10/01/2016

Elezioni Inpgi 2016
La nostra tribuna aperta per un Istituto più forte, rappresentativo e credibile

In questo spazio ospitiamo i contributi di colleghe e  colleghi al dibattito elettorale. Ciccando su Leggi si apre la pagina in cui sono pubblicati tutti gli interventi (in testa i più recenti). 


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Romano Bartoloni: attenti a quelli con le gambe corte

Ammortizzatori sociali 2015 (disoccupazione, cassa integrazione e contratti solidarietà) per 6.384 giornalisti (168% in più dal 2010) pensionati 8700 (comprese reversibilità) a carico di meno di 2 colleghi in attività (1,9 – 15.734 nel 2014) – 500 milioni il costo della crisi: 400 per ammortizzatori sociali, 100 di mancati contributi per 826 prepensionamenti – 850 assunzioni con sgravi fiscali (e dopo? ndr) contro un totale di 3.000 posti di lavoro persi e 1.000 pensioni e prepensioni in più – scoperte 63 posizioni abusive contro elusioni contributive per un numero senza fondo (ndr) – spending review compensi giornalisti in cda tagliati del 10% . 
Questo che appare il bollettino di una guerra perduta è presentato come un quieto mormorio di ordinaria amministrazione dalla guida Inpgi in pillole, offerto in un angolo del social, a cura della collega Silvia Garambois, consigliera d’amministrazione uscente. Attendiamo per le prossime puntate altre pillole a cominciare dalla compressa sull’incerto futuro di un sempre più logoro e svalorizzato patrimonio immobiliare, il nostro tesoretto per i tempi difficili. Così, dopo tante censure, spezzoni di verità vengono a galla giocoforza anche da fonti inaspettate, smentiscono bugie dalle gambe corte, eppure si tenta tuttora di nasconderla, facendo finta di niente. Non solo si nega l’evidenza di un disastro ma si continua a sollevare cortine fumogene cariche di essenze ottimistiche. Marina Macelloni, che non viene dalla luna ma è una figura in vista del cda, assicura in un’intervista a sussidiario-net che “L’Inpgi ha resistito ad anni devastanti per l’editoria grazie a bilanci in ordine e a una gestione rigorosa”. Presidente dell’Istituto dal 2008, pare alzi gli occhi al cielo nel dichiarare che “L’Inpgi assiste per prestazioni pensionistiche e sociali un numero di giornalisti pari a quello degli attivi”. Sconcertanti le conclusioni della stessa guida in pillole: “L’Inpgi non rischia di morire, è un Istituto che deve continuare a erogare prestazioni superiori del 30% all’Inps. 
Messi a mal partito da una campagna elettorale surriscaldata da prove inquietanti, non solo grazie agli ultimatum dei ministeri vigilanti ma anche a cronisti in gamba che finalmente hanno fatto le pulci in casa propria, i candidati dei rieccoli sembrano aver perso il controllo dei nervi, reagendo sull’orlo del ridicolo. Denunciano il chiasso dei una propaganda allarmistica e catastrofista, si scagliano contro i profeti e i Savonarola da strapazzo, i moralisti del giorno dopo, lanciano appelli alla calma, dispensando compresse ansiolitiche con il marchio della garantita stabilità e dei conti a posto. 
Votate, votate tutti i colleghi pensionati di vostra fiducia, ma pensateci minimo 10 volte se aveste intenzioni di ipotizzare un voto per i candidati inquadrati nella lista “L’Inpgi siamo noi”, ribattezzata da taluni l’Inpgi sono i Loro. i soliti volti che hanno sostenuto e si ripropongono di riportare nella stanza dei bottoni i responsabili della gestione fallimentare del nostro istituto previdenziale. 
Come salvare l’Inpgi oggi trattato come un bancomat – Non certo riproponendo riformicchie che non stanno in piedi. Sarebbe ora che il sindacato, motore e non rimorchio dell’Inpgi, smettesse di trattare il nostro istituto previdenziale come il bancomat di spregiudicati editori, si armasse di fronte al rischio Inps dietro l’angolo, convincendosi che non assicuriamo il nostro futuro raschiando il fondo del barile sulla pelle dei colleghi. 1) i sacrifici di qualsiasi genere sono vani vuoti rituali senza un rilancio dell’occupazione, senza un ampliamento del perimetro del contratto e della base contributiva previdenziale, senza inchiodare gli editori e noi stessi alla responsabilità della paralisi imprenditoriale. 2) radicale riforma della legge 416 che ha consentito stati di crisi aziendali fasulle, disoccupazione generalizzata, prepensionamenti e contratti di solidarietà a raffica, stravolgendo gli assetti del bilancio Inpgi ed erodendo il monte pensione di oggi e di domani. Rimuovere lo scandaloso sperpero dei contributi figurativi e dei vitalizi regalati alla casta. Gli ammortizzatori stanno diventando un onere insopportabile e andrebbero rimessi alla fiscalità generale come avviene in ogni altro settore del mondo del lavoro. 3) Lotta senza quartiere al lavoro nero e all’elusione contributiva. Le condizioni di illegalità diffusa inquina il mercato dell’informazione e sottrae grandi risorse. Si può ancora guardare avanti con speranza. A casa però quelli che negano l’evidenza della crisi per non farsi cacciare via. Altrimenti è il suicidio. (Romano Bartoloni capolista dei corsari)

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Lucia Visca: “Sui territori sosteniamo il voto femminile”

Care colleghe, cari colleghi, sappiamo tutti molto bene quale drammatica fase sta vivendo il mondo dell’informazione, con circa tremila posti di lavoro persi e redazioni decimate.?Riusciremo a salvare gli ammortizzatori sociali grazie all’approvazione della riforma Inpgi da parte dei ministeri vigilanti. Altra strada resta da fare e deve essere percorsa senza tentazioni massimaliste o chiusure di retroguardia. Fra le altre cose, non potremo essere smettere di preoccuparci fino a quando nell’istituto e nella professione permarranno discriminazioni dannose per le donne e per l’intera categoria. A cominciare dal gender pay gap che registra una forbice ampia e inaccettabile fra le retribuzioni maschili e femminili, con il risultato di penalizzare le donne e privare l’istituto di contribuzioni. Non possiamo non guardare anche alla questione della rappresentanza. L’attuale composizione del consiglio generale Inpgi è molto lontana dal fotografare il reale peso della presenza femminile fra gli iscritti: su 62 consiglieri eletti ci sono solo 19 donne, su 16 componenti del Cda ci sono solo due giornaliste (più la rappresentante del ministero del Lavoro). Occorre riprendere il testo dello Statuto condiviso nella consiliatura in scadenza e portarlo rapidamente in approvazione affinché vengano superati gli ostacoli alla parità di genere. Qualcosa però dobbiamo fare fin d’ora. Per questo rivolgo un appello alle colleghe e ai colleghi perché nei territori e nei collegi nazionali sostengano il voto femminile, non facendo mancare preferenze alle colleghe che hanno deciso, come si dice, di “metterci la faccia” impegnandosi a lavorare per un futuro solido dell’Inpgi senza dissipare quanto di buono fin qui è stato fatto. In particolare vi chiedo, anche a nome di Inpgi siamo noi, nei collegi nazionali di votare per Marina Cosi e per me stessa Lucia Visca (Inpgi, “collegio pensionati”) e Stefania Di Mitrio (Inpgi 2, “comitato amministratore”); mentre il voto regionale dei “giornalisti attivi” lo chiediamo per Daniela Dirceo, Monica Maria Forni, Marina Macelloni (Lombardia) e per Ida Baldi, Silvia Garambois, Antonella Marrone, Giuseppina Sansone (Lazio).

Lucia Visca

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Enrico Ferri: scuse e ringraziamenti

In chiusura di questa brutta campagna elettorale voglio rivolgere UN SENTITO GRAZIE a chi, dall’inizio, ha calunniato e diffamato l'istituto, i suoi funzionari, i candidati delle liste “L’Inpgi siamo noi” e segnatamente la mia persona. Auguro  a costoro di ottenere l’effetto contrario, e segnali in questo senso mi giungono chiari. Io penso, comunque, che la calunnia e la diffamazione alla fine non paghino e che chi si perde in queste cose non è in grado di svolgere al meglio il un ruolo di amministratore o di sindaco,  a sostegno di un bene comune per eccellenza quale è l’Inpgi, la cassaforte del giornalismo italiano. D'altra parte certe illazioni non meriterebbero neanche una replica, per una questione di stile.

LE SCUSE INVECE A TUTTI VOI, colleghe e colleghi, che ho importunato per troppo tempo con un fiume di messaggi. A mia difesa posso chiedere solo le attenuanti generiche perché, con altri colleghi, ho  dovuto rispondere, colpo su colpo, ad un assalto, che va avanti da tempo, contro l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, che mi onoro di aver servito negli ultimi anni.

BUON VOTO

Enrico Ferri de Lazara

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Romano Bartoloni: Inpgi vogliamo tutta la verità

Nell’attuale stadio del dissesto finanziario dell’Inpgi qualcuno potrebbe avere il coraggio di dire: è inutile piangere sul latte versato, guardiamo avanti. Ma fuori dei denti la domanda è? C’è ancora un futuro per il nostro ente oppure si finisce inevitabilmente sotto commissario e poi nell’Inps?
Finora, con l’ostinato top secret sull’effettivo stato di salute in tempi di trasparenza persino all’Inps (la beffa dell’ignorato nuovo codice etico!), si sono presi per i fondelli i colleghi e si è illuso che con una manovra arrangiata si potesse ingannare i ministeri vigilanti. La bocciatura del prelievo forzoso e l’intero verdetto negativo hanno fatto esplodere il bubbone. Ora e solo ora, in via di uscita da via Nizza, il presidente Camporese confessa la drammaticità della situazione mettendo in piazza i dati dello sconquasso: su 15mila contribuzioni gravano ormai altrettante spese previdenziali per oltre 8mila pensioni e per circa 6mila ammortizzatori sociali. Il nostro patrimonio immobiliare, il tesoro per i tempi grami, si sta rivelando logoro nonostante il giochino delle tre carte con il passaggio al Fondo speciale e destinato per legge ad essere ridimensionato di oltre la metà.
Il mercato editoriale non tira, è a corto di ossigeno nonostante la timida ripresina e le pezze calde degli sgravi contributivi per nuove assunzioni. Il contratto, che un tempo era la nostra arma segreta, è stato disdettato dagli editori con l’intenzione di continuare a farlo a pezzi. Il sindacato è sempre più debole e impotente di fronte al vertiginoso crollo dell’occupazione, alla raffica di prepensionamenti e di ammortizzatori sociali, mentre bussa alle sue porte, invano e senza certezze, il mondo del precariato ormai vero asse portante del sistema informativo. Renzi, il governo, il Parlamento, le forze politiche, che non ci hanno mai amato, gongolano nel vederci alle corde. Intanto, in commissione alla Camera, si studia come dare una strigliata alle casse previdenziali private. Persino l’Ordine, ridotto a una mummia, è sotto scacco con in preparazione una robusta cura dimagrante tanto è vero che sono state rinviate le elezioni di maggio in attesa del taglio e cuci.
E allora che si fa? Intanto provochiamo un forte scossone informativo, mettendo tutta la verità in piazza costi quello che costi, e diamo la sveglia a quei tanti colleghi che dormono nell’illusione dell’immortalità dell’Inpgi. Basta prenderli per il naso con lo state tranquilli ci pensiamo noi. E, invece, c’è da essere preoccupati quando persino aspiranti alla successione di Camporese arrivano a negare l’evidenza.
Si può ripartire anche fra mille difficoltà, purchè tutti, proprio tutti, sappiano da che punto dell’abisso si possa ricominciare a risalire. Diceva il grande Totò: siamo vincoli o sparpagliati?

Romano Bartoloni 

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Domenico Affinito: Inpgi, polemiche pretestuose e dati veri

Il 22, 23 e 24 febbraio si vota online (e il 27 e 28 febbraio si vota fisicamente alla Lombarda) per le elezioni Inpgi: mi ricandido al consiglio generale. È importante votare e, a mio avviso, votare i candidati del gruppo “L’Inpgi siamo noi 2016”, espressione dell’attuale maggioranza della Fnsi. Per due motivi: garantire continuità di gestione all’Inpgi e assicurare una sinergia sempre maggiore tra sindacato e istituto previdenziale. In questi ultimi mesi vi sono state diverse polemiche. Conoscete il mio impegno e vi racconto quanto so, mettendoci la faccia.

LO STATO DELL’INPGI
Da alcuni anni abbiamo un problema perché le entrate sono sempre meno e le uscite sempre di più, ma il patrimonio dell’Istituto ammonta a oltre 2 miliardi di euro ed è saldo. Lo è oggi e lo era anche ieri, talmente tanto che l’Inpgi è stata l’unica diga che ha retto lo tsunami della crisi: negli ultimi 5 anni 40 milioni di euro l’anno in media sono andati ai colleghi per solidarietà, disoccupazione e cassa integrazione, cui si sommano altri 40 milioni annui per i contributi figurativi, cui vanno aggiunti circa 100 milioni di mancati introiti di contributi per gli oltre 800 prepensionamenti già effettuati. L’Inpgi ha potuto reggere l’impatto dei 500 milioni di euro di costo della crisi solo grazie alla oculata gesione del patrimonio: negli ultimi otto anni, infatti, la gestione patrimoniale ha generato rendimenti per oltre 500 milioni di euro.

