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"I FIGLI DI MAMMA PALLA" DI GIANNI SPINELLI
OVVERO, QUANDO LA 416 TI COSTRINGE A FARTI SCRITTORE
PREMIO USSI 2012


La “confusione organizzata” di Eugenio Fascetti, tecnico di lungo corso “della Bari” sino al fulminante lancio di Antonio Cassano, deve aver influenzato parecchio Gianni Spinelli, autore de “I figli di Mamma Palla” (Sedit-Bari, € 12,50), recente Premio Ussi Puglia 2012  per il settore Racconto Sportivo. Del resto, lo stesso Spinelli, giornalista pensionato da "La Gazzetta del Mezzogiorno", nel prefazionarsi confessa che il suo “viaggio non organizzato nel mondo dello sport è ripercorrere letture di ragazzino…” quando si emozionava lasciando libera di correre in modo sfrenato la sua immaginazione.
Con quale risultato per chi si ritrova il libro tra le mani? Beh, quello di inoltrarsi in un boschetto di figurine Panini corredate da imprevedibili maxi didascalie difficilmente reperibili sull’attuale mercato dello scrivere usa e getta. Così, lo Sport si fa gradevole e frastagliato contenitore di muscoli (umani e non) che non si tendono esclusivamente per superare l’ostacolo o battere l’avversario ma adempiono ad altre, quotidiane, antieroiche, normalissime incombenze domestiche e da strada.
Eccoci allora a tu per tu del grande Torino la cui tragedia non si spegne a Superga, cammina sulle tremanti ginocchia di un giovanissimo Giammarinaro con sulle spalle l’immenso numero 10 di capitan Valentino Mazzola: un 10 che non smetterà mai di indossare anche negli anni successivi lontani dal Filafelfia. Pelè, il re che non era di carne e ossa neppure nell’immaginario dei tifosi. Primo Carnera, la montagna che amava Dante, Caruso e Toscani, ballava il tango e il valzer e andava a cogliere ciclamini e funghi. Livio Berruti al di là dei mitici 200 metri alle Olimpiadi di Rona ’60. Le storie di Ribot e Varenne che costrinsero gli uomini a guardare i cavalli non più quali anonimi schiavi tra le stanghe di traini e carrozze. Naturalmente Cassano, in veste di papà sbeffeggiato da suo figlio. E Lotito latinista e Berlusconi alla lavagna del 3 3 4. Ed anche piccoli personaggi passati di sguincio sulle cronache nazionali ma stanziali sulle pagine di provincia.
Insomma, una cinquantina di figuranti uomini donne e cavalli noti e meno noti dei quali Gianni Spinelli prende soltanto la sinopia per farne icone da fantasie quasi fanciullesche. Lui, insomma, punta un personaggio che lascia lo stadio e lo pedina con la sua immaginazione di giornalista fattosi scrittore per dettato di legge 416.

Paolo Aquaro