02/01/2018

Polemiche sulla ex fissa: intervengono De Vito, Gardenghi, Bartoloni


Antonio De Vito: Letterina della notte di Natale al presidente Bossa

Caro presidente, 

Come sai mi sono trovato ultimamente a stare un po' defilato dalla pratica sindacale e dalla polemica contingente. Ragioni di salute, ma anche un senso di disaffezione per la difficoltà di spiegare ai colleghi la ratio dei come e dei perche' del nostro piccolo mondo contorto e ormai avvitato su se stesso. Per dirla in una frase fatta e abusata, senza futuro. 

1) Come si fa a digerire, ad esempio la farsa dell'ex fissa, il malessere causato ai colleghi pensionati dal tira e molla sulla questione? Mentre il sindacato balbetta e produce soluzioni al ribasso, senza opporsi agli editori ormai super concentrati soltanto sui loro interessi? L' Unione dal suo canto latita, e' il minimo che si possa dire. Campa cavallo non può essere una soluzione. Il tempo della diplomazia e' finito, a ben vedere. I colleghi si aspettano un piglio più deciso, gli editori inadempienti vanno messi di fronte alle loro responsabilità. Basta traccheggiare, per quieto vivere. 

2) Tempo fa, in novembre, di fronte ai numeri negativi dei bilanci Inpgi, mi era scappato su Facebook un commento che suonava così: questa dirigenza dell'Istituto e' fuori controllo, fate qualcosa per salvare l'Istituto e le nostre pensioni. Non ho cambiato idea, anche se un sindaco se l'e' presa e mi ha replicato, facciamo gli sforzi che facevi anche tu, quando eri qui nel Cda. Gli ho risposto che i tempi sono cambiati, ora l'imperativo è salvarsi. 

Ora, non metto in dubbio la buona volontà, degli amministratori e della dirigenza. Ma si può andare avanti con escamotages e palliativi, come il conferimento degli immobili, ecc.? Il piatto dell'Inpgi piange, mentre le divisioni tra amministratori aumentano, prevale la critica, pur necessaria, sul l'azione comune finalizzata al meglio. Non se ne esce se non con una soluzione traumatica, un commissario che abbia la capacità e i poteri per rimettere a posto le cose, ad esempio separando con provvedimenti governativi ad hoc, la spesa previdenziale da quella assistenziale. Mi si obietterà che ormai il governo, ecc, e un altro governo chissà quando e come sarà.. Ma non si possono aspettare gli editori sempre lontani da tutto, il contratto che dovrebbe includere e portare nuovi contributi all'Inpgi, mentre i conti precipitano e l'Istituto centenario muore di inedia. Da ex amministratore, ventidue anni spesi - dall'ente pubblico alla privatizzazione al nuovo Statuto, fino al Cda 2008-2011 - per difendere e migliorare il nostro sistema di previdenza, oggi credo che occorra un po' piu' di coraggio. Non sarebbe un alzare bandiera bianca, ma ricercare una via d'uscita, prima che faccia notte. 

3) come si fa a fidarsi dei vigilantes, come si fa ad adagiarsi sulle rassicurazioni date al parlamento? Prendiamo il prelievo forzoso, declamato come toccasana sebbene dia risultati miseri in cifra assoluta. I ministeri hanno avallato il balzello inutile. Per il bene dell'Inpgi? Ma come, mi tolgono venti euro al mese, una piccola cifra, ma contemporaneamente l'Irpef mi diminuisce di altrettanto, sempre una ventina di euro. Il tutto a danno zero, per me. Ma i ministeri approvatori non si sono resi conto di aver provocato un danno all'erario, senza minimamente migliorare i conti dell'Inpgi?