LA RIFORMA
Per garantire il domani, il cda uscente nel luglio scorso è stato costretto a varare una manovra che è stata in buona parte approvata dai ministeri vigilanti. In particolare, sono già operativi gli aumenti dei contributi e il nuovo calcolo sui rendimenti pensionistici (a partire dal 2016, non sugli anni passati). Le misure approvate porteranno, a regime, un beneficio di 45 milioni di euro annui per l’Istituto. Per ora restano le vecchie regole per l’età pensionabile. Grazie all’autonomia dell’Inpgi i giornalisti uomini possono andare in pensione a 65 anni, le donne a 62 anni e per chi ha almeno 35 anni di contributi resta la possibilità di andare in pensione a 57 anni (con penalizzazioni) o a 62 anni (senza penalizzazioni). Inoltre restano i prepensionamenti a partire da 58 anni d’età.
Ritengo positivo non aver affondato, più di quanto fosse necessario, le mani nelle tasche dei colleghi. Il cda uscente ha pensato a misure eque e sostenibili come l’aumento delle aliquote, soprattutto a carico degli editori, una rigorosa riduzione dei costi di gestione (-10% nel solo 2015), il taglio del 10% dei compensi agli amministratori. Andrà anche riproposto un contributo di solidarietà progressivo sulle pensioni erogate (la proposta del cda uscente era 22 euro netti al mese per una pensione di 65mila euro lordi l’anno che salgono a 68 euro per una pensione di 104mila euro), un contributo che è giusto sul piano etico e della solidarietà tra generazioni: non è possibile che i sacrifici pesino solo su noi giornalisti in attività. Resta in sospeso, e se ne occuperà il prossimo cda Inpgi, l’aumento dell’età pensionabile per le colleghe e i colleghi: occorre, anche in futuro, difendere le clausole di salvaguardia per i disoccupati, per le donne e per coloro che non potessero accedere al prepensionamento in aziende in crisi come Rcs.

COSA È SUCCESSO
Chi critica la manovra e la vorrebbe ancora più pesante è lo stesso gruppo di persone che va in giro a raccontare che l’Istituto è stato gestito male. La prova, al contrario, di quanto sia stato gestito bene è che l’Inpgi ha retto alla violenza di una crisi strutturale e non ciclica, come qualcuno aveva ipotizzato sbagliando. Ognuno di voi lo ha visto con i propri occhi: tra testate chiuse, prepensionamenti, solidarietà, cassaintegrazione nel solo 2015 l’Istituto ha erogato misure di sostegno a 6.384 colleghe e colleghi. Dall’inizio della crisi ci sono circa 3.000 contribuenti attivi in meno, oltre mille pensionati in più (oggi sono ben 6.428 contro 16.200 giornalisti attivi). E si è avuto un aumento in 5 anni del 168% degli ammortizzatori sociali, spesso pensati come unica soluzione alla crisi, colpendo così solo i giornalisti e senza far leva sugli editori per cercare efficienze anche da altre parti. Meno occupati, più pensionati, più erogazioni per gli ammortizzatori sociali hanno appesantito i bilanci. Ecco da dove arrivano le sofferenze dell’Inpgi.

VICENDA SOPAF
Sull’Istituto getta la sua ombra anche la vicenda Sopaf, una società d’investimenti dalla quale l’Inpgi aveva comprato alcune quote del Fip, il fondo immobili pubblici. Nel 2009 quell’investimento è costato all’Inpgi 2 (gestione separata) 30 milioni di euro e in 6 anni ha fatto guadagnare circa 15 milioni netti, pari a un rendimento del 7 % netto annuo. Questo è un dato certo. Secondo la Procura di Milano che indaga sulla Sopaf, quell’investimento sarebbe potuto costare 7,6 milioni in meno: da qui l’ipotetico danno per l’Inpgi. Questo, però, è ancora tutto da provare. Il presidente uscente dell’Inpgi è stato rinviato a giudizio, insieme ai dirigenti della Sopaf, e il dibattimento inizierà il prossimo 21 aprile. Vedremo come andrà il processo: io, come ho sempre fatto, resto garantista fino in fondo.

CHI FA POLEMICHE E PERCHÉ
I primi a essere sul sentiero di guerra sono alcuni pensionati: non vogliono pagare i pochi euro mensili di solidarietà sulle loro pensioni d’oro (ben sopra i 3.500 euro netti al mese) e preferiscono vedere l’istituto commissariato piuttosto che salvare la sua autonomia. Il loro ragionamento è: chi se ne frega di chi viene dopo, tanto io la pensione l’ho già presa (pensioni che sono superiori tra il 30 e il 50% di quanto avrebbero preso con le regole dell’Inps e che paghiamo noi giornalisti attivi).
Poi c’è l’opposizione che chiede una “svolta” per l’Inpgi. Qui la situazione è ancora più paradossale. Chi oggi si straccia le vesti fino a pochi mesi fa ha condiviso ogni scelta: a cominciare dai conti dell’Inpgi, approvati per 11 anni degli ultimi 12 in Commissione bilancio, anche dagli “esperti”, e in Cda da chi fa parte oggi dell’opposizione, per continuare con gli ultimi due contratti, nel 2009 con il taglio degli scatti e nel 2014 con un aumento di appena 120 euro lordi al mese come edr.
Inoltre le decine di stati di crisi, le cui vertenze hanno visto largamente coinvolti i detrattori di oggi, sono costate centinaia di milioni di euro, riversando sulle casse dell’Inpgi le sofferenze vere o presunte degli editori italiani. Un atteggiamento notarile: non di tutti, ma spesso chi ha fatto le vertenze ha usato l’Inpgi, cioè i nostri soldi, come un bancomat per finanziare gli editori. E questo senza mai cercare un’altra strada, senza mai trovare altre soluzioni, senza mai contrapporsi in modo deciso né agli editori e men che meno al loro management, con cui alcuni sindacalisti avevano rapporti personali. A partire da Rcs. In realtà la cosiddetta opposizione oggi è così critica per essere stata tagliata fuori dalle stanze dei bottoni del sindacato dopo aver tentato, con una manovra maldestra, di conquistarne il vertice senza avere il consenso. Non a caso, tutte le critiche all’Inpgi sono giunte dopo il riassetto ai vertici del sindacato.

NON C’È PREVIDENZA SENZA LAVORO
Credo che sia evidente a tutti che se continuiamo a mettere in pensione i colleghi senza fare nuovi contratti e attivando nuove solidarietà o casse integrazioni la situazione non potrà reggere per molto. È una semplice questione di aritmetica: se entrano meno soldi di quanti ne escono il sistema non tiene. Per questo è importante che votiate i candidati del gruppo “L’Inpgi siamo noi 2016” in modo che si possa, con un’azione sinergica Fnsi/Inpgi, cercare di portare fuori dalle secche il giornalismo italiano e il nostro istituto previdenziale, mantenendo un sistema di prestazioni comunque migliore di quello garantito dall’Inps e di cui i nostri pensionati stanno già godendo.

Domenico Affinito

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Marcello Zinola: perché pensionati, attivi (dipendenti e lavoro autonomo), precari e senza lavoro possono essere uniti. Dieci cose da sapere sull'Inpgi (senza mentire, sapendo di mentire)

Pensionati e colleghi attivi (dipendenti e lavoro autonomo), precari e senza lavoro, possono essere uniti perché solidarietà, welfare e previdenza sono di tutti e per tutti. Ci sono dieci cose da “sapere” e tenere a mente per il rinnovo del consiglio generale dell’Inpgi e del nuovo Cda. Senza mentire sapendo di mentire.
Io sono candidato nella lista pensionati “Inpgi, siamo noi”, che unisce sotto lo stesso motto, anche i colleghi attivi e quelli del lavoro autonomo. E’ fondamentale votare sia per il rappresentante ligure nel consiglio generale (Elio Felice, Rai Genova) sia per le componenti (pensionati, lavoro autonomo, collegio sindaci di Inpgi 1 e Inpgi2 gestione separata lavoro autonomo) elette su base nazionale di cui vi unisco i nomi. Per avere una presenza ligure e una rappresentanza che prosegua nel suo rafforzamento della previdenza e del welfare.
La riforma previdenziale Inpgi è stata approvata nella sua quasi totalità dai ministeri del Lavoro e dell’Economia, salvo rimandare alla decisione del prossimo CdA la decisione sull’innalzamento dell’età pensionabile, le clausole di salvaguardia e il contributo di solidarietà (contestato in modo deprecabile per i toni e i contenuti espressi: si dimentica che i colleghi attivi contribuiscano da anni ad un fondo ad hoc per l’una tantum annuale di perequazione per le pensioni più deboli). Il nuovo CdA, in continuità con il precedente, avrà la grande responsabilità di garantire a tutti i colleghi una vecchiaia dignitosa.
Entrano in vigore dal primo gennaio le misure come l’aumento delle aliquote, la stabilizzazione dal 2017 del punto percentuale in più a carico degli editori per gli ammortizzatori sociali e i nuovi coefficienti di rendimento per il computo della pensione (al 2.33, ma attenti alle voglie ministeriali che puntavano e puntano al 2, sul modello Inps…). Si tratta di interventi che comportano per l’Istituto un impatto economico positivo di 45 milioni.
Con una vocazione al Tafazzismo negli ultimi due mesi c’è stato chi ha fatto il tifo per i ministeri, salvo poi scoprire cosa noi dicevamo da mesi. Cioè che la riforma era necessaria e che la gestione era stata corretta e favorevole ai colleghi. 
Ultimo appunto: le pensioni non sono state “tagliate” dall’Inpgi, controllate le voci relative alle ritenute e vedrete che le addizionali (spesso pesanti) le decidono i comuni e le regioni, non l’Inpgi che deve solo applicarle.

Dieci cose da sapere…

1 LE PENSIONI CI SONO, WELFARE FONDAMENTALE L'Inpgi è un istituto di previdenza sano che negli ultimi cinque anni ha dovuto affrontare una crisi senza precedenti del sistema dell'informazione e del mercato del lavoro: oltre 3000 contribuenti attivi in meno, 1000 pensionati e prepensionati in più, un aumento del 168 per cento delle prestazioni di welfare. Solo nel 2015 ben 6384 giornalisti sono stati tutelati dall'Inpgi grazie a indennità di disoccupazione, cassa integrazione, contratti di solidarietà. Tutto questo, negli anni, è stato reso possibile dal rigore e dalla correttezza di una gestione che ha sempre bilanciato i diritti e le tutele di chi è già in pensione con quelle di chi dovrà andarci in futuro. Un sistema così va difeso, a garanzia dell'autonomia professionale e della qualità della vita. Di tutti, nessuno escluso.

2 LA TRUFFA SOPAF ALL’INPGI HA RESO 14,5 MILIONI (ALL’INPGI, NON A CAMPORESE) Il procedimento sul caso Sopaf (all’Inpgi, cioè a noi, l’investimento ha reso il 7%) pendente a Milano coinvolge anche il presidente uscente Andrea Camporese a processo il prossimo 21 aprile. Chiarisco subito: ad Andrea Camporese va la mia personale amicizia dai tempi in cui era un precario e stima sulla sua onestà personale. Sono convinto della sua innocenza. E sono curioso di capire come possiamo essere stati truffati con un investimento che ha reso 14,5 mln all’istituto. Camporese non ha scelto i riti alternativi con vari sconti di pena, ma affermando la propria onestà, ha scelto il processo ordinario. Se avesse qualcosa da nascondere e non essendo un folle, avrebbe scelto questa strada o quella che comporta minori conseguenze in caso di condanna? Doveva dimettersi appena ricevuto un avviso di garanzia e lasciare l’istituto paralizzato in attesa del processo? Dovevamo farci commissariare? Garantisti con gli amici, forcaioli con gli avversari in campagna elettorale? Io credo che Camporese abbia scelto la soluzione più coerente e meno penalizzante per tutti e, con lui, il CdA. L'Inpgi è un istituto privatizzato controllato su 6 livelli: da due ministeri, Economia e Lavoro, dalla Corte dei conti, dalla Covip, dalla commissione di vigilanza parlamentare sugli enti, oltre che dal collegio sindacale interno dove ci sono sia i giornalisti sia i rappresentanti dei due ministeri e della Presidenza del consiglio. È pensabile che siamo stati presieduti da un genio del crimine che ha raggirato CdA, sindaci, ministeri, controllori? E chi oggi predica, strepita, insulta dicendo di sapere tutto, ed era (è) per esempio, nel CdA e nei sindaci, se “sapeva”, “intuiva”, tutto, perché ha taciuto? Una cosa serve ed è indispensabile al di là delle riforme: una comunicazione ancora più ampia su cosa fa l’Inpgi con un linguaggio chiaro. 

