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Oblivion – La fantascienza al cinema
Ero appena rientrato a casa, dopo aver visto “Oblivion”, l’ultimo film di science fiction in visione in questi giorni sugli schermi italiani, quando sono stato raggiunto dalla notizia delle bombe alla maratona di Boston. Nel momento in cui scrivo, non si sa ancora se si tratta di un attentato terroristico di organizzazioni internazionali tipo Al Qaeda o dell’opera di gruppi interni forse collegati a movimenti razzisti. Perché collego i due fatti, un film americano di fantascienza e il sanguinoso attentato di Boston? Perché è da sempre che la science fiction USA è strettamente connessa alla lotta contro un nemico esterno che minaccia la sopravvivenza della stessa America, intesa come Stati Uniti. In molti di essi, come appunto nel film scritto e diretto da Joseph Kosinski, l’America stessa, ossia la Terra, è stata invasa e distrutta da più o meno invisibili alieni. Questo terrore, questo senso della violabilità dell’America, risale a prima dell’attacco alle Torri Gemelle e il fatto che un simile pericolo si sia rivelato fondato e quindi sempre possibile non fa che confermare il senso di assedio di unico Paese che lotta contro il male che, dalla Guerra Fredda in avanti, pervade gli Stati Uniti. Prima il nemico esterno che poteva distruggere gli USA e con essi la civiltà era l’Unione Sovietica. La fantascienza degli anni ’50 dipinge spesso un nemico alieno che s’impadronisce delle stesse menti, oltre che dei corpi dei buoni americani e li cambia in qualcosa di terribile. Un esempio per tutti: “L’invasione degli ultracorpi”. Il titolo originale è “Invasion of the Body Snatchers”, ossia dei rapitori di corpi, ed è la storia di strani invasori venuti dallo spazio che sbarcano sulla Terra sotto forma di baccelli in una tranquilla e sonnolenta cittadina americana che a poco a poco si trasformano negli stessi abitanti, mutandoli.
Il film è degli anni ’50. Fu interpretato allora sia come una parabola anticomunista (il comunismo che s’impadronisce delle menti dei bravi americani e li cambia) sia antimaccartista. In realtà è uno dei primi esempi concreti di questa interpretazione delle conseguenze di un’invasione aliena (ossia straniera) degli Stati Uniti. Anche le evoluzioni successive della cinematografia di fantascienza USA o sono cronache del dopo bomba o sono la battaglia del comune americano contro il “male” dove l’alieno è il male. “La Guerra dei Mondi” con i Marziani che invadono la Terra cominciando dagli USA, è del 1953. Cos’altro è se non la lotta del bene, il comune marinaio spaziale americano, anzi la comune donna americana comandante del Cargo spaziale “Nostromo” della bellissima serie di “Alien”, contro il male, i mostri carnivori? O la guerra dei Cavalieri Jedi contro il malvagio Impero Galattico e l’oscuro Darth Vader nell’infinita serie di “Star Wars”. Con “Oblivion” siamo ad un’ulteriore evoluzione del nemico esterno. Il film è all’apparenza banale. Ambientato in un futuro post-apocalittico causato da un’invasione di alieni, gli Scavengers, che hanno distrutto la Luna generando drammatici cambiamenti climatici sulla Terra (introducendo così un altro filone della fantascienza odierna, quello catastrofico generato dall’uomo stesso) il film ruota attorno alla figura di Jack Harper, un marine della NASA (Tom Cruise), incaricato assieme alla sua partner Victoria (Andrea Riseborough) della manutenzione di macchine giganti che succhiano acqua dal mare, per creare nuova energia necessaria agli umani sopravvissuti rifugiatisi su Titano. I due vivono su un’isola-abitazione collocata su un'altissima piattaforma rispetto al suolo terrestre, prendono ordini da “Sally” che risiede su Tet, una colonia spaziale a forma di piramide rovesciata, rifugio di passaggio verso Titano. Jack, anche se gli è stata cancellata la memoria del passato, ha frequenti flash-back di New York prima dell’invasione e visioni di una giovane donna misteriosa. Al contrario della sua compagna di vita e di lavoro, non vorrebbe che la Terra fosse abbandonata. Ha scoperto un rifugio ancora vivibile in una valle nascosta (c’è sempre uno Shagri-La) ove conserva oggetti raccolti dai luoghi del passato da lui visitati nei viaggi sul suolo del pianeta. Nella sua opera di manutentore e spazzino è aiutato da micidiali droni, incaricati di uccidere gli alieni sopravvissuti (perché i terrestri avrebbero vinto la guerra) e di “proteggere” Jack da ogni pericolo. E’ in un momento di riposo nel suo rifugio che Jack vede cadere dal cielo una nave spaziale, aspirata forse da un radiofaro alieno posto su quel che è rimasto dell’Empire State Building.Nelle capsule d’ibernazione dell’astronave sono i corpi dell’equipaggio che i droni si affrettano, chissà perché, a distruggere. Jack riesce a salvarne solo uno: una ragazza chiamata Julia (Olga Kurylenko), che ha lo stesso aspetto della donna sognata. Ma il colpo di scena arriverà quando i due alla ricerca della scatola nera della nave spaziale saranno catturati dagli Scavengers solo per scoprire che si tratta di essere umani sopravvissuti, guidati dal vecchio Malcolm Beech (Morgan Freeman). L’intera storia dell’invasione aliena è fasulla. Gli alieni non sono altro che un’evoluzione biomeccanica di prodotti terrestri che catturarono Jack sessant’anni prima, nel lontano 2017, durante una missione verso Titano. Lo stesso Jack è, assieme alla sua compagna, un clone ed entrambi fanno parte di un esercito di cloni incaricato di succhiare dalla Terra le sue risorse per mantenere Tet e la sua tecnologia “aliena”. Non vi racconto il finale, che essendo la pellicola made in USA, è obbligatoriamente ottimista. Quello che m’interessa è il nuovo sviluppo fantascientifico dell’Alieno. E’ un essere biomeccanico prodotto dalla nostra stessa tecnologia, che sfuggito al nostro controllo fa schiavo gli esseri umani. Vi ricorda qualcosa?
Neri Paoloni