15/02/2017
Roberto Reale: "Inpgi, salvezza o apocalisse? Ecco le cifre del grande rebus"
Si ripetono sul futuro dell’Inpgi gli interventi preoccupati di molti colleghi e qualche previsione che sfiora l’Apocalisse. Talvolta nel dibattito c’è confusione sulle cifre. Ecco quindi in sintesi, per chi fosse interessato ma disattento ai bilanci, i dati tratti da documenti ufficiali. Utili per farsi un’opinione personale e schierarsi con cognizione di causa tra i pessimisti o tra gli ottimisti
1) Finora l’Inpgi non ha mai chiuso nessun bilancio in rosso, grazie ai risultati della gestione patrimoniale, cioè al rendimento del patrimonio in immobili e titoli, che ha compensato il crescente disavanzo tra entrate contributive ed uscite per previdenza ed assistenza. L’assestamento per il 2016 risulta, infatti, ancora positivo, con un risultato economico di 1.658.000 euro.
2) Il primo bilancio negativo è previsto a fine 2017, con 38 milioni di perdita. I ricavi della gestione previdenziale restano, infatti, fermi a 410 milioni di contributi; mentre le uscite per pensioni, disoccupazione e Cig balzano a 540 milioni, cui vanno aggiunti altri 30 milioni fra spese di struttura e imposte. Il rendimento del patrimonio, stimato in 126 milioni, non basterà più a compensare la differenza.
3) Per garantirsi la liquidità necessaria, l’Istituto ha avviato la vendita di alcuni immobili. Ma è stata, intanto, elaborata anche la seconda bozza di riforma - ancora in attesa del via libera ministeriale - che aumenta le entrate contributive e raffredda le prestazioni future. Secondo le stime attuariali allegate al progetto di riforma, le modifiche introdotte porteranno a regime, in cinquant’anni, circa 500 milioni in più di contributi e ridurranno il costo delle prestazioni di 2,3 miliardi.
4) Senza alcun intervento, la previsione indicava l’azzeramento del patrimonio nel 2030. Lo scenario modificato dalla riforma prevede, invece, per la gestione contributiva uscite superiori alle entrate fino al 2039 - anno in cui l’indice di garanzia (rapporto tra patrimonio e cinque annualità di pensioni correnti = valore 1,0) toccherebbe il picco minimo a 0,407 - per poi riprendere dal 2040 una forbice positiva, con progressivo aumento degli accantonamenti e della riserva tecnica.
5) La domanda è: se passa la riforma, o se arriva un commissario, l’Inpgi con le sue risorse può davvero reggere questo scenario? Il patrimonio di due miliardi di euro (due terzi circa in immobili, un terzo in investimenti finanziari) dovrebbe dare garanzie, ma sugli immobili pende un dubbio: il conferimento degli stessi al Fondo immobiliare Amendola, con rivalutazione dei valori storici iscritti in bilancio ai valori di mercato, registra per ora plusvalenze soltanto di “carta”. Reggeranno questi valori alla prova delle cessioni in un momento di crisi?
Alla fine i veri problemi restano, però, il futuro dell’occupazione nell’editoria e la regolamentazione dei nuovi media. Il rapporto attivi-pensionati è infatti sceso all'1,8 (quando sarebbero necessari almeno 3,5 occupati per ogni collega in quiescenza). Se finisce l’assalto alla diligenza, e se la platea contributiva Inpgi si consolida assieme alla ripresa economica del Paese, l’orizzonte si rasserena. Se i giornalisti dipendenti con regolare contribuzione continueranno, invece, a scomparire lasciando posto al far west di finti “autori” Rai, pensionati in redazione, autonomi in nero o sottopagati, blogger e notiziari web pirata, allora è inutile dibattere: le pensioni presenti e future della categoria saranno, prima o poi, inesorabilmente affidate all’assistenza statale. E il “quantum” in busta alla benevolenza della politica.
Roberto Reale