Mi fermo qui, sapendo che la situazione è difficile, non è mai stata così grave dalla legge Rubinacci, quasi settanta anni fa.  L' Inpgi decotto e con i numeri fuori controllo, come la attuale cabina di comando, e' gia' morto e sepolto, con buona pace della categoria che l'ha sempre pensato come la sua cassaforte? Io non credo, come non credo che la soluzione sia andare tutti all'Inps. Ma, prima che sia tardi, un po' di iniziativa, del sindacato, della dirigenza volenterosa di via Nizza, e dell'Unione, che rappresenta i pensionati, le loro famiglie, lo loro aspettative. Proprio perché e' Natale e dobbiamo essere più buoni, caro presidente Bossa, facciamo insieme voti affinche' il cielo si rischiari. Continuando a sperare e a sognare, senza prendere di petto la drammatica situazione, non ci sarà futuro. Me l'ha sussurrato stanotte Babbo Natale. Mi ha convinto. Ecco la ragione di questa letterina. Con gli auguri di rito, ma non di circostanza. E, giacché ci sono, anche Buon Anno a te e a tutti. Se son rose fioriranno. 

Antonio De Vito
Presidente Ungp Piemonte

Addì 25 dicembre 2017, Torino, notte di Natale

Caro Toni: non essere pessimista, abbiamo un futuro, e dipende da noi

Caro Toni, 

ho atteso qualche giorno prima di risponderti non per mia distrazione ma perché la tua lettera natalizia mi ha fatto riflettere a lungo, senza che la riflessione si sia conclusa con una convinzione granitica da condividere con te. Il fatto è che sono d'accordo con molte cose che tu scrivi, anche se non con le premesse, mentre mi ritrovo nelle le conclusioni. 

Sulla crisi della categoria e sulle difficoltà che attraversano i nostri organismi rappresentativi non posso che concordare: la situazione è sotto gli occhi di tutti, ma non credo che il nostro mondo sia, come tu scrivi, "senza futuro"; e con me non lo credono le decine di giovani aspiranti colleghi che ogni anno si avvicinano alla professione e bussano per entrare. L'ultima sessione di esami ha visto la partecipazione di oltre 250 candidati, quasi duecento dei quali sono stati ammessi agli orali che inizieranno fra pochi giorni. Si tratta di giovani che già lavorano nelle redazioni, negli uffici stampa, o che hanno ottenuto il riconoscimento d'ufficio di un praticantato comunque svolto. Conoscono bene, quindi, le condizioni professionali ed economiche nelle quali andranno a svolgere il loro lavoro da professionisti, condizioni e prospettive ben diverse da quelle che conoscevamo noi quando abbiamo iniziato una professione che era, allora, destinata a proseguire con una linearità e progressione di carriera senza sbalzi e interruzioni, a meno gravi responsabilità personali o traumi editoriali imprevedibili. Ora, per i nostri colleghi più giovani l'orizzonte professionale è piuttosto oscuro, e ciononostante essi vedono il giornalismo come un'avventura in cui vale la pena impegnarsi. Il nostro involontario errore, credo, è di aver mantenuto l'ottica che avevamo agli inizi della nostra carriera, e di non esserci accorti che le condizioni economiche generali e la situazione del comparto editoriale stava cambiando, era cambiata radicalmente. Dove c'era stabilità oggi c'è precariato, e non solo nel nostro settore, come sai bene. 

Anche il sindacato ha fatto le spese del cambiamento, risentendo inoltre di quello che considero un nostro male endemico: un individualismo esasperato, che ci impedisce di coniugare il "noi" quando affrontiamo problemi comuni. Se lo facessimo, credo che saremmo più equilibrati anche nella rivendicazione di diritti che ci spettano, è vero, ma che i nostri più giovani colleghi non prendono neppure in considerazione. Vale per la ex fissa, vale per il contributo di solidarietà, vale per il blocco della perequazione. 

Vale anche per l'Istituto di previdenza, nella cui dirigenza, come ben sai, oggi la presenza di colleghi pensionati è ben più elevata di quanto previsto dallo Statuto e dal Regolamento. I non ho dubbi sul loro impegno, come ho fiducia nell'operato dei dirigenti sindacali, che forse meriterebbero un maggiore sostegno da parte di tutti. Ma qui torna a prevalere l'individualismo di cui di dicevo. 

