30/05/2016

Romano Bartoloni: "Allarme rosso all’Inpgi"

Allarme rosso all’Inpgi dove lo stato dei conti rischia di sfuggire ai controlli diversamente dalle ipocrite rassicurazioni sulla loro tenuta. Alla fine la verità è venuta a galla con la pubblicazione dei bilanci e con le mezze ammissioni della neo-presidente Marina Macelloni al Consiglio nazionale dell’Ungp e a Stampa romana


Il disavanzo fra entrate contributive e le prestazioni previdenziali e ammortizzatori sociali è salito a 111,9 milioni (bilancio consuntivo 2015), seguendo una progressione quinquennale da far paura: solo nel comparto pensionistico (- 29.445 milioni nel 2011; -42.583 nel 2012; -81.530 nel 2013; - 102.598 nel 2014). Negli stessi anni, i rapporti di lavoro si sono liquefatti, mentre è esploso il boom delle pensioni e degli ammortizzatori sociali. Nel 2012 erano 19.087 i giornalisti con occupazione stabile di fronte a 5.498 pensionati. Oggi il loro numero è crollato a 15.461, al contrario i trattamenti pensionistici sono balzati a 8.643 da 5.498 del 2012. Si è sopravvissuto solo grazie ad espedienti di bilancio sul patrimonio immobiliare.
All’Inpgi si è passati dopo gli ottimismi di facciata al più nero pessimismo. Fin dalle prime battute della relazione al bilancio consuntivo 2015 approvato nei giorni scorsi, la presidente getta la maschera con toni drammatici: La tempesta non è ancora passata, e la fase di difficoltà che vive l’Istituto risulta, dai numeri del 2015, per certi versi addirittura aggravata. Le cifre parlano chiaro e non ci vuole un mago per capire che, salvo una miracolosa ripresa del mercato del lavoro, il malato si cura con una pesante terapia d’urto e in tempi stretti come è stato richiesto. Non solo ma ogni giorno che passa, con la lunga coda di licenziamenti e prepensionamenti del 2016, la situazione volge al peggio. Eppure, prima di agire anzi di pensare ad agire, si aspetta l’oracolo degli attuari forse coltivando l’illusione che possano ricostruire uno scenario prospettico meno inquietante, dove poter intervenire senza spargere troppo sangue.
Possibile che non abbia insegnato nulla la bocciatura della miniriforma del 27 luglio che avrebbe dovuto metterci al riparo dai guai e che, invece, si è rivelata un flop perché campata in aria, facendoci perdere un anno di tempo? Intanto, i ministeri vigilanti pretendono che, entro i prossimi mesi, si compia un giro di vite di tagli il più possibile in sintonia con il sistema previdenziale pubblico dell’Inps. Pur senza cognizione di causa sul da fare, la presidente mette le mani avanti minacciando la linea dura della “severità e della cattiveria” delle misure capestro. Oggi e non domani l’Inpgi, e la Fnsi di rincalzo, debbono decidere quale sarà la linea del Piave a difesa delle pensioni e dell’autonomia dell’ente anche a costo di subire minacce di commissariamento. Attendere l’ultimo minuto per intervenire, alimenta solo il sospetto che si intenda mettere  la categoria di fronte al fatto compiuto e con le spalle al muro, come è già accaduto con il fallito tentativo fuorilegge di prelievo forzoso sulle pensioni.

Romano Bartoloni
presidente Gruppo romano giornalisti pensionati