I DATI SULL’INVESTIMENTO SOPAF. Chi sostiene che il caso Sopaf ha contribuito a mettere in ulteriore difficoltà i bilanci della Gestione principale dell’Inpgi (Inpgi1) sbaglia. Gli investimenti fatti sono l’opera intelligente degli amministratori della Gestione separata (Inpgi 2). Nel 2009 l’Inpgi 2 decide di investire 30 milioni di euro in quote del FIP (Fondo immobili pubblici) che vengono acquistate dalla Sopaf. L’investimento, in sei anni, ha fruttato 14,5 milioni di euro netti, pari a circa il 7 per cento netto annuo. Un ottimo risultato: complessivamente, il rendimento delle quote FIP nel periodo è stato pari al 54 per cento. Questa è un’ulteriore conferma dell’oculata gestione degli investimenti da parte dell’Istituto: sia per quanto riguarda la Gestione Inpgi 1, sia nel caso delle quote del FIP acquistate da Inpgi 2. L’indagine: nel 2012, dopo la richiesta di fallimento di Sopaf da parte di Unicredit, il pm, tra gli altri, contesta il reato di truffa per un importo di 7,6 milioni di euro perché ritiene che abbiano danneggiato l’Inpgi.

3 I PENSIONATI AL LAVORO Si parla molto di solidarietà. Bene, pratichiamola. Il contributo di solidarietà per cinque anni deciso dall’Inpgi e rinviato dai ministeri controllanti era di poche decine di euro sulla media delle pensioni erogate e saliva nettamente per quelle oltre i 90-100.000 euro. Sia chiaro, chi gode di queste consistenti pensioni non ha rubato nulla, ha goduto di un sistema più premiante. Ma dire oggi no alla solidarietà è un insulto a chi sopravvive o non vive, rispetto a una categoria e un Ordine nazionale che si ostina a tenere nelle sue liste di iscritti migliaia di persone che non hanno mai aperto una posizione previdenziale. Chi va in prepensionamento o pensione, oggi avrebbe ancora molto da dire nella professione, ma non si può tollerare che continui a lavorare addirittura in redazione o con forme di collaborazione. Il sistema oggi vigente del cumulo pensione-lavoro va rivisto radicalmente affinché non sia conveniente per le aziende che speculano su questo e non sia penalizzante, come oggi accade, per precari e disoccupati.

4 IL SERVIZIO ISPETTIVO, LE AMNESIE DEI COLLEGHI Il servizio funziona e va rafforzato perché rappresenta un “investimento” per il nostro istituto e perché fa un lavoro complesso e non semplice. Nel 2015 sono stati regolarizzati oltre 143 colleghi grazie alle ispezioni, (compresi web, uffici stampa pubblici e privati, sportivi, radiotv private). Ma occorre che i CdR, le associazioni di stampa regionali, segnalino i casi e, soprattutto, che i colleghi (capi compresi…) non girino la testa dell’altra parte oppure vengano colpiti da totale amnesia quando sono chiamati a testimoniare, di fronte agli ispettori Inpgi o nella causa in tribunale. Spesso sono i migliori alleati, con le loro paure, di chi non rispetta le regole.

5 L’EX FISSA “NON SONO MISERABILI BRICIOLE”  Chi lo dice mente sapendo di mentire. Il fondo dell’ex fissa (quello sì) era sull’orlo di un crac da centinaia di milioni (il fondo non è alimentato da soldi Inpgi ma dai contributi a carico degli editori). L’accordo (non una regalia) dopo l’ultimo aggiornamento contrattuale ha previsto un prestito Inpgi alla Fieg con una revisione del sistema ex fissa per tutti, con un tetto massimo uguale per tutti e il pagamento rateizzato (iniziato nel 2015) agli oltre 1200 colleghi in lista di attesa. L’Inpgi per la ex fissa svolge il solo ruolo tecnico di pagatore. Era meglio lasciare lo “sprofondo” rosso, non riformarla, e cancellarla per tutti?

6/7 WELFARE, MEGLIO INPGI O INPS? PENSIONI MEGLIO INPGI O INPS? C’è chi sostiene che l’istituto non può permettersi di erogare welfare e pensioni (future) superiori al sistema Inps. È un concetto solidaristico strano ovvero io che ho maturato e godo di pensioni vecchio sistema mantengo quello che ho, per gli altri meglio tagliare, meglio andare all’Inps e via dicendo. Difendere l’Inpgi vuol dire mantenere e, se possibile, ampliare i confini delle tutele per tutti e non solo difendere quanto di positivo è stato possibile creare in passato. I colleghi che nel 2015 hanno ricevuto dall'Inpgi sussidio di disoccupazione, cassa integrazione e solidarietà sono stati 6.384: il 168% in più rispetto al 2010. Il dato spiega ulteriormente la crisi del nostro settore.

8 IL PATRIMONIO, ESSERE INQUILINI NON VUOL DIRE AFFITTOPOLI Davvero curioso come molti colleghi, parlino del patrimonio immobiliare Inpgi che rappresenta e rappresenterà ancora un elemento di garanzia per l’istituto e per tutti noi. Il patrimonio è la principale garanzia delle pensioni future. La gestione ha garantito negli ultimi otto anni rendimenti per 500 milioni di euro. Non artifici contabili ma risorse vere e un argine autentico all'impatto della crisi. Anche la solidità finanziaria è un valore. Da un lato si grida contro la riforma della gestione, dall’altro si sostiene che agli inquilini giornalisti (testuale) “sono praticati affitti da usura” mentre vari alloggi sono sfitti. L’essere inquilini Inpgi vuol dire pagare l’affitto, avere la garanzia che non ci sarà mai uno sfratto (a meno di essere reiteratamente morosi). Ma essere iscritti Inpgi non vuol dire godere di alloggi a prezzo “politico”, possibilità di acquisto con prezzi altrettanto “politici”. Se così fosse non ci sarebbe più patrimonio, ma una bella affittopoli. Il prossimo CdA dovrà affrontare la parziale dismissione del patrimonio immobiliare (imposta dalla legge). Sarà giusto tutelare i colleghi più deboli, ma servirà una valorizzazione del patrimonio, con un piano di reinvestimenti della liquidità che tenga conto delle necessità future.

9 LE SPESE DI GESTIONE E LA RIFORMA DELL’INPGI Il presidente, il CdA, il consiglio generale guadagnano troppo? I compensi ai vertici (già ridotti) possono/debbono essere ancora rivisti, ma senza demagogia: chi risponde come presidente e come amministratore di ogni decisione ha diritto ad essere tutelato e pagato anche come indennizzo parziale o totale rispetto alla carriera o attività professionale che lascerà per il periodo del mandato. Risparmi ulteriori ce ne sono già stati: il 10% sulle voci di spesa con la "centrale unica di acquisti" per tutte le forniture Inpgi. Il contratto integrativo dei dipendenti Inpgi con un aumento del + 0,1%. Il compenso dei giornalisti amministratori - già dimezzato per chi ha redditi da pensione o da lavoro, dipendenti o free lance - è stato tagliato di un ulteriore 10% . I membri del CdA hanno da tempo rinunciato al gettone di presenza per le riunioni delle Commissioni. Le elezioni 2016 costeranno meno delle (tagli alle spese notarili, per gli scrutatori). Le contestate raccomandate per i certificati elettorali? Ne sono state spedite 51.431 con aziende alternative alle Poste: risparmiati 137.000 eu perché solo 2.100 iscritti hanno comunicato la propria mail certificata (pec) benché richiesta dall’Inpgi. LA RIFORMA DELL’ISTITUTO, compreso lo statuto, è necessaria: ma attenzione a salvaguardare la rappresentatività di tutte le regioni nel consiglio generale. Ruolo di CdA e presidente, numero commissioni, saranno rivisti? E’ possibile, purché da un lato non si voglia un presidente lasciato “solo” a fronte delle responsabilità più grandi, per avere dall’altro la scusa per delegittimarlo se qualcosa non ci sta bene. I SOLDI ALLE ASSOSTAMPA L’Inpgi oltre che sostenere, con iniziative proprie o in collaborazione alla Fnsi, seminari di aggiornamento e formazione, eroga contributi alle assostampa regionali? È vero, e la realtà è questa: tali contributi servono per coprire le spese che ogni associazione sostiene (in ragione nel numero di iscritti all’Inpgi che sono di più di quelli iscritti al sindacato) per l’ufficio di corrispondenza dell’Inpgi per le vertenze, procedure pensionistiche, ispettive, eventuale patrimonio immobiliare eccetera. Diversamente l’Inpgi dovrebbe aprire in ogni regione un proprio ufficio con propri impiegati: costerebbe molto di più. È lo stesso modello seguito dalla Casagit.

10 LA CRISI, I “REGALI” AGLI EDITORI? SI CHIAMANO SGRAVI, NEL 2015 VALGONO 800 POSTI DI LAVORO La politica degli sgravi contributivi non è stata un regalo agli editori, ma una scelta che ha premiato e che è stata possibile solo grazie al sistema di gestione dell’Inpgi oltre che dalla collaborazione con il sindacato e l’ltimo accordo che comporta la partecipazione pubblica. Nel 2015 sono state 850 le assunzioni con gli sgravi previdenziali: di queste 150 hanno riguardato la trasformazione da tempo determinato della Rai, 250 altre trasformazioni da td a tempo indeterminato, 450 invece le nuove assunzioni.

Marcello Zinola 

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L'Inpgi siamo noi: contributi alle Associazioni regionali di stampa, una polemica pretestuosa

Secondo le varie mini liste di opposizione una delle cause della crisi dell''inpgi sarebbe il “rapporto malsano” con il sindacato dei giornalisti, in particolare le erogazioni alle Associazioni regionali di stampa. Spiace constatare per l'ennesima volta una grave falsificazione della realtà e scopi puramente elettorali venati da una vocazione antisindacale, a prescindere.
Innanzitutto le 20 associazioni stampa hanno precise convenzioni per cessione servizi con Inpgi e Casagit per fare sportello agli assistiti. I contributi vengono erogati dagli istituti a questo scopo. Decine di migliaia di giornaliste e giornalisti si servono degli uffici di corrispondenza tutti in giorni. Qualche dato certo: le cosiddette erogazioni avvengono su precise rendicontazioni delle spese per il servizio reso agli associati dell'Inpgi. Il Cda, proprio su indicazione del Collegio sindacale del febbraio 2010, ha messo a punto un sistema molto rigido di controllo sui rendiconti delle Ars. - Per chi non lo sapesse, i verbali del Collegio sindacale finiscono ai ministeri e alla Corte dei Conti. I membri del Collegio giornalisti eletti e funzionari indicati dei ministeri vigilanti non potrebbero essere leggeri, e infatti non lo sono, su queste cose anche perché risponderebbero personalmente in caso di dolo o colpa grave ai danni dell'Istituto. I due milioni 166 mila euro complessivi (peraltro su un bilancio di oltre 400 milioni e oltre a 2 miliardi di patrimonio) erogati per il 2015 agli uffici di corrispondenza delle 20 associazioni di stampa sulla base di parametri (coefficiente di ponderazione, variabile temporale, valore minimo di efficienza) precisi e vincolanti (le relazioni sulle spese sono controfirmate dai fiduciari dell'Inpgi) figurano ovviamente nei bilanci delle Arss che sono a loro volta certificati. Tutte le spese vengono rendicontate e messe a disposizione degli uffici dell'Inpgi e del Collegio per i controlli del caso. Quindi non vi è alcun finanziamento e rapporto malsano tra Inpgi e Sindacati regionali di stampa, ma un normale rapporto economico tra soggetti, per cessione servizi ad un a platea complessiva tra gestione principale (28 mila attivi più 6 mila pensionati) e gestione separata (40.000) di circa 60 mila giornalisti (considerando che circa 14 mila sono iscritti ad entrambe le gestioni). Chi si serve dei servizi resi dalle strutture delle Associazioni regionali di stampa dedicate all'Inpgi 1 e Inpgi 2 sa benissimo di cosa stiamo parlando. Altro che finanziamento occulto del sindacato. Lì si lavora, ed è un insulto a tutto il personale tecnico alludere a poca trasparenza quando si parla dei servizi Inpgi sul territorio. Sul piano politico poi va rilevato che sono le parti sociali a sottoscrivere i contratti di lavoro e che anche per l'Inpgi la ripresa dell'occupazione è vitale e per questo assolutamente fondamentale un rapporto con le parti sociali che proprio in queste settimane peraltro stanno trattando il rinnovo del contratto di lavoro Fnsi-Fieg che ha come punto strategico l'occupazione e l'inclusione nel contratto di larghe fasce di precariato e lavoro parasubordinato. L'Inpgi è soggetto totalmente autonomo, ma un rapporto con la Fnsi, che siede con il suo massimo rappresentante in Cda, su obiettivi strategici come l'occupazione resta fondamentale.

