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Nebraska: fra tanti bei film, uno da Oscar


Se il 2 marzo fossi  giurato nell’86.a edizione degli Oscar non avrei dubbi. Miglior film: Nebraska. Migliore attore protagonista: Bruce Dern (77 anni) in Nebraska. Migliore attrice non protagonista: June Squibb, in Nebraska. Migliore fotografia: Phedon Papamichael, Nebraska. Certo, la scelta sarebbe stata difficile. Quest’anno i film candidati al più prestigioso premio cinematografico del mondo sono di ottima qualità. Come non citare “American Hustle”, del regista David O.Russell, che ha ricevuto il maggior numero di candidature, un film che definire spumeggiante è fargli un torto? Eppure, una volta visto Nebraska non ho avuto dubbi.
Diciamo subito che, non essendo io più tanto giovane, sono parziale, anzi partigiano. Il protagonista,  Woody  Grant (l’attore Bruc Dern, già premiato a Cannes)  è un anziano che non ci sta più con la testa  (ma non troppo), alcolista e in sospetto di Alzheimer, che è convinto di avere vinto un milione di dollari per avere ricevuto una pubblicità truffa che lo indica come  titolare del premio.  Lui abita  a Billings, una cittadina del Montana, il premio dovrebbe riceverlo a Louisville, Nebraska,  due o tre Stati e qualche migliaio di chilometri da dove vive.  Siccome non ha più la patente e non ha nemmeno un’auto, decide di andarci  a piedi.  E parte. La polizia della sua città lo incontra che cammina lungo il bordo innevato di una statale e, come succede negli USA,  uno che va a piedi e non è a New York o è sospetto o è matto.   Così l’autopattuglia lo carica e avverte la famiglia. La moglie che non ne può più avverte il figlio più disponibile, David, che alla fine, stanco di dover andare a recuperare il vecchio, se lo carica sulla sua Subaru e parte  con lui per quell’illusorio Eldorado del lontano Nebraska, cercando nel frattempo di convincere il padre della truffa che sta subendo. Inutilmente. Woody è convinto che il premio lo aspetta, che il milione di dollari sarà suo e che finalmente potrà comprarsi un nuovo furgone  e un nuovo compressore, che  dovrà sostituire quello che gli fu sottratto da un socio, quando partì con moglie e figli verso il Montana.
La prima tappa di questa strana coppia, il padre fuori testa e il figlio gentile che cerca un nuovo contatto  con il genitore per proteggerlo in questo pellegrinaggio per lui senza senso, è la cittadina natale di Woody, là dove tutto è cominciato. Il matrimonio con una cattolica ( lui è luterano) che altrimenti non…. I figli, Bob, che ha preso dalla madre  come lei  pragmatico e con i piedi per terra e fa il giornalista televisivo, e David, dolce, passivo e senza ambizioni, commesso in un negozio di prodotti  Hi-Fi. Il fratello che vive ancora lì con tanto di moglie  e due figli  porcini avanzi di galera. E tutti quelli che erano una volta suoi amici e che ora, saputo dello scopo del viaggio, lo credono milionario e cercano di  approfittarsene.
Come va a finire il film può apparire scontato: siamo in un’America alla Frank Capra, dove il buono vince sempre.  Dirò solo che il figlio, David, per compensarlo della mancata vittoria del milione di dollari gli compera un nuovo furgone  e un nuovo compressore e gli fa guidare la macchina, al ritorno da Louisville, per tutto il paese alla faccia dei concittadini invidiosi. Ma la bellezza del film non può essere raccontata. Deve essere vista. Non è affatto un film triste, anzi ha qualche tratto di grande umorismo, come la gag del recupero del compressore sottratto.  E’ in bianco e nero, con una fotografia splendida dei desolati paesaggi del Middlewest .  Con immagini indimenticabili degli interni e dei personaggi che vivono la cittadina natale di Woody: i vecchi imbambolati davanti a una birra, in bar che ricordano tanto i quadri di Hopper, o rincoglioniti in un salotto a  un re a “godersi” una partita di baseball trasmessa in tv;  Il desolato cimitero che mamma Grant vuole visitare, per salutare il figlio perduto da piccolo e i genitori del marito; i lunghi, lentissimi treni, che scorrono a fianco della statale; le desolate camere dei motel lungo il percorso. Quest’America minore, brutta, tremenda agli occhi di qualsiasi europeo, che il film ci rimanda senza vergogna. Un lieve, dolcissimo, svolgersi del rapporto tra padre e figlio, questo padre scarruffato e fuori di testa e questo figlio che vuole riallacciare, e ci riesce.. Quando rimarrà da  campare a Woody? Non importa. Importa che abbia ancora un motivo per vivere anche se si tratta di un’illusione.

Neri Paoloni