24/04/2018

Morto a 93 anni Bruno Gatta, lutto per la cultura e il giornalismo


Era considerato un Maestro di giornalismo, diventato poi storico del Novecento, che ha raccontato nei suoi libri con curiosi aneddoti su tanti personaggi protagonisti del secolo scorso. Bruno Gatta, ci ha lasciati a 93 anni nella sua villa tra Morlupo e Canepa - nella campagna romana - che aveva trasformato in una immensa biblioteca. Autore di famose biografie su Mazzini, Mussolini, di ricercate opere sul Risorgimento e sul Fascismo, su “El Alamein” e sul “De Gasperi politico”, ha avuto la fortuna di vivere ed esplorare il pontificato di ben otto Papi (di Montini era anche amico di famiglia: il fratello Ludovico era stato suo testimone di nozze), di conoscere tanti Capi di Stato e di Governo, diplomatici, poeti e uomini di Cultura, tra cui Jacques Maritain, che gli fu presentato da Giovanni Benelli quand’era delegato e osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, prima di approdare in Segreteria di Stato.

Bruno Gatta ha passato un’intera vita alla Rai come notista politico, inviato, corrispondente da Mosca (negli anni in cui Nikita Krusciov scoperchiò le “purghe” di Stalin) e da Parigi, e poi direttore dell’importante sede di produzione radio-televisiva di Napoli. Collaboratore delle pagine culturali dell’”Osservatore Romano”, di “Avvenire”(portato da Angelo Narducci), de “Il Tempo” , del “Giornale”, sulle quali ha raccontato, in memorabili elzeviri, molteplici retroscena sconosciuti sul Duce ed i gerarchi, su Hitler ed il Nazismo, sulla seconda Guerra Mondiale, sulla Prima Repubblica. Con il suo stile inconfondibile di studioso preciso, arguto e discreto, che mai ha riportato fatti non accertati e confidenze di grandi personaggi che dovevano restare segreti. Uno sopra tutti: Alcide De Gasperi. Lo statista trentino, a fine luglio 1954, alla stazione Termini di Roma ( partendo una settimana prima di morire per quella che fu la sua ultima villeggiatura a Sella di Valsugana), consegnò all’allora giovane amico giornalista una lettera di perdono per Giovanni Guareschi, condannato per diffamazione: sulla base di due lettere false pubblicate da “Candido” (in cui chiedeva agli angloamericani di bombardare Roma) l’autore della saga di Don Camillo e Peppone gli aveva scatenato contro un’aspra campagna di stampa.

Antonio Lovascio