03/10/2016

Intervento di Paolo Baggiani al Consiglio nazionale Ungp del 27 settembre 2016

Quando, nel giugno scorso, il Vicepresidente dell'INPGI Gulletta aveva dato assicurazioni sul fatto che la riforma dell'Ente allo studio non prevedeva alcun contributo di solidarietà, io, come altri colleghi, ho creduto alle sue parole, conoscendo la serietà e l'affidabilità del collega. E sulla base di quelle assicurazione, ho inviato ai pensionati della mia regione un comunicato che riportava le dichiarazioni di Gulletta, rasserenando così i colleghi che erano allarmati per le voci che circolavano in merito


Oggi mi rendo conto di aver fatto una ben magra figura, e certamente non sarò stato il solo, nell'apprendere che, contro ogni previsione, il Consiglio di amministrazione dell'Ente intende riproporre questa odiata e odiosa misura, in maniera ben più pesante della precedente.
Ecco il risultato del mancato rinnovamento del Cda dell'INPGI, che oggi dimostra la sua continuità con la precedente disastrosa gestione.
Nessuno di noi, e credo di poterlo affermare con certezza, è contro la solidarietà. Ritengo che nella nostra vita ognuno di noi ne abbia dato prova. Ma noi pensionati la solidarietà l'abbiamo già ampiamente dimostrata, e continuiamo a farlo, versando alle casse dell'NPGI decine di milioni di euro che l'Ente ha incamerato e continua a incamerare per la mancata perequazione.
Certo, per il Cda è facile prendersela con i pensionati, una categoria fondamentalmente debole, che non può scioperare, non può ribellarsi contro le prepotenze, una categoria che non ha controparti e che in fondo non ha alcun potere "contrattuale". Ed a questo proposito vorrei ricordare che ancora una volta il nostro Sindacato (perché nonostante tutto continuo a sentirlo nostro)  non presta la minima attenzione alla nostra categoria, e continua a ribadire che si occupa solo degli attivi, dimenticando i contributi che i pensionati hanno versato e versano nelle casse delle Federazione.
La solidarietà viene ancora riproposta dietro il paravento dell'aiuto fra le vecchie e le nuove generazioni. Viene volutamente ignorato il fatto che negli ultimi decenni la professione ha subito pesanti modificazioni, a seguito dell'evoluzione tecnologica che ha portato alla razionalizzazione dei processi produttivi ed a sconvolgimenti  politici, economici e sociali.
La storia ci ha insegnato che ogni avanzamento tecnologico porta ad uno scompenso tra vecchie e nuove generazioni, tra vecchi e nuovi mestieri e professioni con un divario che potrà essere colmato solo nel lungo termine, a meno che non intervengano nuove rivoluzioni tecnologiche.
Noi possiamo dirci fortunati perché la nostra pensione è arrivata appena in tempo, sul crinale del gap tra vecchio e nuovo. Ma nessuno potrà mai addossarci alcuna colpa per questo. Semmai c'è stata l'ottusa cecità di chi non si è reso conto, o non si è voluto rendere conto, di questi processi ed ha continuato a ballare mentre la nave stava affondando.
Mi riferisco in primo luogo alle gestioni del sindacato e dell'Inpgi. E che, a mio parere, non si rendono ancora conto che la trasformazione della professione non è ancora finita, ma che prosegue come quei fenomeni carsici che percorrono vie sotterranee per poi improvvisamente affiorare alla dura realtà.
Ma voi credete che tra dieci, venti o trent'anni la professione di giornalista sarà ancora la stessa? E che ci sarà bisogno ancora dei mediatori dell'informazione, mentre crescono i social network, mentre i motori di ricerca attirano la pubblicità che nei tempi andati privilegiava la carta stampata per poi spostarsi sul web e che oggi sta andando verso le pagine di Google and company, provocando l'affossamento di storiche testate? Mentre già oggi si sperimentano software che sono in grado, con pochissimi dati oggettivi di scrivere un pezzo? Certo, resteranno i commenti, le opinioni, le interpretazioni che già oggi, però, sono sempre meno affidati a giornalisti, sostituiti da docenti universitari, da professori, da esperti o pseudo tali, da politologi, opinion leaders, blogger, presentatori e intrattenitori vari.
Per concludere, noi diciamo no alla solidarietà imposta da un Cda megalomane che vuole sostituirsi al Parlamento e che pensa di poter legiferare a suo piacimento, assistito magari dai pareri legislativi dei suoi azzeccagarbugli che, tra l'altro, non sono nemmeno in grado di vincere le numerose cause perse dall'Ente in questo periodo, tanto siamo sempre noi a pagare.
Personalmente, potrei aderire alla solidarietà proposta dall'INPGI solo ad una condizione: che le retribuzioni degli organi dell'Ente vengano drasticamente ridotte, almeno del 50 % per il presidente  e solo il rimborso spese per gli altri amministratori, oltre a ritoccare al ribasso gli stipendi dei funzionari. Solo allora se ne potrebbe discutere.
I pensionati devono rialzare la testa e combattere contro chi vorrebbe che la categoria stia silenziosamente passiva contro le angherie di un Ente al quale per decenni ha versato fior di soldi sulla base di un contratto, di un patto che oggi non può essere modificato unilateralmente.
Il governo ha più volte ribadito, a proposito di riforma delle pensioni, che i diritti acquisiti non si toccano. Ma evidentemente all'INPGI non se ne sono accorti.
Ci manca solo che l'Inpgi assoldi dei killer per far fuori fisicamente i pensionati (oddio, non vorrei che qualcuno prendesse questa boutade come un suggerimento!) e far quadrare così i conti.
Facciamo sentire la nostra voce, cari colleghi, che è ancora viva e vitale, così come lo è il nostro spirito, per bloccare subito queste sciagurate iniziative.

Paolo Baggiani