Quando poi all'Ungp, e a me, visto che è a me che rivolgi le tue critiche, conosci bene le circostanze che mi hanno portato alla presidenza dell'Unione, da me non ricercata. Io ho cercato e cerco di fare del mio meglio: non pretendo riconoscimenti ma respingo l'accusa di latitanza. L'Unione vive anche della vita dei suoi gruppi regionali, e come sai bene quelli che danno segnali di esistenza si contano con le dita di una mano. Fra un anno, al congresso, tutti trarremo le somme, io per primo, naturalmente. Ma anche in quella occasione vorrei che ognuno facesse la sua parte, con onestà e responsabilità. 

Sono lieto, arrivando alla fine della lettura del tuo sfogo natalizio, di cogliere un accento di speranza, se non di ottimismo. Cerchiamo di coltivarlo insieme, in un 2018 che spero migliore dell'anno che si sta esaurendo. 

Con i miei sinceri auguri, in primo luogo per la tua salute, che mi sta a cuore

Un abbraccio

Guido               

Marco Gardenghi: sulla ex fissa ritardi, misteri e un rebus

È buio pesto sulla “ex fissa”. La già evidente confusione sull’irrisolto problema aumenta sempre più e nessuno dei soggetti istituzionalmente coinvolti fa nulla per tentare di dare ufficialmente elementi certi agli oltre duemila giornalisti interessati al tema. Nessuno si assume nemmeno la responsabilità di firmare la lettera inviata a 1948 giornalisti (quelli che hanno chiesto l’erogazione della ex fissa alla data del 30 settembre 2017) e che riporta come mittente un’anonima “Commissione paritetica Fieg-Fnsi”.

Tra i tanti punti di gestione confusa, partiamo da questa lettera nella quale si raccontano i guai che il Fondo ha avuto in questi anni, dal suo superamento concordato in sede di rinnovo contrattuale sottoscritto il 24 giugno 2014, e delle sue successive vicissitudini per tentare di erogare quanto dovuto alle centinaia di giornalisti in lista di attesa. Nella lettera si propone poi di diminuire i tempi di attesa per il pagamento di quanto dovuto, ma a fronte di un notevole sacrificio da parte dei giornalisti creditori. Ossia rinunciare al 50 per cento della somma per averla in un anno, ottenere il 55 per cento in tre anni o il 60 per cento in cinque anni. Tutto questo, si sottolinea, su base volontaria, che significa che ciascuno può rivendicare il 100 per cento del dovuto ma sapendo che le rate saranno spalmate in molti più anni di quanto annunciato in un primo momento, forse 17 anni o anche più.

Ma va anche detto che non c’è alcuna certezza che la proposta di autoriduzione partorita in una verifica attuariale dello studio Micocci, consulente strutturale ormai di tutti gli organismi della categoria, Fieg compresa, possa portare ad un esito favorevole. Se tutti facessero la dolorosa scelta di rinunciare al 50 per cento del credito e di avere i soldi entro un anno, non ci sarebbero comunque denari sufficienti per percorrere questa strada. Così come chi farà la scelta di attendere pur di avere il 100 per cento, non sarà certo di riscuotere o di lasciare in eredità il proprio credito.

I RITARDI NELLA SPEDIZIONE DELLA LETTERA. La raccomandata è datata 30 novembre, doveva essere inviata il 5 dicembre, ma l’Inpgi, gestore del Fondo su decisione di Fieg e Fnsi e che per tale incombenza riceve un corrispettivo annuo di circa 200 mila euro, si è servito per la spedizione di una società di Milano che solo molti giorni dopo, il 15 dicembre, ha provveduto all’invio. Risultato, a fine dicembre erano numerosi i colleghi che non avevano ancora ricevuto nulla. Nella lettera si indicava come tassativo il termine del 31 dicembre per fornire una risposta alle proposte della Commissione. Il ritardo della spedizione, ulteriormente peggiorato dalla concomitanza delle Feste di fine anno, aveva già portato il Segretario generale della Fnsi ad annunciare nel corso del Consiglio nazionale del 20 dicembre l’ipotesi dello spostamento del termine, forse a fine gennaio 2018. Ma notizie ufficiali da parte del Commissione scrivente non ne sono arrivate.