L'Inpgi siamo noi 

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Guido Bossa a Pierluigi Franz: capriole, tapiri e amnesie

Il collega Pierluigi Roesler Franz, che ha tante riconosciute qualità ma purtroppo non il dono della sintesi, spende la bellezza di 14.182 battute (spazi compresi) più ben undici allegati per elencare minuziosamente le “capriole” che avrei fatto negli ultimi quattro anni da presidente dell’Unione Nazionale Giornalisti pensionati, assegnandomi perciò, bontà sua, il tapiro d’oro. Dimentica di ricordare che i documenti dell’Unione che cita, e segnatamente quelli relativi all’esame della manovra di riforma della previdenza adottata dal CdA dell’Inpgi, sono stati sempre condivisi dalla stragrande maggioranza del nostro Consiglio nazionale (l’ultimo, quello presentato da me dopo il varo della riforma, ha addirittura ottenuto l’unanimità). Dunque, se le cose stanno così, e a Franz non mancano gli strumenti per verificarlo, in questi quattro anni all’Ungp non c’era solo un clown che faceva le capriole, ma un intero circo equestre. Ma vorrei rassicurare Franz e tutti i pensionati: i dirigenti dell’Unione Nazionale Giornalisti Pensionati non sono dei pagliacci ma persone serie e responsabili e, posti di fronte alla gravità della crisi che la professione attraversa, hanno discusso, anche animatamente, e poi hanno deciso sempre con consapevolezza e competenza. La dialettica fra di noi non manca, come non mancano i momenti di conflitto e, per fortuna, le scelte ponderate. Il dissenso ha diritto di cittadinanza e di espressione. Ora, se dovessi rispondere nel dettaglio alle argomentazioni di Franz, che è stato a suo tempo anche dirigente della nostra Unione (come di tante altre cose), avrei bisogno del suo stesso spazio, ma non voglio tediare né lui né chi legge. Piuttosto mi chiedo, e chiedo a Franz: come occupava lui il suo tempo mentre io e l’intero Cn dell’Unione pensionati facevamo le capriole? Già, perché se io negli ultimi quattro anni ero presidente dell’Ungp (eletto da due congressi) lui negli ultimi otto faceva il sindaco  dell’Inpgi e oggi concorre per un terzo mandato in competizione, tra gli altri, con il sottoscritto (e questo spiega  forse meglio di ogni altra considerazione la sua intemerata). Ora non mi risulta che in questi otto anni, mentre i conti dell’Inpgi andavano a catafascio e le nostre pensioni venivano messe a rischio da una gestione irresponsabile (come Franz e quelli che corrono con lui alle elezioni denunciano), il nostro abbia fatto uso del ruolo istituzionale che svolgeva a via Nizza per fermare il declino o quanto meno per denunciare nelle sedi competenti i rischi cui si andava incontro e le responsabilità, con nomi e cognomi. Sì, certo, Franz non ci ha mai fatto mancare il contributo della sua pubblica e notoria prolissità (tutti ne abbiamo memoria), ma non è questo il punto. Quel che si vorrebbe sapere, dal sindaco uscente e ricandidato (lui, sì, per il terzo mandato) è come abbia esercitato le sue funzioni di cane da guardia dei conti e della moralità dell’Ente nel Collegio sindacale di cui ha pur fatto parte per tanti anni, mentre il Consiglio Generale, il Consiglio di Amministrazione e il Comitato amministrativo della gestione separata spadroneggiavano alle nostre spalle. Leggo i riferimenti normativi citati dallo Statuto dell’Inpgi (Franz aveva competenza anche su questi): “Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società sul suo concreto funzionamento”; ed ancora: “I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo”; e infine “Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari”. Leggo tutto ciò e mi chiedo: c’è traccia di questa occhiuta, doverosa vigilanza nell’attività meritoriamente svolta da Franz negli otto anni della sua partecipazione ai lavori del Collegio sindacale dell’Inpgi”? E se c’è, perché i giornalisti italiani iscritti all’Istituto non ne sono mai stati informati? Il Collegio redige verbali, delibera, vota? Eventuali opinioni in dissenso vengono registrate? Come assume, svolge e rende pubbliche le proprie responsabilità di controllo sugli atti? Come comunica con gli iscritti? L’elenco delle legittime domande si potrebbe allungare, anche in riferimento a fatti che, come si dice in gergo, “sconfinano nel penale”, e sui quali il Collegio pure aveva competenza; ma io la finisco qui perché mi sono ripromesso di essere breve. Però non mi si risponda invocando un presunto obbligo di riservatezza dei componenti del Collegio sindacale dell’Inpgi, perché se un giornalista si appella alla riservatezza è meglio che cambi mestiere, se è in tempo per farlo. Almeno per la componente giornalistica (di questa parlo) i Sindaci non sono come quei bravi genitori che accompagnano i bambini al circo per farli divertire con le capriole dei clown. Sono pagati (perché sono pagati) per far ben altro.

Guido Bossa, Presidente Unione Nazionale Giornalisti Pensionati
Candidato per il Collegio sindacale dell’Inpgi

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Antonio De Vito: ecco perché l’Inpgi ha sbagliato

Ormai è assodato, l'Inpgi ha commesso un errore ipotizzando un prelievo sulle pensioni in essere per mettere in equilibrio i conti dell'Istituto di previdenza dei giornalisti.
Altro che solidarietà intergenerazionale....
Con una comunicazione del 3 febbraio 2016  i ministeri del Lavoro e dell’Economia hanno approvato soltanto in parte la manovra del Cda dello scorso 27 luglio.
Ma la lettera inviata all’Inpgi non è per niente rassicurante: "Restano aperti e sospesi una serie di interventi previsti dalla delibera del Consiglio di amministrazione.... eta' pensionabile, pensioni di anzianità e clausole di salvaguardia connesse.
E il prelievo sulle pensioni?
Ecco il giudizio dei ministeri. Il contributo straordinario a carico dei pensionati è “ritenuto coerente con il Bilancio tecnico afferente alla normativa di settore, ma controverso sul piano giuridico e passibile di contenzioso”. Conclusione: non approvato.

UNA BOCCIATURA EVIDENTE!

Impongono i ministeri: sulle misure contenute nella riforma e non approvate , l ’Inpgi  "sviluppi in tempi brevi ulteriori riflessioni e approfondimenti, in funzione di una maggiore incisività dei loro effetti, "anche in considerazione dei requisiti decisamente più stringenti in vigore per il sistema pubblico, per l'accesso ai trattamenti pensionistici e per le relative modalità di calcolo".
Tradotto: occorrono misure più severe, datevi da fare altrimenti non ne uscite.
Il prossimo Cda dell’Inpgi che uscirà dalle elezioni del 22-28 febbraio avrà molto da discutere e decidere, per il futuro della previdenza dei giornalisti.
I nuovi dirigenti vorranno riproporre il prelievo? Bisogna dire NO con il voto.
Vota chi si è sempre opposto e si oppone  al prelievo, BOCCIATO  dai ministeri!
Vota i candidati pensionati: De Vito , Bartoloni,  Chiodini,  Corti,  Giacomini,  Marcozzi.

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Lista Corsara: bocciato senza se e senza ma il prelievo forzoso sulle pensioni

Respinto al mittente Cda dell'Inpgi il tentativo di prelievo forzoso sulle pensioni che costituiscono un diritto consolidato e intangibile dei giornalisti. E’ un no che premia anche il nostro. Perchè no senza se e senza ma sostenuto fin dalle prime minacce.
Il prelievo bocciato come "controverso sul piano giuridico e possibile di contenziosi". Questo é il verdetto finale dei ministeri vigilanti (Economia e Lavoro) che si sono palleggiati per oltre 6 mesi la cosiddetta riforma dell'Inpgi. Ogni altra interpretazione é capziosa e strumentale. Il perché della bocciatura racchiude i nostri 21 perché no diffusi nei precedenti lanci (vedi www.giornalistipensionati.altervista.org).
Quanti, come noi hanno denunciato e documentato l’irregolarità di misure fuori legge, hanno il sacrosanto dovere di non cantare vittoria e di non abbassare la guardia. Intanto il presidente uscente Camporese, invece di pensare ai suoi guai giudiziari (proprio ieri è stato rinviato a giudizio per truffa ai danni dell’Inpgi), già raccomanda al suo successore di “esercitare la responsabilità di una ulteriore proposta sul versante della riduzione delle prestazioni”.  E, a ruota, i suoi consiglieri del cda scaduto, promettono di riprovarci se rieletti, anche a costo di calpestare la causa della solidarietà intergenerazionale nel peggiore dei modi: imponendola come hanno già fatto senza successo non chiedendola. Loro della lista “Siamo noi l’Inpgi”, cioè “solo noi e nessun altro”, e che candida candidamente gli amministratori uscenti come nulla fosse accaduto in questi ultimi anni, come se tutte le responsabilità dei disastri di bilancio fossero solo degli altri.

L’Inps dietro l’angolo - Suona come un campanello d’allarme l’irresponsabile trionfalismo dei vertici dell’Inpgi e dei loro sostenitori intorno ai sacrifici autorizzati dai ministeri vigilanti. Nei fatti concreti, sono scattati gli aumenti dei contributi previdenziali per giornalisti ed editori, e il ricalcolo al ribasso dei coefficienti di rendimento delle future pensioni con regole e tendenze di impianto sempre più vicine alla formula Inps. Per gli altri interventi della manovra restituiti al mittente con il compito di colpire ancora più duro i giornalisti “anche in considerazione dei requisiti decisamente più stringenti in vigore per il sistema pubblico per l’accesso ai trattamenti pensionistici e per le relative modalità di calcolo”. Traspare evidente il tentativo di spingerci passo dopo passo verso il trabocchetto dell’Inps in barba alle nostre rivendicazioni di autonomia e di garanzie di pensioni migliori. Contro corrente scopre e denuncia il tentativo di “inpsizzarci” il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso: “I richiami dei ministeri ad una maggiore uniformità con il sistema previdenziale generale rischiano di creare un danno ai disoccupati, ai cassaintegrati e ai colleghi prossimi alla pensione”.

Allerta per il sindacato - Sarebbe ora che il sindacato dei giornalisti , motore e non rimorchio dell’Inpgi, rialzasse la testa e si armasse contratto alla mano di fronte al rischio Inps, convincendosi che il nostro Istituto non si salva raschiando il fondo del barile sulla pelle dei colleghi. 1) i sacrifici della manovra sono dolorosi quanto vani senza  un rilancio dell’occupazione, senza un ampliamento del perimetro del contratto e della base contributiva previdenziale, senza inchiodare gli editori e noi stessi alla responsabilità di lavorare per la ripresa (secondo gli indici del governo pare anche nel settore multimediale). 2) Radicale riforma della legge 416 che ha consentito stati di crisi aziendali fasulle, disoccupazione generalizzata, prepensionamenti e contratti di solidarietà a raffica, stravolgendo gli assetti del bilancio Inpgi ed erodendo il monte pensione di oggi e di domani. Rimuovere lo scandaloso sperpero dei contributi figurativi e dei vitalizi regalati alla casta. Gli ammortizzatori stanno diventando un onere insopportabile e  andrebbero rimessi alla fiscalità generale come avviene in ogni altro settore del mondo del lavoro. 3) Lotta senza quartiere al lavoro nero e all’elusione contributiva. Le condizioni di illegalità diffusa inquina il mercato dell’informazione e sottrae grandi risorse.

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Giovanni Negri: Inpgi, unico argine alla crisi dell’editoria

La gestione dell’Istituto è stata fallimentare, dovete andare a casa”, tuona chi vuole la ‘svolta’ all’Inpgi. Entriamo nel merito, così i colleghi possono meglio giudicare.
Oggi i giornalisti pensionati sono quasi la metà dei contribuenti attivi all’Inpgi 1. In pochi anni si sono persi 3.000 posti di lavoro, il 15 per cento, sei volte di più dell’intero mercato del lavoro nazionale. C’è stata una crescita abnorme al ricorso degli ammortizzatori sociali: nell’ultimo anno più di 6.000 colleghi sono stati messi in solidarietà, cassa integrazione, disoccupazione. Meno occupati, più pensionati, più erogazioni per gli ammortizzatori sociali hanno appesantito di molto i bilanci. Il disavanzo previdenziale è stato meno di 30 milioni nel 2013; di oltre 80 milioni nel 2014 ed è stimato in 100 milioni nell’assestamento 2015.
Il bilancio dell’Inpgi, però, non è composto solo dalla gestione previdenziale (entrate contributive e relative uscite per pensioni e prestazioni varie): è composto anche della gestione patrimoniale. E sono proprio i rendimenti efficaci del patrimonio immobiliare ma soprattutto di quello mobiliare-finanziario, che in tutti questi anni hanno permesso di mantenere in equilibrio i conti dell’Istituto, tanto che anche nel 2015, secondo il bilancio d’assestamento, è previsto un leggero avanzo.
Va ricordato che, negli ultimi otto anni, la gestione patrimoniale dell’Inpgi ha generato rendimenti per oltre 500 milioni di euro: soldi veri, che sono serviti anche a pagare le pensioni e gli ammortizzatori sociali. Ciò dimostra che c’è stata una gestione oculata e intelligente, altro che fallimentare!
L’Inpgi è stato l’unico argine alla crisi che ha investito la categoria, dando ai giornalisti un valido sostegno: la spesa a carico dell’Istituto è stata, mediamente, di 40 milioni di euro l’anno per solidarietà, disoccupazione e Cassa integrazione, cui se ne assommano altrettanti per i contributi figurativi. Il costo totale per l’Istituto negli ultimi cinque anni è stato di circa 400 milioni di euro. Tutto questo è stato possibile grazie all’oculata gestione del patrimonio.
Ma la gestione previdenziale, in un mercato del lavoro che non riprende in modo significativo, ha reso necessaria una manovra per garantire il futuro delle pensioni. È la manovra che coinvolge anche i pensionati, ma solo in misura temporanea (per cinque anni). È stata varata dal Cda il 27 luglio 2015: non è stata votata dai rappresentanti di ‘Inpgi Futuro’ perché in disaccordo sul prelievo sulle pensioni. I loro alleati di ‘Inpgi la svolta’ sostengono che l’intervento andava fatto prima, senza dire una parola se il prelievo ai pensionati andava proposto oppure no. E poi, la manovra non è stata bocciata come si è scritto urlando, è semplicemente in attesa di valutazione congiunta da parte del ministero del Lavoro e di quello dell’Economia.
Infine la bufala dell’accusa al vertice dell’Inpgi che sarebbe stato a conoscenza del documento del Ministero del Lavoro e l’avrebbe tenuto segreto. Chi lo sostiene dimostra di non saper leggere: il documento del Ministero del Lavoro era indirizzato a quello dell’Economia, non all’Inpgi. Pensavano di avere fatto lo scoop invece hanno fatto una figuraccia.
L’Inpgi ha superato momenti difficili e ha tracciato un futuro credibile. Non sarà certo uno slogan da campagna elettorale a rendere ciechi i colleghi.

