14/06/2018

Meglio il fai da te salva giornalismo - Vani appelli al Governo


Anche se per ora è stato affossato il decreto-giro di vite sulla pubblicazione delle intercettazioni, il nuovo governo non è certo nato nel segno della simpatia per il giornalismo. Più volte, soprattutto 5Stelle ha manifestato l’intenzione di ridimensionarne il ruolo a cominciare dall’abolizione dell’Odg (come, peraltro, tutto gli ordini professionali). Né promette nulla di buono l’esordio del sottosegretario all’editoria, Crimi, orientato a stringere la borsa-salva pluralismo e a ridurre l’ossigeno per un settore in affanno. A chiudere il cerchio, minacce incombenti di tagli alle pensioni.

Per cui rischiano di perdersi nel vuoto delle vuote prediche gli appelli del sindacato di categoria e, in particolare, dell’INPGI in crisi esistenziale. Nel presentare un inquietante rapporto sullo stato di agonia del nostro mondo (persi 3mila posti di lavoro in 5 anni e un buco di 100 milioni nel bilancio previdenziale), la presidente dell’Istituto, Macelloni, ha lanciato un grido di dolore: “Se  non vogliamo che in questo Paese il giornalismo e l’informazione di qualità spariscano o vengano regalati agli algoritmi dobbiamo reagire rapidamente e chiedere, a voce alta, alle istituzioni che si facciano carico, insieme a tutti gli attori del sistema, della salvaguardia di un settore strategico per la tenuta democratica del Paese”.

Alla luce delle dinamiche politiche di oggi e degli ultimi anni, pare pura illusioni che le istituzioni abbiano voglia di toglierci le castagne dal fuoco. Ormai siamo in balia dei loro capricci e, come spiega la Macelloni, di una digitalizzazione selvaggia che non è governata né regolata.

Se questa è la situazione, il giornalismo, così come è cresciuto per decenni, è ridotto all’ultima spiaggia. Il destino rimane solo nelle nostre mani. Il sindacato dei giornalisti deve decidersi, non può continuare a subire gli umori del Palazzo nella speranza che “ha da passà la nuttata!”. Delle due l’una. O si rinserrano i ranghi intorno agli ultimi dinosauri della specie (i professionisti ex art. 1 si sono ridotti a 11mila!) e ci si scaglia contro i mulini a vento dei poteri con la folle generosità alla Don Chisciotte dai dubbi esiti. Oppure ci si batta, costi quello che costi, contro la piaga del precariato che stravolge il mercato del lavoro e mette a repentaglio il ruolo sociale del giornalista a vantaggio di un’informazione squalificata e ricattata. Allora bisogna osare di più. Si abbia il coraggio di scendere dagli ormai inutili piedistalli corporativi e si aprano porte e finestre al nuovo mondo dei comunicatori, dai ben piazzati in prima fila (sono 18mila secondo “Prima comunicazione”) ai freelance sottopagati e sfruttati, insomma a quanti si sacrificano sulla loro pelle nelle trincee del mestiere. Conquistare nuove energie e raddoppiare gli spazi della presenza e delle esperienze, potrebbero iniettare nel sindacato nuova linfa, più forza e maggiore determinazione nel riconquistare posizioni di mercato e nel riconquistare prodotti di maggiore qualità e affidabilità.

Non solo ma ai giornalisti pensionati si offrirebbe l’occasione per battersi su sacrosanti diritti non più ai margini del sindacato ma dentro il sindacato, creando legami saldi e duraturi con il resto della categoria attorno alle finalità del riscatto della dignità professionale del giornalista oggi umiliata e svilita a livelli di copia e incolla. Non possono restare senza far nulla quanti hanno vissuto sulla propria pelle l’umiliazione di una carriera professionale bruciata anzitempo e sacrificata a ragioni di sopravvivenza e di bassa cucina. Giornalisti che hanno dedicato una vita alla professione e che hanno alle spalle una lunga carriera di valori e di esperienze, possono dare un importante contributo alla difesa del mestiere e al rilancio di una sindacato che ha perso lungo la strada migliaia di colleghi delusi e arrabbiati.

Romano Bartoloni, Presidente Gruppo romano giornalisti pensionati