18/01/2018
Marco Gardenghi. Sulla ex fissa fumata grigio scura
Fumata grigio scura al termine della riunione della commissione paritetica Fieg-Fnsi per l’ex fissa (riunione alla quale ha partecipato anche l’Inpgi) che si è tenuta l’altro ieri e che ha deciso di riconvocarsi per lunedì 25 gennaio per una strategia che speriamo sia definitiva.
La Fieg ha accettato la proposta della Fnsi di erogare entro fine gennaio una rata di tremila euro lordi uguale per tutti i giornalisti ai quali è stata inviata dall’Inpgi la raccomandata per aderire a una delle tre opzioni di pagamento anticipato.
La platea dei giornalisti è salita da 1948 a 1954 e dovrebbe comprendere le colleghe e i colleghi che hanno fatto domanda di erogazione della ex fissa entro il 30 settembre 2017.
Va detto che i ritardi con cui questa lettera raccomandata è giunta ai giornalisti non sono ancora quantificabili, visto che fino a qualche giorno fa c’era chi lamentava di non avere ancora ricevuto nulla.
In ogni caso, utilizzando anche i moduli allegati ai comunicati che si trovano sui siti di Fnsi, Ungp e Inpgi (alla voce Inpgi notizie) è possibile inviare entro e non oltre il 20 gennaio all’indirizzo mail commissionepariteticaexfissa@legalmail.it una manifestazione d’interesse per una delle tre opzioni proposte (50 per cento di quanto ancora dovuto in un anno, 55 per cento in tre anni e 60 per cento in cinque anni). Tale manifestazione, come è già stato ribadito, non è vincolante e quindi quando i giornalisti verranno chiamati a ratificare la decisione potranno rinunciare a questo percorso, tornando agli accordi precedenti che prevedono l’erogazione del 100 per cento di quanto resta della loro ex fissa in un numero di annualità ben superiore a quelle proposte dalle tre opzioni.
E’ chiaro che su tutto ciò tuttavia manca la certezza del rispetto delle stime precedenti dovute alle difficoltà in cui versa il Fondo in liquidazione dal 2014. D’altra parte nemmeno sulla percorribilità delle tre opzioni c’è certezza al momento.
Torniamo alla questione della rata 2017 di tremila euro uguale per tutti che ha sollevato numerose polemiche tra i colleghi. Innanzi tutto vanno chiariti alcuni aspetti.
Gli editori avevamo chiesto di saltare totalmente il pagamento di questa rata che corrisponde al 2017 per la mancata capienza del Fondo stesso o quanto meno di ridurre la quota minima di tremila euro. Richieste respinte dalla Fnsi che dal punto di vista legale ha potuto costringere la Fieg a rispettare quanto firmato nel 2014 nell’allegato G del contratto di lavoro che stabilisce la rata minima annuale appunto in tremila euro lordi. Per pagare tale rata occorrono poco più di 5 milioni di euro, mentre nel Fondo ad oggi ve ne sono circa 4. E’ evidente che in tempi molto stretti va trovato il milione di euro che manca per erogare quanto pattuito e già questo è un problema che comunque gli editori devono assolutamente risolvere in tempi rapidi.
Altro aspetto di cui tenere conto è che l’allegato G del contratto di lavoro firmato nel 2014 si rifà a una norma di legge che dice che se il Fondo non è capiente, le parti possono decidere di tagliare le prestazioni come è stato fatto recentemente per il Fondo Casella dalla Fieg e da Cgil, Cisl e Uil che, dopo avere già tagliato le prestazioni negli scorsi anni, hanno deciso di ridurle ulteriormente del 20 per cento.
La Fnsi, nei giorni scorsi, ha ribadito di non volere sottoscrivere simili accordi, ma resta il fatto che il Fondo ex fissa ha un gigantesco problema di gestione.
Nessun dato ufficiale traspare al momento, ma si dice che il debito del Fondo ammonti a oltre 130 milioni di euro. Un buco enorme che si è accumulato in decine di anni in cui quanto versato dagli editori non copriva nemmeno lontanamente quanto doveva essere erogato ai giornalisti alla fine della loro carriera. Un buco di cui si sapeva e che avrebbe dovuto spingere gli organismi della categoria ad intervenire per tempo. Il giochino fatto dagli editori quando la ex Fissa fu trasferita dai singoli datori di lavoro al Fondo assomiglia molto a quanto è avvenuto per lungo tempo con il Tfr, fino a quando il trattamento di fine rapporto è stato convogliato verso il Fondo pensione complementare. Per decenni quasi tutte le aziende, non solo quelle editoriali, non hanno accantonato il Tfr dei lavoratori e hanno utilizzato quella massa di denaro per autofinanziarsi ad interessi quasi nulli. Così tutti sapevano che quanto versato nel Fondo ex fissa non sarebbe bastato ma tutti assieme decisero di rinviare la soluzione del problema, fino a quando il problema è esploso.