Giovanni Negri

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Inpgi siamo noi: per l’Istituto un collegio dei sindaci obiettivo e imparziale

I colleghi giornalisti sono chiamati a votare il 22, 23 e 24 febbraio prossimi via web, oppure il 27 e 28 febbraio ai seggi, secondo le modalità allegate in calce, per rinnovare gli organismi di governo e di controllo dell’Inpgi, l’istituto di previdenza di categoria che, grazie all’autonomia consentita dalla legge alle Casse dei professionisti, può erogare ai propri iscritti un insieme di prestazioni e servizi largamente migliore rispetto a quello garantito dal sistema previdenziale pubblico. Per questa scadenza elettorale vanno tenute presenti tre considerazioni. La prima e più importante è quella di partecipare attivamente al voto, considerando l’appuntamento non come un fastidio, ma come un contributo personale, irrinunciabile e non delegabile rispetto alle scelte che riguardano le nostre pensioni, perché l’Inpgi siamo noi, dal praticante al pensionato, e le soluzioni ai problemi di oggi e di domani si possono trovare solo collettivamente, senza egoismi o steccati corporativi. 
La seconda cosa da osservare è che chiunque, di fronte alle innegabili difficoltà del periodo, proponga soluzioni miracolistiche, fughe in mondi diversi o svolte pericolose fa solo demagogia, parlando alla pancia di una categoria impoverita da otto anni di carestia. La soluzione strutturale al travaglio del nostro sistema previdenziale arriverà solo con una piena ripresa del ciclo economico e, in primo luogo, dell’occupazione, falcidiata dal 2008 in poi da una crisi senza precedenti.
Non c’è previdenza senza lavoro. Ciò non significa, però, che si debba attendere il futuro senza promuovere politiche attive di sostenibilità del sistema previdenziale, come saggiamente è stato fatto con la proposta di riforma varata nel luglio scorso dal consiglio d’amministrazione uscente. Questa riforma non è stata affatto bocciata dai ministeri vigilanti e potrà forse essere migliorata, ma certamente non va affossata, perché chi demolisce sa lavorare solo con le macerie, ma il nostro sistema previdenziale per fortuna non è in macerie e sta, anzi, cercando di affermare le condizioni per raggiungere un nuovo e diverso equilibrio, che i tempi impongono. La terza cosa da tenere presente è che, accanto ai futuri amministratori, che dovranno interpretare le linee di governo, sarà fondamentale poter contare su un collegio sindacale in grado di svolgere le proprie funzioni di vigilanza con oggettività, terzietà e imparzialità, senza invasioni di campo di natura politica o correntizia. Il collegio sindacale, infatti, ha compiti di controllo di legittimità degli atti e assolve, quindi, a una funzione tecnica delicata, che è di garanzia per tutti i colleghi. Per questo, a maggior ragione nel caso di un collegio di vigilanza, i proclami di svolta di tanti improvvisati rottamatori sono solo lanci fumogeni, che è necessario tenere fuori dal terreno di confronto sulle reali problematiche delle pensioni dei giornalisti. 
Per questo L'Inpgi siamo noi sostiene i candidati:
Guido Bossa
Savino Cutro
Elio Silva
Giuseppe Mazzarino


Nella lista dei pensionati vi chiediamo di votare:
Guido Bossa, Marina Cosi, Enrico Ferri de Lazara, Giuseppe Gulletta, Giovanni Negri, Paolo Serventi Longhi, Anna Lucia Visca, Marcello Zinola.

Per i colleghi che votano anche nella gestione separata: 
per il Comitato amministratore Inpgi 2: Nicola Chiarini, Stefania Di Mitrio, Massimo Marciano
per il Collegio dei Sindaci Inpgi 2: Stefano Maria D. Gallizzi

Assicuratevi di essere già in possesso del codice iscritto, necessario per esprimere le preferenze on line. Al link seguente tutte le istruzioni per il voto: http://www.inpgi.it/?q=node/1391
 

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Umberto Nardacchione: buonsenso e fiducia per uscire dalla crisi

Mi presento, mi chiamo Umberto Nardacchione e sono un pensionato come te. Sono candidato alle prossime elezioni dell'Inpgi. Il mio sarà il programma del buonsenso. Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere i problemi dell'Inpgi che sta pagando a caro prezzo sette anni di una crisi occupazionale senza precedenti, anche se cominciano ad avvertirsi i primi  segnali di ripresa. L'Istituto di Previdenza dei Giornalisti in questi anni difficili è stato a fianco dei giornalisti in difficoltà e si è fatto carico di circa duemila prepensionamenti e di centinaia di contratti di solidarietà. Ed ha pagato centinaia di sussidi di disoccupazione ed altrettanti di cassa integrazione.
Prima ho accennato  all'inversione di tendenza occupazionale. Ed il segnale  di crescita è consistente. Duemiladuecento assunzioni, dato non ancora definitivo e quindi suscettibile di ulteriore aumento, riportano sopra l’asticella dei sedicimila i giornalisti che versano contributi all’Inpgi. Il ruolo fondamentale per la ripresa sono stati gli sgravi contributivi sulle nuove assunzioni: 870 le domande presentate dalle aziende di cui 250 di trasformazione di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. In attesa del parere dei Ministeri vigilanti sulla riforma, l’Inpgi incassa dunque un segnale di crescita che potrebbe essere un’ulteriore spinta per risalire la china della crisi, nel segno della sostenibilità e della solidarietà all’interno della categoria. Non mi dilungo in altri proclami velleitari. L'Inpgi è solido. E lo sanno i duemila colleghi che ora sono diventati pensionati, proprio grazie alle spalle forti che l'Istituto Previdenziale ha costruito in tutti questi anni. Cari colleghi, la libertà di stampa si costruisce anche con un Inpgi forte. Ed io, come gli altri colleghi della lista che sostengo,  crediamo fermamente, ora che si intravede la luce in fondo al tunnel, che sia giunta quell'inversione di tendenza come sta già avvenendo in altri settori economici italiani.

Umberto Nardacchione

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Inpgi Futuro: dieci idee per una previdenza più forte

Tutelare e rafforzare l’Istituto di previdenza dei giornalisti è la sfida di Inpgi Futuro, la lista che concorrerà dal 22 al 28 febbraio 2016 alle prossime elezioni per il rinnovo degli organismi amministratori. Ecco il programma elettorale della lista sostenuta da Puntoeacapo, che si presenta nel Lazio e in altre importanti regioni per i giornalisti attivi e in tutta Italia per gli altri organismi.

1. AUTONOMIA DELL' INPGI DALLE PARTI SOCIALI
Fine del consociativismo con Fieg e Fnsi che ha affossato i conti dell'Inpgi scaricando sull'istituto i costi della crisi. Chiederemo una modifica dello statuto dell'INPGI che escluda le parti sociali dalla gestione dell'ente e punti a una dirigenza autonoma, responsabilizzata, nonché dall'alto profilo professionale. D'ora in avanti, qualunque decisione assunta dalle parti sociali che riguarda l'INPGI non potrà trovare applicazione se non sarà stata approvata anche dagli organi dirigenti dell'ente e non godrà di una copertura finanziaria certa.

2. ALLARGARE LA BASE CONTRIBUTIVA, INCENTIVARE L'OCCUPAZIONE STABILE
Dopo la manovra di tagli del 2015, ci si dovrà dedicare al risanamento attraverso l'incremento dell’occupazione e delle entrate. È necessario, perciò, avviare un dialogo con Governo e Parlamento per una profonda revisione della normativa sull' editoria e della Legge 416/1981, a cominciare dall'aumento dell'età per i prepensionamenti. Inoltre, dovrà essere creato un Fondo sull'editoria o Nazionale per i Diritti d'Autore, in cui confluiscano le royalties mai pagate dai grandi motori di ricerca Internet che rilanciano i contenuti giornalistici altrui. Una parte di tale quota dovrà finanziare direttamente l'INPGI, che la utilizzerà per iniziative di sostegno e rilancio dell'occupazione stabile. Nello stesso tempo, sarà avviata una campagna di allargamento della base contributiva attraverso un ventaglio di iniziative. Per i giovani che accedono alla professione è inoltre necessario ripristinare un meccanismo che riduca il precariato: una soluzione potrebbe essere simile a quella che disciplinava una volta i contratti di formazione: almeno il 50% dei contratti fatti (di 18 mesi) dovevano essere trasformati poi in contratti a tempo indeterminato pena l’impossibilità di accedere ad altri contratti. In collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti, non soltanto dovranno essere riportate nell'alveo dell'INPGI tutte quelle figure (si veda il contenzioso con la Rai o il caso degli atleti-commentatori sportivi) che nei fatti svolgono lavoro giornalistico. Ma verranno anche attuate una serie di misure volte a contrastare l'evasione: è il caso dei 15.823 addetti degli uffici stampa (fonte Prima Comunicazione), per molti dei quali non c'è versamento di contributi all'Inpgi e neanche contratto da professionista. Inoltre vanno fatti controlli stringenti sui finanziamenti presenti in bilancio a favore delle imprese editoriali e previste maggiori tutele per l'istituto in caso di insolvenza degli editori.

3. LOTTA AGLI ABUSI E ALLO SFRUTTAMENTO
Inasprimento delle sanzioni civili, in base all'autonomia conferita all'INPGI dalla Legge 140/1997 in materia di omissioni e evasioni contributive, per quei datori di lavoro che dovessero mantenere in servizio con compiti di desk o responsabilità di settori informativi giornalisti pensionati già dipendenti o lavoratori in nero. Anche il giornalista in quiescenza che presta la propria opera in redazione dovrà essere sanzionato dall'INPGI per comportamento abusivo e sleale. Chiediamo anche una proroga della legge sull'equo compenso, ora in scadenza, con controlli accurati su pagamenti dignitosi dei collaboratori. Prevediamo infine l’incremento della attività di recupero degli oneri previdenziali dovuti ai lavoratori con prescrizione di 5 anni.

4. SPENDING REVIEW E RIDUZIONE DEGLI EMOLUMENTI
Avvio di una vera revisione di spesa all'interno dell'Istituto con lo snellimento del Consiglio Generale e un riequilibrio di genere, la razionalizzazione degli uffici. Drastica riduzione degli emolumenti al presidente dell'istituto (se Boeri riceve 102 mila euro dall'Inps, il presidente Inpgi non può avere oltre 350 mila euro complessivi tra compenso, contribuzione figurativa, quota Casagit e benefit vari). Vanno inoltre seriamente riconsiderati i compensi del vicepresidente (che oggi riceve oltre 44 mila euro lordi annui), del Cda, del collegio dei sindaci e dei fiduciari regionali. Questi ultimi rappresentano una clamorosa anomalia: oggi i fiduciari di Roma e Milano ricevono circa 17.000 euro annui esentasse a titolo di rimborso spese, più di un consigliere di amministrazione o di un sindaco, che hanno ben altre responsabilità: questo compenso dovrà essere parametrato a quello dei fiduciari Casagit, il cui tetto massimo non supera i 5 mila euro lordi annui. Equiparazione dei componenti del comitato amministratore di Inpgi 2 ai componenti del Cda del Fondo di previdenza complementare (gettone di presenza di circa 250 euro): oggi i compensi di Inpgi 2 viaggiano tra i 44 e i 51 mila euro lordi annui (se disoccupati) e i 22 mila euro lordi annui (se occupati), per riunirsi solo alcune volte all’anno. Dovrà inoltre essere abolito il versamento attuale alla FNSI e rivisto profondamente quello alle Associazioni Regionali di Stampa, garantendo una effettiva rendicontazione e utilizzando in alternativa i servizi per via telematica della sede centrale di Roma.

5. APPLICAZIONE DI CRITERI DI TRASPARENZA
I nostri candidati si impegnano a garantire la massima trasparenza e a evitare conflitti di interesse, sia negli organi di gestione, sia nelle scelte dell'Inpgi nei confronti degli editori, delle associazioni sindacali e della Fnsi. Si impegnano a pubblicare eventuali stipendi-gettoni a loro favore, presenze e assenze negli organi statutari, informazioni su pratiche contributive e fiscali di interesse per i colleghi, utilizzando sia Internet, sia incontri sul territorio. Occorre riformulare la delibera 11/1994 sulla pubblicità degli atti e delle delibere dell’istituto, per evitare - come accaduto anche di recente - interpretazioni che favoriscano opacità e assenza di chiarezza, come il rifiuto opposto dall'Inpgi a chi chiedeva di consultare la delibera del 27 luglio 2015 sulla riforma previdenziale e il verbale del Cda di quel giorno.

