19/01/2012

Aquaro: "Nessuno ha l’“elisir” per salvare l’Inpgi: quel che serve ora
è che cominciamo a dirci tutta la verità"

Vengo subito al punto: amici e colleghi, tra fine febbraio e inizi di marzo 2012 non si vota soltanto per rinnovare un normale quanto (absit iniuria verbis!) routinario apparato Inpgi, si vota per la sopravvivenza dell’intero nostro gioiellino di welfare. Ecco perché, al di là di un legittimo spirito di bandiera e di possibili aggiustamenti di tiro di cui, da qui al 27 di febbraio, avremo tempo di discutere, ho apprezzato il taglio dato alla “campagna elettorale” aperta dal collega Roberto Seghetti sul nostro giovane sito Unpg. Lui dice: mai più passiva accettazione di ricette mediche elargite da reticenti e pietosi somministratori di placebo al capezzale del welfare autogestito dai giornalisti


Questo è il tempo in cui, ammonisce, la grande famiglia-Inpgi è chiamata a un ampio e responsabile consulto prima di affidare in completa, endemica atassia il mandato di gestire un “corpo sano”. Anzi, più precisamente, “un corpo assicurato in buona salute per i prossimi 30 anni sempre che…”. Colleghi, il nocciolo duro della questione sta tutto in quel “…sempre che…” la tanto temuta e lunga stagione recessiva non infici i paradigmi sui quali si sostiene l’assicurante attuario relativo ai prossimi 30anni.
E dunque in  questo momento, guardando all’Inpgi come fulcro del nostro intero pacchetto-welfare, bisogna chiedersi se: 1) i contributi che paghiamo per le pensioni siano sufficienti a garantire tutte le prestazioni oggi garantite, superiori a quelle Inps, come la cig, la disoccupazione, i prepensionamenti, la reversibilità più alta rispetto alle altre categorie; 2) la ex fissa possa reggere così come è oggi anche per il futuro: 3) non sarebbe opportuno incrementare i versamenti verso il fondo di previdenza integrativa; 4) tutto ciò sia compatibile pure con continui e progressivi aumenti contrattuali; 5) i contributi Casagit (c’entra, c’entra nel nostro discorso) siano sufficienti a mantenere le prestazioni così come le conosciamo oggi, senza tagli né forme sempre più stringenti di risparmio: 6) e se, mentre come giornalisti facciamo le pulci allo spreco-abuso altrui, noi per primi non si debba riflettere in casa nostra sui costi di ipertrofiche assemblee generali, consigli di amministrazione, commissioni con gettoni di presenza, incarichi plurimi nei diversi enti, pranzi e cene, alberghi e taxi, e…fermiamoci qui.
 “Forse sì, se saremo pronti a fare anche altri interventi. Forse no”, dice Seghetti il quale non mi pare presuma di avere in tasca la boccettina di un elisir magico. Nessuno di noi, candidati e non, dovrebbe possederla per diritto divino. Io, di sicuro, non mi sento unto dal Signore. Perciò condivido e digito il Seghetti-pensiero quando chiede aiuto e invoca partecipazioni a tutto campo.

Paolo Aquaro