La Commissione si riunirà il 10 gennaio ed è probabile che adotti lo slittamento del termine per le risposte, ma ciò apre un altro problema. Nella raccomandata si sottolinea che la rata 2017, che avrebbe dovuto essere pagata a dicembre, verrà pagata entro il 31 gennaio 2018. Ma se il termine per le risposte dei colleghi verrà spostata sempre al 31 gennaio, la rata con ogni probabilità non sarà pagata entro la data stabilita e slitterà a fine febbraio. Questo perché la Commissione vuole avere conoscenza della volontà dei colleghi prima di decidere il da farsi e anche l’erogazione della rata 2016 rientra tra gli elementi necessari per fare il punto sul problema.

IL REBUS DEL DEBITO. Ma a questo punto sorge spontanea una domanda? A quanto ammonta il debito del Fondo ex fissa? Nessuno lo sa, o quanto meno nessuno lo vuole dire. Sì, perché nella lettera inviata ai 1948 giornalisti, in un primo momento era stato inserito il dato del credito che ognuno dei giornalisti vantava ancora nei confronti del Fondo, al netto di quanto già ricevuto e degli interessi ricalcolati in funzione dei successivi accordi tra Fieg e Fnsi, mai divulgati dalle parti firmatarie. Ma in un secondo momento quando la lettera era già in partenza, quel capoverso è sparito poiché gli uffici dell’Inpgi non sarebbero stati in grado di fornire quel dato, tanto banale quanto significativo.

La platea dei 1948 giornalisti si riferisce a quanti avevano fatto domanda al 30 settembre 2017, una platea da cui sono esclusi coloro che sono andati in pensione successivamente o da quanti, improvvidamente, non avevano ancora presentato la domanda. Quindi la platea nel frattempo è aumentata e con essa anche la cifra che il Fondo deve sborsare o meglio che devono sborsare gli editori perché al di là degli accordi successivi nel corso degli anni sono sempre gli editori i reali debitori del Fondo. Questo avrebbero dovuto saperlo anche quei colleghi che hanno erroneamente chiamato in causa l’Inpgi cui spetta solo la gestione del Fondo e non certo il ripianamento del suo deficit.

Ci sono però altri aspetti su cui i soggetti coinvolti Fieg, Fnsi e Inpgi, avrebbero dovuto fare chiarezza in questi anni. Ciò non avrebbe risolto il problema ma avrebbe certamente impedito che il dibattito degenerasse molto spesso in una discussione da bar sport.

Occorreva, ad esempio, fare sapere a tutti i soggetti interessati l’esatto calcolo del loro credito (alcuni colleghi lamentano di non avere mai ricevuto alcuna comunicazione): basti pensare che la rata 2016 è stata accreditata nel conto corrente di ciascun collega a metà dicembre 2016 ma non è stata data alcuna informazione ai soggetti interessati che hanno scoperto il bonifico solo guardando attentamente il proprio estratto conto. Ancora oggi, contattare telefonicamente gli uffici dell’Inpgi per avere chiarimenti risulta una vera impresa. Assieme ad altri colleghi ho quasi sempre difeso l’Istituto da attacchi spesso strumentali e rimarcata l’efficienza della struttura rispetto ai disastri dell’Inps, ma sarebbe bastato poco in questo caso per assolvere a quella funzione di servizio che è sempre stato e deve continuare ad essere un elemento fondante dell’Istituto.

I MISTERI DEL PRESTITO INTERROTTO. Così come sarebbe bene conoscere i retroscena dell’interruzione del prestito-finanziamento deciso dall’Inpgi a favore della Fieg con cui ripianare il debito del Fondo. Si trattava di 35 milioni di euro che la Fieg si era impegnata a restituire all’Istituto con un tasso del 4,60 per cento. Ma dopo i primi 12 milioni di prestito-finanziamento concessi alla Fieg, una lettera del Ministero del Lavoro, anche questa secretata, avrebbe impedito la seconda tranche di quanto già stabilito dal Cda dell’Inpgi. C’è chi sostiene che in quella lettera non ci fosse esattamente un divieto di procedere al prestito-finanziamento, ma anche in questo caso sarebbe bastata maggiore trasparenza per evitare inutili polemiche.