6. DIFESA DELLE PENSIONI
Immediata revoca del contributo di solidarietà varato nel Luglio del 2015 dal Cda dell'Inpgi con il voto contrario di Inpgi Futuro. Riteniamo però sia utile prevedere meccanismi di solidarietà volontari da parte di quei pensionati che riterranno di aderire. Avvio di un confronto con Governo e Parlamento per ristabilire un giusto livello di perequazione di tutte le pensioni. Rivedere al rialzo se possibile il limite di cumulo per i pensionati, a condizione di garantire la sostenibilità dei conti e il patto generazionale.

7. PIÙ EFFICIENZA NELLA GESTIONE DEGLI IMMOBILI
Intendiamo procedere sulla scelta già fatta di prevedere affitti più equi e flessibili che vadano incontro alle diverse esigenze dei colleghi. Vigileremo, inoltre, sulle procedure di alienazione di una quota del patrimonio immobiliare affinché non vengano compiuti abusi e siano tutelati sia gli inquilini, sia in seconda battuta i colleghi che non lo sono. Gli eventuali sconti previsti per gli acquisti dovranno essere applicati a tutti i giornalisti per non creare sperequazioni tra gli iscritti nella vendita di un patrimonio che è di tutti. Va infine fatta totale chiarezza sui conferimenti e sulla gestione del Fondo immobiliare G. Amendola.

8. EQUITÀ GENERAZIONALE
Parte delle risorse derivanti dalla restituzione del prestito fatto agli editori per consentire il pagamento della ex fissa dovrà essere reinvestita per promuovere una progressiva equiparazione nell’erogazione delle prestazioni tra Gestione Principale (INPGI 1) e Gestione Separata (INPGI 2). Si possono varare strumenti straordinari di solidarietà mirati a costituire un Fondo di Garanzia per prestiti a tasso agevolato, come sostegno al reddito nei periodi di disoccupazione per i co.co.co. e per i genitori in congedo per maternità e paternità;  per i colleghi che presentano denuncia di sfruttamento agli organismi competenti o attivano una vertenza dinanzi al Giudice del Lavoro. Si possono anche prevedere agevolazioni, rivolte ai precari, per l'affitto di parte delle proprietà immobiliari dell'ente previdenziale e per quei colleghi che volessero avviare cooperative di giornalisti, studi professionali associati o società di professionisti. Va inoltre intensificato il controllo sul corretto versamento del contributo integrativo di pertinenza degli editori sul lavoro autonomo.

9. ATTUAZIONE DELL'EDUCAZIONE PREVIDENZIALE
In attuazione della Legge Fornero, di concerto con il Ministero del Welfare, ci si propone l'avvio di una campagna informativa su diritti e doveri contributivi, promuovendo anche protocolli di collaborazione con i Consigli Regionali dell’Ordine dei Giornalisti e realizzando un “breviario” a beneficio di colleghi, commercialisti e consulenti del lavoro.

10. IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI
L'Inpgi dovrà avviare iniziative pilota per agevolare la possibilità - prevista dalla Legge di stabilità 2016 e dall'attività dell'ADEPP in seno all''Unione Europea - di garantire l’accesso ai Piani Operativi Regionali e Nazionali del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) anche ai giornalisti liberi professionisti, equiparati alle piccole e medie imprese.

NOI RISPETTIAMO GLI IMPEGNI
La lista di Inpgi Futuro è formata da donne e uomini d’esperienza e competenza. Non abbiamo poltrone da distribuire o cariche da elargire, ma ormai da un quindicennio con il nostro lavoro abbiamo dimostrato di riuscire a onorare i nostri programmi con efficienza, lealtà e trasparenza. Oggi ci sentiamo di poter rinnovare il nostro impegno, con entusiasmo e determinazione.

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Dimitri Buffa: se l'Inpgi tornasse a essere quello dei tempi di mio padre Giovanni

Il sistema italiano è ormai bloccato dagli egoismi e dai privilegi che pochi si sono presi ai danni di tutti in epoca di vacche  grasse quando molti per vigliaccheria e quieto vivere non si sono opposti alle prepotenze di una classe dirigente che è sotto gli occhi di tutti per inefficienza e maramalderia.
Il sistema Inpgi fino ai primi anni ’80 faceva parzialmente eccezione. Poi con l’avvento dei democristiani di sinistra e dei comunisti che hanno occupato tutto l’occupabile, estromettendo persone di gran valore come mio padre Giovanni e convincendo altre a passare la mano, dal sindacato e dall’istituto.
E’ iniziata così l’era attuale intorno agli inizi degli anni ’90. L’era dei Ceschia e dei Cescutti prima e dei Serventi Longhi e dei Camporese poi.
Per carità bravissime persone, almeno fino a prova contraria, ma certo più attente ad aumentarsi i rispettivi emolumenti, almeno nei primi tempi, che al benessere complessivo dell’istituto.
E i risultati oggi si vedono: l’Inpgi è sempre più in crisi e ipotizza di tagliare persino prestazioni come la disoccupazione nel secondo anno di percezione mentre i dirigenti non si vergognano di prendere stipendi tra i 315 mila euro l’anno  del presidente e quelli appena meno alti, in proporzione, degli altri membri del cda e del direttore generale.
Ai tempi di mio padre c’era ancora la lira, i consiglieri del cda prendevano solo il gettone di presenza mentre il presidente e gli altri dirigenti prendevano stipendi sicuramente dignitosi come imponeva il ruolo ma neanche lontanamente paragonabili a quelli di un Camporese che adesso guadagna più di Obama o di Mattarella.
Con buona pace dei limiti stipendiali per i manager degli enti di diritto pubblico, come è ancora l’Inpgi nonostante la privatizzazione del 1994, stabiliti recentemente dal governo in carica.
Per arrivare a mettere al posto che attualmente occupano tutti coloro che tengono le redini del sindacato dell’Inpgi e della Casagit, nel tempo sono stati fatti grandi regali agli editori, ad esempio pagare loro la cassa integrazione o i prepensionamenti per i finti stati di crisi con cui si sbarazzano dei colleghi anziani ed esperti per risparmiare. E’ partita così  una serie di distribuzione di cariche e prebende a tutti coloro che poi potevano manovrare il voto associazionistico che tuttora si svolge secondo regole molto discutibili quando non risibili.
Senza entrare nei particolari, moltissimi colleghi sono stati beneficiati con direzioni di giornali e tg in cambio di questi regali agli editori che adesso ci ricompensano con la fame, l’equo compenso, legge che passa con l’assenso della Fnsi, e fra poco con l’inevitabile commissariamento  dell’ Inpgi che passerà sotto le sgrinfie rapaci dell’Inps.
La privatizzazione del 1994 non fu utilizzata per amministrare meglio ma solo per aumentare gli stipendi degli amministratori. Per farla breve, adesso che le vacche grasse e medio grasse sembrano essere finite per sempre, ci troviamo una categoria dove la maggior parte degli iscritti sono sottopagati, sfruttati, disoccupati anche di lungo corso, con un pugno di privilegiati (ancora per poco) che nell’Inpgi, nell’Ordine (che ha 144 membri nella propria assemblea nazionale) e nel sindacato si tengono stretto quello che hanno e se ne fregano bellamente degli altri.
Avendo la base elettorale che li legittima nei colleghi delle grandi testate come “Repubblica”, “Corriere”, “Il Messaggero”, “La stampa”, “Il sole 24 ore” nonchè nella Rai, in Mediaset e ne La7. Tutta gente che si illude che continuerà in eterno a guadagnare bene senza accorgersi che le lettere di licenziamento stanno già partendo  anche per loro.
Per ora dicono, implicitamente e talvolta anche esplicitamente, a tutti gli altri, alla massa informe fatta di precari a vita, sfruttati e diseredati, “noi siamo noi e voi non siete un cazzo”.
Magari dicono anche loro di cambiare mestiere come ha osato fare l’ex segretario della Fnsi di fronte a un flash mob di precari nella sede del sindacato.
Intendiamoci, se pochi sono stati furbi e prepotenti, molti sono stati idioti nella non partecipazione al voto, perché in Italia basterebbe mobilitare mille giornalisti precari pofessionisti al voto per impadronirsi delle leve del comando e dimostrare di potere poi amministrare l’Inpgi, l’Ordine, la casagit e il sindacato e di saperlo fare meglio di chi li ha preceduti.
Questa categoria un po’ snob e un po’ sfigata che si vergogna dei propri interna corporis e di parlare di sé stessa, che insegue con il microfono in mano l’assessore indagato di turno ma non il proprio presidente su cui si sta decidendo un rinvio a giudizio per reti gravi, fatta salva la presunzione di innocenza e il garantismo dovuto, si è praticamente suicidata economicamente, politicamente e a livello di credibilità.
Tutte le pompose carte deontologiche di Treviso, di Roma, di Firenze che vengono fatte studiare in ridicoli corsi di formazione anche on line per sfangare burocraticamente una legge voluta dal governo Letta, o da quello Monti, a che servono se poi la maggior parte dei giornalisti si comporta proprio con i propri colleghi secondo la falsariga dell’ “homo hominis lupus”?
Tra ipocrisia, vigliaccheria, prepotenza, servilismo verso i politici e verso potentati economici, con il maggior quotidiano italiano che dimezza le proprie vendite e che attualmente è edito da banche che hanno il precipuo problema di avere la legge sulla bad bank, Europa permettendo, per non finire come Banca Etruria o peggio come il Banco Ambrosiano di Calvi, che credibilità residua è rimasta a una categoria dove fra poco il suicidio dei propri componenti più poveri sarà l’unica e ultima arma di legittima difesa?
Ci dobbiamo trasformare in tanti Jan Palach per rompere questa cortina di prepotenza di pochi e  di indifferenza di tanti?
Ecco il nostro programma per l’Inpgi potrebbe riassumersi nello slogan tragicomico “Buffa due la vendetta”, il ritorno ai tempi di gente come quell’illuso di mio padre che di professione faceva il giornalista, per passione il sindacalista e per spirito di abnegazione, per un certo periodo, il consigliere dell’Inpgi, ma senza stipendio, solo con il gettone di presenza.
A quei tempi i conti erano in equilibrio, i disoccupati la metà della metà della metà della metà di quelli attuali, i giornalisti erano seri e non delle mezze  seghe o peripatetiche (soprattutto di sesso maschile) televisive impreparate e strafottenti. I ragazzotti raccomandati come quelli che vediamo anche sulle maggiori reti italiane, pubbliche e private. Non rubavano il lavoro degli altri, non si sognavano di impossessarsi degli scoop o delle cose scritte dai colleghi senza citarli eccetera eccetera..
Per questo il primo punto di una riforma dell’istituto di previdenza passa per un “ritorno al futuro” con gente che lavori negli organi dirigenziali per passione e non per svoltarsi quattro anni a 315  mila euro l’uno.
O per arrotondare la pensione con un cinquantamila euro lordi  circa l’anno come avviene per i  consiglieri.
Adesso non ce ne sta più per nessuno, perché anche per i prepotenti che continuano ad arroccarsi nei propri privilegi a scapito della plebe che soffre la recessione sta per arrivare in fronte il boomerang: l’Italia sarà fra poco l’unica nazione del mondo in cui la libertà di stampa è stata soppressa dall’egoismo e dalla miopia degli stessi operatori del settore.
Senza bisogno di Pinochet, Erdogan, Mao Tse Tung, Videla e neanche dell’Isis.

Dimitri Buffa
@buffadimitri

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L'Inpgi siamo noi - Roma: la previdenza per una professione che cambia

“L’Inpgi siamo noi – Roma” presenta con un documento programma e candidati alle elezioni per il prossimo rinnovo degli organismi dell’Inpgi. Ecco le proposte nel dettaglio.

L’autonomia dell’Inpgi è l’autonomia della professione

Rivendichiamo nelle sue linee guida la riforma dell’Inpgi approvata lo scorso luglio con i voti di “L’Inpgi siamo noi”, ovvero la maggioranza che è stata al governo dell’Istituto, perché garantisce – insieme alla tenuta prospettica dei conti – un welfare avanzato per le giornaliste e i giornalisti, la certezza per i più giovani di una pensione futura che sarà comunque superiore del 30% rispetto a quella che (a parità di condizioni e di versamenti) eroga l’Inps, la garanzia di tutele economiche per la disoccupazione, la cassa integrazione, la solidarietà, di gran lunga maggiori rispetto a quelle pubbliche. I sacrifici che tutti siamo chiamati a sostenere servono a garanzia di un welfare che non possiamo disperdere, per riaffermare l’autonomia dei giornalisti e del nostro Istituto di previdenza attraverso un forte sistema solidaristico.

