23/05/2016
Consiglio nazionale del 18 maggio 2016
Paolo Baggiani: "Tempi duri per i pensionati"
Tempi duri per i pensionati: una frase che negli ultimi anni abbiamo sentito ripetere più volte, in tante occasioni, sia per le dichiarazioni di esponenti del Governo, o per le estemporanee e talvolta assurde dichiarazioni del presidente dell'Inps, o per quelle di illustri economisti intervenuti nei dibattiti che ci ha propinato la tv, con partecipazione di opinion leaders, emeriti docenti universitari e spesso emeriti coglioni
I pensionati vengono additati come privilegiati, dimenticando il fatto che chi è oggi in pensione ha versato per decenni fior di contributi, pensando e sperando di poter avere una vita dignitosa una volta smesso di lavorare. Non hanno però tenuto conto di un Governo che vede in loro un salvadanaio dal quale attingere a man bassa, direttamente o indirettamente, e lo fa impunemente perché da parte loro non esiste nessuna difesa. Chi è la loro controparte? Contro chi possono protestare, o fare sciopero? Come difendersi? E' mia opinione personale, tra l'altro, che dopo le elezioni amministrative di giugno e la scadenza referendaria sulla riforme il Governo tornerà all'attacco delle pensioni.
Negli ultimi 10 anni le pensioni hanno perso oltre un quarto del loro valore, sia per l'iniqua tassazione (che continua ad aumentare considerando anche le addizionali regionali e comunali, in alcuni casi addirittura triplicate) che per la mancata perequazione che ha impedito di far fronte all'aumento del costo della vita. E ricordiamoci che l'Italia è l'unico paese europeo che tassa le pensioni come un reddito da lavoro, e non come un risparmio dilazionato nel tempo.
Si è parlato a lungo, e lo si continua a fare, di pensioni d'oro, o di pensioni di "metallo" più vile.
Nessuno però fa risaltare le differenze che esistono in questa categoria. C'è chi oggi percepisce una pensione considerata aurea, frutto talvolta di 45 anni di contributi o poco meno, e chi prende la medesima pensione con pochi anni di contribuzione, contributi figurativi, o marchingegni diversi elaborati dalle singole "caste" che affollano il nostro Paese.
Noi giornalisti vogliamo difendere le nostre pensioni. E non si venga a parlare di solidarietà, quando questa è stata già ampiamente realizzata con le maggiori tassazioni a cui sono soggette le pensioni più elevate, e con la mancata perequazione che ha portato decine di milioni di euro nelle casse del nostro Ente previdenziale.
Noi vogliamo collaborare con il nostro Inpgi. E non a caso dico nostro, perché tale noi lo sentiamo, come sentiamo il dovere di difenderlo da chi vorrebbe abolirlo o svuotarlo. Ma l'Inpgi deve comportarsi nei nostri confronti come un interlocutore, non come una controparte come spesso è avvenuto in passato, vedi l'irrazionale (per non usare aggettivi peggiori) proposta del "contributo di solidarietà" bocciato poi dal Governo.
Noi non difendiamo un privilegio. Noi difendiamo un diritto, acquisito nel corso della nostra professione. E rifiutiamo i maldestri tentativi di farci considerare nemici delle nuove generazioni che si sono affacciate a questa professione. Non siamo noi i responsabili dei mutamenti intervenuti nel complessivo e complesso mondo dell'informazione. Oggi c'è un mercato "drogato" dalle centinaia di nuovi giornalisti sfornati ogni anno dall'Ordine, dalle manovre finanziarie intorno alle testate, dalle innovazioni tecnologiche che hanno ridotto gli organici e così via. Semmai, su questi aspetti, ci si sarebbe aspettata una maggiore attenzione da parte del sindacato, così come ci si sarebbe aspettata una maggiore attenzione anche nei confronti dei pensionati, ma questo è un altro discorso da affrontare in altra sede.
Vorrei concludere con una proposta operativa. Spesso, nelle nostre riunioni, dibattiamo, discutiamo, facciamo proposte, ma alla fine tutto rimane in sospeso, o viene rimandato.
Esiste un documento, elaborato nel mese di marzo, dai gruppi pensionati romani e piemontesi che potrebbe costituire la base per una discussione più ampia, allargata a tutti i gruppi regionali, per arrivare poi ad una proposta complessiva che riguardi i nostri rapporti con il nuovo Inpgi.
Invito gli estensori di quel documento ad aggiornarlo per poi inviarlo a tutti i gruppi regionali che nel giro di pochissimo tempo diano il loro contributo.
Entro un mese dovremmo quindi essere in grado di avere un documento definitivo che potrebbe costituire la base sulla quale instaurare un nuovo e diverso rapporto con l'Inpgi e con gli altri enti della categoria.