Qualcuno ha affermato che la crisi del Fondo è strutturale e risale alla sua costituzione a metà degli anni Ottanta. Una assoluta verità. La fissa è un istituto che risale al contratto giornalistico del 1919, cioè a quasi un secolo fa. Poi, molti decenni dopo, fu cancellata ma il diritto ad un “supplemento di fine rapporto” rimase con sempre maggiori problemi per la capienza del Fondo stesso.

Gli organismi della categoria avrebbero dovuto prendere atto molto tempo fa della sua totale ingovernabilità e provvedere alle necessarie correzione quando era chiaro a tutti che prima o poi sarebbe esploso il problema. Sarebbe infatti bastato modificare alcune regole come quelle di potere vedere erogate allo stesso soggetto tre fisse o porre un tetto a cifre fantasmagoriche pagate a pochi eletti, distorsioni che non hanno da sole creato la voragine con cui oggi ci dibattiamo ma che, se corrette, certamente sarebbero servite a trovare soluzioni più rapide ed efficaci e anche a richiedere sacrifici a fronte di maggiore equità. Basti pensare che tra gli importi in corso di rateazione ce ne sono due scandalosi: un primo da 1.436.528 euro ed un secondo da 1.424.240 euro. Mentre nel luglio 2015 si è stabilito che per chi non è ancora andato in pensione ma ha già maturato il diritto alla ex fissa scatterà un tetto di 65 mila euro come massimo importo erogabile. Dove è l’equità in tutto ciò?

SCONTRO GENERAZIONALE. Un’ultima annotazione. Esiste più che un sospetto che la scarsa attenzione e la superficialità con cui il tema della ex fissa è stato trattato dagli attuali gruppi dirigenti degli organismi di categoria abbia motivazioni profonde in uno scontro generazionale che mai come ora è cresciuto diventando quasi insanabile.

Una grande parte di responsabilità in questo scontro l’hanno avuto i pensionati la cui quasi totalità ha dichiarato guerra all’Inpgi e alla Fnsi opponendosi in modo sconsiderato al contributo di solidarietà introdotto dalla riforma Inpgi. Una riforma che semmai aveva altri punti molto più discutibili come, ad esempio, il taglio delle indennità di disoccupazione per chi perde un lavoro che forse non ritroverà mai più.

Da quello scontro è nata una insanabile contrapposizione che ha avuto conseguenze anche sulla ex fissa.

D’altra parte, sono numerosi i colleghi attivi, anche all’interno dei gruppi dirigenti della categoria, che ritengono sbagliato sprecare risorse per dare una ulteriore buonuscita ai “già ricchi” pensionati. Questi colleghi, però, dimenticano che la salvaguardia dei diritti rappresenta un baluardo che va al di là del merito del tema in discussione. Permettere agli editori di sfuggire ai loro doveri sulla ex fissa aprirebbe un fronte dove nessun altro diritto sancito dal contratto sarebbe più garantito.

Marco Gardenghi

Pasticciaccio ex fissa costituito comitato diritti

Sul pasticciaccio delle Ex Fissa, sulle ambigue lettere ultimatum prive di garanzie e di certezze, inviate (non ancora a tutti) dalla fantomatica commissione paritetica gestione liquidatoria Ex Fissa e sulle fughe dalle responsabilità degli esponenti di Inpgi e di Fnsi, si è tenuta stamani una affollatissima riunione di colleghi (venuti anche dalla Lombardia e dal Veneto) presso il Gruppo romano giornalisti pensionati nella sede dell’Associazione Stampa.

Fra l’altro, è stato costituto un Comitato Diritto Ex Fissa, che, come primo atto, rivendica incontri di chiarimenti nel segno della correttezza, della trasparenza e del rispetto della dignità dei pensionati aventi diritto.

Al tal proposito, sono stati sollecitati immediati incontri ravvicinati.

Romano Bartoloni, Presidente Gruppo romano giornalisti pensionati

Roma, 29 dicembre 2017