Il mercato del lavoro

Nella crisi generale del Paese anche il risanamento dell’Inpgi passa, ovviamente, dalla ripresa del mercato del lavoro: solo nuove buone assunzioni, regolari e a tempo indeterminato, possono garantire diritti a giovani colleghe e colleghi e una base contributiva più vasta in grado di garantire il futuro dei conti. L’Inpgi deve anche affrontare la profonda trasformazione in atto che sposta il rapporto ed i dialogo con i lavoratori fuori dai tradizionali luoghi di lavoro e, quindi, fuori anche dalle forme tradizionali di organizzazione del lavoro. Già oggi nuove assunzioni e regolarizzazioni possono essere facilitate dall’Inpgi attraverso gli sgravi contributivi e una azione di monitoraggio sulla correttezza dei versamenti previdenziali dei colleghi degli Uffici stampa: è quello che come Amministratori abbiamo fatto in questi anni, con 700 nuove “buone” assunzioni solo negli ultimi mesi (grazie all’aggancio con gli sgravi contributivi Inps) e con il recupero contributivo per centinaia di altri colleghi. E’ una strada da continuare a percorrere con sempre maggiore vigore nei mesi che verranno, anche attraverso contatti diretti con Confindustria oltre che con le organizzazioni degli editori. Ma ci sono altri interventi urgenti e indifferibili, da realizzare sostenendo l’azione sindacale: la trasformazione contrattuale dei co.co.co, per dare loro nuovi e più forti diritti, e l’avvio di una contrattualizzazione per le centinaia di giovani che fanno informazione sul web. Queste, nella trasformazione del mondo dell’informazione, possono essere chiavi per il futuro. Il progressivo allargamento della fascia dei diritti costituisce infatti garanzia di libertà ed autonomia nell’esercizio dell’informazione e garanzia altresì di vita e crescita dell’Inpgi, ma va contrastato allo stesso tempo in maniera netta il trasferimento del rischio d’impresa dalle aziende al lavoratore, che attacca pesantemente i conti degli istituti di categoria, in primis dell’Inpgi.

Regole nuove

All’Inpgi sono necessarie nuove regole, un nuovo Statuto per rimodernare un sistema di rappresentanza non più al passo con i tempi. Non servono più organismi pletorici e inutilmente costosi, sistemi elettorali baroccamente complessi (e altrettanto costosi), è invece necessario che la struttura di governo dell’Istituto rappresenti sempre più il nostro mondo, uomini e donne, per dare risposte alle reali esigenze di di welfare della categoria. Se nell’anno 2016 è inaccettabile che possano continuare a persistere nel concreto differenze di trattamento salariale tra uomini e donne, come continuano a testimoniare i dati contributivi Inpgi, è necessario indicare, già dall’interno dell’Istituto, un reale equilibrio di genere nelle proprie politiche e nella capacità di rappresentare le colleghe negli organi dirigenti.

Le case

Il nuovo Consiglio dell’Inpgi dovrà varare il piano di vendita di una parte del patrimonio immobiliare, come la legge impone. Come amministratori abbiamo fin qui dettato soltanto norme di salvaguardia per i colleghi socialmente più in difficoltà (per ragioni economiche, di età e per portatori di handicap), ora è necessario varare un piano di dismissione che non svalorizzi il nostro patrimonio e che insieme consenta giuste facilitazioni per quei colleghi che intendono acquistare la casa in cui abitano. Un passaggio delicato ma di grande rilievo per la vita dell’Istituto, che deve garantire la liquidità necessaria al difficile momento economico ma soprattutto una ridistribuzione del patrimonio – cioè dei soldi dei giornalisti italiani – per la sua massima valorizzazione.

Meno tasse sul risparmio previdenziale

La legislazione italiana, rispetto a quella degli altri Paesi europei, è particolarmente vessatoria nei confronti del risparmio previdenziale delle Casse autonome: i nostri contributi subiscono ripetute tassazioni, il patrimonio – frutto di quei contributi – è soggetto alle stesse percentuali di prelievo fiscale di quello di una qualunque azienda destinata a fare profitti. Le pensioni, pertanto, sono più basse di quello che potrebbero essere e i conti dell’Istituto più faticosi. E’ necessario su questo proseguire – di concerto con le altre Casse di previdenza privatizzate – il confronto già avviato con il Governo, con il Parlamento, per una legislazione più giusta. E’ necessario, in mancanza di interventi favorevoli, richiedere un intervento europeo visto soprattutto l’impulso dato dalla Commissione europea alla liberalizzazione delle professioni.

Pensioni più eque

I giornalisti pensionati sono stati in larga parte penalizzati negli ultimi anni dal blocco della perequazione dei trattamenti in relazione all’aumento del costo della vita. E’ necessario assumere tra le priorità la definizione di trattamenti equi e non punitivi in ambito previdenziale anche attraverso lo strumento di aliquote fiscali agevolate per questo tipo di redditi come avviene in numerosi paesi europei. L’iniziativa prevista dal contratto sin dal 2008 di istituzione del Fondo di perequazione va rafforzata, confermando la capacità di solidarietà della categoria, ma questo non risolve la questione e non esonera quindi la responsabilità di intervento dello Stato.

Senza Inpgi niente ex-fissa

L’Inpgi deve continuare a garantire l’erogazione del prestito a Fnsi e Fieg, responsabili degli accordi contrattuali, per l’indennità ex-fissa nelle forme concordate.

Trasparenza e comunicazione

Il rapporto tra i colleghi e l’Ente deve essere più diretto ed interattivo, anche attraverso la piattaforma web. Le soluzioni si possono trovare nelle idee di tutti, nello scambio di informazioni. La conoscenza a proposito del nostro Ente di previdenza è piuttosto superficiale tra gli iscritti. Informare, informarci, sapere quello che succede alle colleghe e ai colleghi in tutta Italia, sicuramente aiuta a trovare soluzioni. Così come è fondamentale per tutti quei colleghi che lavorano autonomamente e che sono fuori da luoghi di lavoro condivisi avere un luogo – quantunque virtuale – di incontro con le esperienze degli altri. Di tutti.

I nostri candidati

Su questo programma chiediamo il tuo voto per le colleghe e i colleghi di Roma: Silvia Garambois, Mauro Lozzi, Antonella Marrone, Vincenzo Piegari, Giovanni Battista Todini, detto Gianni

Come l’”Inpgi siamo noi – Roma” sosteniamo inoltre, per il collegio dei sindaci: Guido Bossa, Savino Cutro, Elio Silva, Giuseppe Mazzarino.
Per le colleghe e i colleghi che votano anche per i rappresentanti del Comitato amministratore della gestione separata i seguenti candidati: Nicola Chiarini, Stefania Di Mitrio, Massimo Marciano. Per il sindaco della gestione separata: Stefano Gallizzi.

Sosteniamo inoltre i candidati pensionati: Guido Bossa, Marina Cosi, Enrico Ferri de Lazara, Giuseppe Gulletta, Giovanni Negri, Paolo Serventi Longhi, Lucia Visca, Marcello Zinola.

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Ezio Chiodini: le riforme da fare subito

Premesso che l'Inpgi è un istituto di previdenza che ha il compito di incassare contributi e di pagare pensioni e non è un'azienda commerciale né industriale, deve, di conseguenza, proteggere il patrimonio costituito con i soldi dei giornalisti italiani e difenderlo non arrischiandosi in attività speculative e gestendolo con oculatezza e attenzione, pertanto:
1) Amministratori e sindaci devono svolgere la propria funzione con spirito di servizio e non con l'idea di percepire prebende e conseguire vantaggi. Per cui, ad amministratori e sindaci dev'essere riconosciuto solo un gettone di presenza, ad eccezione del presidente che ha la rappresentanza legale dell'ente. Il quale, però, non potrà percepire un compenso superiore a quello del presidente dell'Inps, che è meno della metà di quello incassato dall'attuale presidente Inpgi.
2) Va varata una seria e decisa spending review, al fine di ridurre le esorbitanti spese gestionali dell'istituto.
3) Vanno eliminate le commissioni, poichè la gestione dev'essere completamente affidata ai consiglieri, già in numero eccessivo rispetto alle necessità.
4) Vanno eliminate tutte le spese, le elargizioni e le liberalità che non hanno attinenza con l'attività previdenziale.
5) Inpgi2 dev'essere una branca di Inpgi1, così come avviene all'Inps, pur avendo, ovviamente, una contabilità e una gestione separate. I consiglieri di Inpgi1 possono benissimo gestire anche Inpgi2.
6) Va studiata l'opportunità di creare sinergie logistiche e amministrative con Casagit, al fine di ottimizzare le spese reciproche. Il che consentirebbe, per esempio, di avere un solo ufficio Inpgi-Casagit nelle regioni, con notevoli risparmi per i due enti.
7) Va costituito un comitato auditing (controlli) che, senza aggravio di spese, sia di ausilio a Cda e collegio sindacale. Gli auditors non avranno competenze gestionali ma soltanto di controllo su tutte le obbligazioni e/o i contratti dell'istituto. Potranno rivolgersi direttamente, per il loro lavoro, preventivo e successivo, di indagine, direttamente alla struttura amministrativa dell'istituto.
8) La trasparenza della gestione non può essere un optional bensì un principio cui tutti, amministratori e sindaci, debbono attenersi. Sia per motivi deontologici, sia in virtù di una legge che lo impone. L’inpgi dev’essere un casa di vetro, non un covo opaco.
Queste le cose da fare subito. Nel contempo, va subito impostata una seria analisi amministrativa-economica-giuridica che, in non più di tre mesi, accerti il reale stato di salute dell’istituto e il suo consolidato disavanzo, al di là degli imbellettamenti formali dei conti, che servono solo a trarre in inganno. Vanno analizzati non solo i conti ma anche gli impegni contrattuali in essere.
Ciò servirà a definire una vera diagnosi e a predisporre le terapie necessarie sulle quali dovranno esprimersi tutti i giornalisti soci dell’istituto e non le cosiddette parti sociali Fnsi e Fieg. Perché l’Inpgi è dei giornalisti italiani e non deve più essere (com’è stato finora, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti) una mucca da mungere da parte del sindacato e degli editori e neppure una diligenza da assaltare da parte dei soliti cacciatori di prebende.

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Gianluigi Corti: mi candido per tutelare le case Inpgi

A fine febbraio sono previste le elezioni dell’Inpgi per il nuovo consiglio di amministrazione che dovrà dare una grossa svolta all’istituzione per salvarla dal baratro: personalmente sono candidato – con la designazione del Gruppo Giornalisti Pensionati della Liguria che presiedo – nella lista nazionale dei pensionati per il consiglio di amministrazione dell’Istituto.
Se non hai nulla in contrario o controindicazioni particolari ti chiederei il tuo voto per raggiungere la meta.
Un traguardo difficile ma che mi vede impegnato al massimo. Con l’intento di essere veramente a disposizione dei colleghi (come ho sempre fatto) e, in particolare, per il problema delle case Inpgi che stanno per essere vendute e molti di noi potrebbero trovarsi in serie difficoltà.

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Antonio De Vito:  i venti punti per difendere l'Inpgi e le nostre pensioni

1)   E’ necessario difendere l’Inpgi in un periodo di difficoltà, che  si annuncia ancora più difficile nei prossimi anni.
2)   Nella riforma varata nel luglio scorso dal Consiglio di amministrazione, ancora in attesa di approvazione da parte dei ministeri vigilanti, gli amministratori uscenti hanno inserito un prelievo forzoso per cinque anni sulle pensioni che percepiamo. Non va bene.  NO al  PRELIEVO, anche se la riforma è necessaria.
3)   I  pensionati sono stati penalizzati negli anni passati per la mancata perequazione, le  pensioni perdono potere di acquisto, sono tartassate dallo Stato e da Regioni e Comuni.
4)   La mancata perequazione è stata incamerata totalmente dall'Inpgi, VENTI milioni di euro, (che saranno raddoppiati fino al 2018). E’STATA UNA CORPOSA SOLIDARIETA’DI CATEGORIA DA PARTE DEGLI ANZIANI.
5)   La solidarietà fra generazioni è necessaria. Ma per solidarietà non si devono tagliare in via amministrativa  le pensioni in essere: è questione di merito e di principio. I pensionati contribuiscono già in modo pesante al welfare famigliare, aiutando figli e nipoti. Altro che pensioni d’oro.
6)   Le pensioni subiscono il degrado del tempo, diventano in fretta più povere.
7)   Il sindacato non affronta il problema della detassazione. Ma l'Italia non è in Europa? Occorre più attenzione per i pensionati.
8)   Al  presidente dell'Inps, il professor taglia-taglia Tito Boeri, bisogna ricordare che siamo stati fortunati a lavorare per decenni.. Ma i contributi li abbiamo versati, tutti, tanti, con milioni di ore di straordinario e lavoro festivo, nei giorni di libertà per gli altri e in ogni santa domenica dell’anno, e lavoro notturno, e correndo come matti, rubando il tempo alla famiglia e ai figli.
9)   Siamo stati privilegiati? Abbiamo vissuto nella nostra epoca. Si usava ed abusava così, per il tornaconto degli editori. Dopo anni di precariato, allora si chiamava abusivismo. E la settimana corta era un miraggio.
10)   La solidità dell'Inpgi l'abbiamo costruita anche noi, dagli anni '70 dell'altro secolo in poi. E noi adesso vogliamo salvarlo l'Inpgi, nell'interesse nostro e dei giornalisti che andranno in pensione nei prossimi decenni.
11)  Sia chiaro, non vogliamo andare all'Inps. come pensano alcuni .L’Inpgi rimane per tutti noi un "meglio" rispetto alla previdenza generale IVS. E’ il nostro presidio. Salvaguardiamo, se ci riusciamo,  la sua specificità di unico ente sostitutivo dell'Inps. Teniamocelo stretto, senza diffamarlo ad ogni piè sospinto. Gli amministratori passano, l'Ente rimane, a vantaggio di tutti i giornalisti.
12)   Basta con la demagogia e  con le falsità sui pensionati , con la disinformazione praticata ogni giorno da carta stampata ed emittenti pubbliche e private. bisognerebbe smetterla con il travisamento della realtà. Anche sui social.
13)   Occorre una svolta di regole per favorire l’occupazione, solo così l’Inpgi si salva, più lavoro e più contributi. Basta con i prepensionamenti e con il lavoro nascosto, sottopagato e senza futuro. Ecco il compito primario del sindacato e degli editori. E il governo faccia la sua parte.
14)  Il mondo è cambiato, il giornalismo è cambiato, bisogna aggiornare regole e protezioni . Se si vuole resistere. Ed esistere, ancora a lungo.
15)   Le prossime elezioni sono una grande opportunità, per l’Inpgi , per tutto il mondo dell’informazione, per costruire insieme una rete di tutele, un futuro credibile per chi ancora lavora ed avrà diritto a trascorrere una serena vecchiaia.
16)  I dieci consiglieri generali pensionati che andremo ad eleggere saranno importanti per decidere insieme a tutti gli altri colleghi le strategie più idonee non soltanto a salvare l'Istituto e i suoi conti, ma a mantenerlo a lungo come presidio per tutta la categoria.
17)   Nel prossimo quadriennio dovranno cambiare anche le norme statutarie, per un adeguamento dell'Istituto e della sua struttura alle mutate esigenze del nostro mondo. E con una spending review radicale in tempi di vacche magre.
18)  Gli emolumenti degli amministratori vanno ridotti della metà. E’ stata ridicola la decurtazione del dieci per cento decisa per fini elettorali giusto al termine del mandato, in extremis.
19)   Personalmente rivendico la mia indipendenza di giudizio, pur pronto a collaborare e a discutere con tutti. Come ho sempre fatto, anche all'Inpgi, in tanti anni, e nel sindacato, battendomi contro il pensiero unico e i demagoghi di professione, quasi sempre in mala fede. Magari c'è qualche speranza di cambiare in meglio. L'Inpgi non "siamo noi" come dice qualcuno, di un gruppetto di potere,  interessato soltanto a mantenersi in sella.
20)  L'INPGI E' DI TUTTI, giovani e vecchi. La salvezza passa anche da questo voto di fine febbraio.

