cinema


Promised land, terra promessa senza Frank Capra


Mio Dio, com’è diventato complicato andare al cinema!  Se ho potuto apprezzare in pieno “Lincoln”, è perché una qualche infarinatura di storia degli Stati Uniti ce l’ho. Ma una persona anche di medi a cultura senza una certa preparazione come fa a capire veramente chi nel film erano i buoni e chi i cattivi, chi aveva ragione allora e non con il senno di poi, nella lotta economica che contrappose gli Stati del Sud, il cui sviluppo derivava in massima parte dalla coltivazione del cotone e dall’uso di una manodopera importata dall’Africa, schiava e a basso costo, contro un Nord già allora fortemente industrializzato che avrebbe a sua volta  utilizzato gli ex schiavi come lavoratori a basso costo? Lo spettatore finisce per partecipare per Lincoln perché è una grande figura della storia degli Stati Uniti e per il suo impegno antischiavista, dimenticando che, se oggi c’è un nero, Obama,  alla presidenza USA, fino a cinquant’anni fa essere “negro” era considerato uno stato d’inferiorità negli stati del sud ma, con qualche ipocrisia, anche in quelli del  nord.
Mi scuso per la lunga premessa. Mi è parsa indispensabile perché quando sono andato a vedere “Promised Land” mi sono trovato di fronte al problema opposto. Io, di quello che si parlava nel film, il “fracking”, ossia il sistema di frantumazione delle rocce sotterranee per estrarre gas o stimolare l’estrazione del petrolio, non sapevo assolutamente nulla. Ho visto il film, costatando come ormai anche la cinematografia comincia a prestare attenzione ai temi ecologici, ma non posso dire che mi abbia entusiasmato.  Avevo letto pareri controversi  sull’opera diretta da Gus Van Sant, con Matt Damon, John Krasinski e Frances McDormand. Sapevo che era stata fortemente voluta dallo stesso protagonista, Matt Damon, che doveva esserne anche il regista ma aveva dovuto rinunciarci per altri impegni professionali. Avevo letto i pareri positivi sul film dopo la sua proiezione alla”Berlin Intarnational Film Festival”, dove aveva meritato una menzione speciale. Commenti favorevoli erano venuti anche da ambienti ecologisti, che esaltavano il valore morale e di denuncia del film. Tutto vero. Steve Butler (Matt Damon) agente con pochi scrupoli della “Global Crosspower Solution”, una grande compagnia specializzata nell’estrazione di gas naturali tramite il “fracking”, accompagnato dall’ancora più priva di scrupoli Sue Thomason (Frances McDormand) cerca di acquistare i diritti di estrarre il gas dagli abitanti di un paese agricolo della Pennsylvania. Corrono i dollari, l’operazione sembra facile, ma poi ci si mette di mezzo Frank Yate (Hal Holbrook) un insegnante locale, professore di fisica in pensione, che ha letto in rete tutte le critiche al sistema, e un attivista “verde”, Dustin Noble (John Krasinsky) che avvia una campagna di sensibilizzazione della comunità agricola mostrando foto di vacche morte nella sua fattoria, a suo dire a causa delle conseguenze del “fracking”.
Morale, la popolazione si divide tra chi, grazie ai soldi, pensa di poter cambiare vita e chi comincia a pensare alle conseguenze che il probabile inquinamento delle acque e del terreno potrebbe avere sulle loro terre. La Global preme perché Steve e Sue conducano in porto in fretta il lavoro, possibilmente evitando un referendum, e quando i due - grazie anche a colpi di scena che non racconto sennò che gusto c’è – pensano di aver vinto, Steve (ossia Matt Damon, che il film ha voluto e sceneggiato assieme a Krasinsky) si converte all’ecologia,  anche grazie a una piacente insegnante locale, e la potente “Global Crosspower” deve mollare l’osso. Steve è licenziato ma vivrà felice e contento con la sua bella a coltivare ortaggi e, forse, ad allevare cavalli nani come il professore che ha scatenato la rivolta. Fine della storia.
La morale traetela voi. Ma se non sapete cos’è veramente il fracking sarà difficile. Perché – Taranto da noi insegna – un certo sviluppo economico, una certa produzione industriale, comporta rischi e sacrifici se non c’è chi è in grado di tutelare le popolazioni dalla speculazione.  Così,  documentatomi come il prof. Yate, ho scoperto che il sistema di immettere liquidi e sostanze varie come il metanolo nel terreno ad alta profondità per infrangere gli scisti e facilitare l’uscita del gas è un procedimento alquanto controverso, tanto che in Europa molti Stati lo vietano o intendono vietarlo.  Purtroppo però nessuno ancora ci dice come affrontare la fame di energia che oggi abbiamo e che compensiamo con petrolio, carbone, biomasse, nucleare, eccetera, possa essere utilmente affrontata a basso costo.
Per tornare al film non posso dire che sia del tutto deludente.  E’ stato scritto che manca il tocco di Frank Capra. Concordo.

Neri Paoloni