Per arrivare a una soluzione, come ha recentemente osservato il segretario generale della Fnsi, occorre ripartire da quanto è stato scritto nel punto 6 dell’allegato G del contratto di lavoro vigente e cioè dal finanziamento dell’Inpgi al Fondo di 35 milioni di euro con un tasso d’interesse del 4,60 per cento, un tasso molto elevato che è difficilmente riscontrabile in altre operazioni finanziarie. I ministeri vigilanti avevano dato il via libera all’operazione. Poi, dopo una prima tranche di 12 milioni, l’operazione si è bloccata, si disse, per una lettera dei ministeri vigilanti che impediva il finanziamento dei successivi 23 milioni. Ora, attorno a questa leggendaria e secretata lettera, sono nate molte voci anche quelle che negherebbero che nella stessa lettera i ministeri abbiano effettivamente messo lo stop all’operazione. Poiché nessuno vuole rendere pubblica la lettera in una vicenda dove la trasparenza non è certamente la caratteristica principale, è necessario che le parti sociali, Fnsi e Fieg, assieme all’Inpgi cerchino di sbloccare la seconda parte del finanziamento a cui, per altro, alcuni esponenti del Governo non sarebbero affatto contrari.
Se tutto ciò è vero, non sarà poi così difficile arrivare a sbloccare quel finanziamento che di certo non risolve l’intero problema, ma può contribuire a una sua gestione. Si ipotizza che entro la data del 20 gennaio potrebbero arrivare circa 800 manifestazioni di interesse, gran parte delle quali finalizzata all’erogazione in un anno del 50 per cento di quanto ancora dovuto, al netto anche della rata del 2017. Sempre in base ad ipotesi tutte da verificare, ammesso che si trovino i soldi per pagare le richieste di pagamenti ridotti, il debito del Fondo potrebbe ridursi a 90-100 milioni di euro.
Occorre altresì sapere che attualmente nel Fondo entrano mensilmente circa 800 mila euro, ossia poco meno 10 milioni all’anno, con i contributi a carico degli editori previsti dalle norme contrattuali vigenti. Una cifra che potrebbe permettere al Fondo di pagare in un arco temporale già previsto di 12-15 anni coloro che non aderiranno alle opzioni proposte.
In attesa di avere un quadro più esatto, lo studio Micocci si è impegnato a fornire cifre esatte sul debito complessivo del Fondo e sulle situazioni dei singoli giornalisti creditori. Ogni collega potrà quindi sapere a quanto ammontava la sua ex fissa, quanta parte di questo credito è già stato erogato e quanto gli spetta ancora.
La Fnsi ha già fatto sapere di volere mettere a disposizione la propria struttura per affiancare l’Inpgi nel compito di informare tutti coloro che hanno chiesto la ex fissa e che finora non sono riusciti ad avere la benchè minima informazione.
E proprio questa disponibilità da parte della Fnsi pare avere scatenato un fortissimo dissidio tra i vertici di corso Vittorio Emanuele e quelli di via Nizza. Il vertice dell’Inpgi non ha affatto gradito quella che ritiene un’ingerenza non richiesta, tanto che avrebbe accusato i vertici del Sindacato di volere mettere in dubbio l’efficacia della macchina organizzativa dell’Inpgi che, vale la pena ricordarlo, riceve circa 200 mila euro l’anno per la gestione del Fondo.
Una levata di scudi che sembra davvero ingiustificata visto che finora sul problema dell’ex fissa c’è stato un muro impenetrabile per tutti coloro che hanno cercato di avere risposte certe ai propri quesiti. La sottovalutazione del problema dal 2014 ad oggi, non solo da parte dell’Inpgi ma anche della Fnsi, è sotto gli occhi di tutti e qualche fiduciario Inpgi sostiene di avere avuto “suggerimenti” per tenere il profilo più basso possibile sulla questione. La posizione di chi non vuole sentire parlare del problema della ex fissa, sostenendo che i veri problemi sono altri, assomiglia all’atteggiamento della sindaca Raggi che si indigna se qualcuno parla di un’emergenza rifiuti a Roma. Proseguire su questa strada, senza un minimo di autocritica e soprattutto senza una netta inversione di rotta, significa solo peggiorare la situazione in un contesto già sufficientemente complicato.
Marco Gardenghi