmente qualcuno a cui lasciare quanto resta di lui. Non le storie narrate o inventate da Watson, ma quella casa, quel giardino, quelle arnie al giovane Roger. E a Mrs Munro.  La famiglia che non era riuscito ad avere. Che dire d’altro, se non degli attori, di un superbo Ian McKellen, lo Sherlock Holmes del caso irrisolto e il vecchio ultranovantenne dalla memoria evanescente, di un eccellente Milo Parker nei panni del dodicenne Roger Munro, di una volutamente sgradevole Mrs Munro, impersonata da Laura Linney. Il tutto immerso in un’atmosfera molto british dal regista Bill Condon, che aveva già diretto Ian McKellen in un film del 1998, “Demoni e dei”. Per gli amanti del “vero” Sherlock Holmes, quello del dr Watson e di Arthur Conan Doyle, questo “Mr Holmes – Il Mistero del caso irrisolto” è inaccettabile. Per tutti gli altri é un bellissimo film.

Neri Paoloni