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L’Inpgi siamo noi: un decalogo dei candidati pensionati per un istituto forte, sano, credibile

I giornalisti della lista “L’Inpgi siamo noi”, che fanno riferimento all’attuale maggioranza, hanno diffuso un documento programmatico che vi proponiamo per una riflessione. Un quadro sereno della situazione e dieci punti, fondamentali, su cui lavorare nei prossimi anni.
I giornalisti pensionati sono 8.700, tra pensioni dirette e di reversibilità, e hanno percepito nel 2015 dall’Istituto di Previdenza assegni per un ammontare complessivo di 461 milioni di euro. Una cifra considerevole corrispondente a quanto dovuto dall’Inpgi in base alle leggi e ai regolamenti sulla contribuzione e sulle prestazioni. L’Inpgi non rischia di morire: è un Istituto sano che deve essere messo nella condizione di continuare ad erogare prestazioni superiori di circa il 30 per cento a quelle erogate dall’Inps. E affermare che l’Istituto possa essere cancellato dalla faccia della terra e le prestazioni garantite dallo stesso Inps è assolutamente irrealistico e irresponsabile. Significherebbe distruggere l’autonomia previdenziale dei giornalisti e, di conseguenza, l’intero sistema di tutele e protezioni dei giornalisti italiani. Le colleghe e i colleghi pensionati dell’”Inpgi siamo noi” ritengono che i prossimi nuovi amministratori abbiano il compito di proseguire nella difesa ad oltranza delle regole previdenziali autonome di tutti i giornalisti, assicurando che le scelte, difficili e talvolta dolorose, degli ultimi Consigli di amministrazione vengano realizzate e, se necessario, aggiornate. Ciò non sarà facile tenendo presente che negli ultimi 5 anni si sono persi 3000 posti di lavoro solo parzialmente compensati dalle 500 richieste di nuove assunzioni entro il dicembre 2015 grazie agli sgravi contributivi. Ma il rapporto tra attivi e pensionati è oggi 1,9 attivi per ogni pensionato, un rapporto che va peggiorando.
In particolare, occorre garantire:
1) Che tutti gli organismi della categoria, Inpgi, Casagit, Fnsi, Ordine, Fondo, insieme all’Unione dei giornalisti pensionati Ungp, facciano fronte comune per indurre le Istituzioni e le controparti ad una politica occupazionale che rilanci il giornalismo attivo e quindi le contribuzioni.
2) Che si possa garantire il puntuale pagamento delle pensioni e che sia assicurato un reddito congruo tenendo conto comunque che il reddito dei giornalisti pensionati ha tenuto nel tempo più degli stipendi degli attivi.
3) Che le successive manovre attuate dall’Inpgi dal 1998 in poi per contenere i costi di tutte le prestazioni continuino ad essere efficaci e consentano di difendere la specificità professionale della categoria.
4) Che Fnsi e Inpgi possano attuare, d’intesa con altre forze sociali, iniziative presso le istituzioni per sostenere la necessità di una effettiva perequazione e di un diverso regime fiscale, considerato che le pensioni di tutti i lavoratori, eccetto quelli con le pensioni più basse, sono bloccate dal 2004. Il contributo, del resto, è straordinario e temporaneo. Non si tratta quindi di un attacco ai diritti acquisiti proprio per il suo carattere di eccezionalità.
5) Che il contributo di solidarietà a cui i pensionati sono chiamati, si mantenga sugli attuali ragionevoli livelli: 22 euro netti al mese in meno per i redditi fino a 90.000 euro l’anno e 68 euro netti per i redditi tra i 90 e i 130.000 euro l’anno. Considerando che agli attivi è stato chiesto lo stesso sacrificio..
6) Che il piccolo contributo derivante dal fondino versato dagli attivi (5 euro al mese) possa essere anche nei prossimi anni destinato a sostenere almeno le pensioni più basse di pensionati diretti o indiretti, che restano del tutto insufficienti nonostante la parziale perequazione del sistema generale.
7) Che l’intera struttura dell’Istituto continui a garantire agli iscritti, con efficienza e dedizione, assistenza, consulenza e appoggio. Tenendo presente che va sottolineato lo sforzo del personale i cui costi negli ultimi anni si sono ridotti. .
8) Che i costi degli amministratori siano ridotti nel senso delle decisioni assunte dal Consiglio Generale, evitando la demagogia di chi sostiene che il lavoro e la responsabilità non debbano essere compensati.
9) Che il piano di dismissione degli immobili, parziale e diluito nel tempo, previsto dagli indirizzi legislativi e reso necessario dalle esigenze di liquidità dell’Istituto, sia elaborato tenendo conto dell’impatto sociale. In particolare occorrerà tutelare le colleghe e i colleghi che occupano una casa locata dall’Inpgi, con particolare attenzione alle situazioni di maggiore difficoltà e alle famiglie con disabili.
10) Che l’Inpgi continui a rendere operativa la soluzione che consente il pagamento, sia pure nella forma rateale concordata da Fieg e Fnsi, del fondo della cosiddetta ex fissa. Un fondo previsto dal contratto – peraltro gestito dall’Istituto per conto delle parti sociali – e poi andato in default per la riduzione dei versamenti degli editori e per l’aumento esponenziale dei pensionati. L’Inpgi ha deliberato un prestito per garantire il rispetto degli impegni delle parti ed ha dovuto subire ricorsi in sede giudiziaria, tutti (tranne uno) respinti. Su queste basi, con queste proposte “Inpgi siamo noi” si rivolge alle colleghe e ai colleghi che eserciteranno il diritto di voto a fine febbraio (via web dal 22 al 24 e fisicamente nel seggio elettorale sabato 27 e domenica 28, ore 10/20). Perché assieme a voi crediamo che l’Istituto debba essere rafforzato e non delegittimato come qualcuno fa, rivolgendosi persino ai ministeri vigilanti e al Parlamento. Un motivo ulteriore per scegliere “Inpgi siamo noi” e votarne i candidati pensionati sino ad un massimo di sette nomi.

Bossa Guido, Cosi Marina, Ferri Enrico, Gulletta Giuseppe, Negri Giovanni, Serventi Longhi Paolo, Visca Lucia, Zinola Marcello.

Per il collegio dei sindaci “Inpgi siamo noi” sostiene i seguenti candidati: Bossa Guido, Cutro Savino, Silva Elio, Mazzarino Giuseppe.

Per le colleghe e i colleghi elettori anche per i rappresentanti del comitato amministratore della gestione separata i seguenti candidati: Chiarini Nicola, Di Mitrio Stefania, Marciano Massimo.

Per il sindaco della gestione separata: Gallizzi Stefano.

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Giovanni Rossi (Bologna): cosa vorrei dai pensionati che verranno eletti

In questi giorni sono cominciate ad arrivare tante comunicazioni da singoli e gruppi di colleghi candidati alle prossime elezioni per il rinnovo degli organismi di governo dell’Inpgi. Affinché la relazione sia bidirezionale pongo qualche problema ai candidati e propongo loro qualcosa da fare se saranno eletti.
Provo a schematizzare.

PRELIEVO SULLE PENSIONI. Pur non avendo una “pensione d’oro” non ho fatto il “diavolo a quattro”, come si usa dire, a fronte della decisione del Cda di operare un prelievo “di solidarietà” sulle pensioni in essere. Anche in considerazione del fatto che gli attivi mi paiono più colpiti dai provvedimenti e che già versano una sia pur piccola quota del loro reddito per il Fondo contrattuale di perequazione delle pensioni più basse. Riconosco che dal punto di vista giuridico la cosa mi pare discutibile, ma da quello politico non poteva non  essere fatta una simile scelta a fronte di una situazione indubbiamente seria e a provvedimenti che incidono su tutti. Tuttavia, esso deve essere effettivamente straordinario e temporaneo, proprio perché il taglio non divenga permanente (nel nostro Paese, si sa, non c’è nulla di più definitivo di quel che viene dichiarato temporaneo) finendo con il colpire le future generazioni di pensionati, proprio quelle che, stando a tutte le tendenze e agli stessi provvedimenti contenuti nell’autoriforma Inpgi, avranno pensioni tendenzialmente più basse delle attuali. Sarebbe una strana forma di solidarietà. Agli eletti pensionati chiedo di vigilare su questo aspetto e, qualora la riforma dovesse essere ritoccata, come certe “fughe di notizie” fanno pensare, operare per trovare meccanismi di ulteriore garanzia relativi alla temporaneità e, magari, una riduzione dei tempi di durata di tale intervento.

RIFORMA DEI MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO E DI GOVERNO DELL’ISTITUTO. Questo tema riguarda tutti, ma da pensionato chiedo agli eletti pensionati di impegnarsi. Va rivisto lo Statuto riducendo o abrogando il Consiglio generale (in questo caso il Consiglio d’amministrazione andrebbe leggermente ampliato ed andrebbe introdotta l’elezione diretta dei fiduciari istituzionalizzando la loro Conferenza e mettendo fine alla distinzione nel voto tra attivi e pensionati), rimodellando i compensi degli amministratori. Senza cedere a facili e diffuse demagogie andrebbe valutata funzione per funzione e definito il compenso adatto per ogni ruolo.  Tutto questo va avviato da subito, già nella fase iniziale del nuovo mandato, senza attendere che esso si avvicini alla scadenza, quando tutto diviene più difficile.

PENSIONATI AL LAVORO. Su questo chiedo che davvero si avvii una verifica della situazione. Non è ammissibile che vi siano aziende le quali pre-pensionano i giornalisti o li spingono al pensionamento anticipato per poi continuare a farli lavorare nelle stesse funzioni, mantenendo loro la postazione in redazione. Per cui abbiamo pensionati che fanno cucina redazionale, cronaca nera, inviati di punta (là dove ancora esiste questa figura). Tutto ciò si configura come una truffa ai danni dell’Istituto ed una presa in giro per la categoria. Non parlo, si badi bene, dal pensionato che collabora dall’esterno, mettendo a disposizione le sue competenze accumulate in anni di lavoro. Oltretutto, se le pensioni diverranno sempre più leggere il fenomeno del pensionato che cerca di recuperare reddito lavorando diventerà sempre più ampio. Ma una cosa sono collaborazioni esterne vere, altra cosa sono pensionati che restano redattori a tempo pieno. Questo non è tollerabile. Se una azienda ha bisogno di quello specifico collega lo può riassumere (purtroppo anche a costi ridotti): la legge lo consente. E il collega, peraltro, ne avrà un beneficio nel ricalcolo della pensione. I colleghi eletti dovranno essere in prima fila perché l’INPGI sia rigorosa nel reprimere queste situazioni attraverso l’uso del servizio ispettivo. Anche così, con questa coerenza, si battono rappresentazioni di comodo dei giornalisti pensionati, attacchi ingiusti a tutta la “categoria” frutto della politica di chi vuole la guerra tra generazioni, un modo becero e reazionario di affrontare il problema dell’occupazione.

Giovanni Rossi
(Bologna)

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Salvatore Rotondo: la confusione é grande. E' arrivato il momento di fare un po' di ordine sulle prossime elezioni Inpgi

Tra i candidati pensionati vedo persone che stimo accanto a persone che non stimo affatto e, se giro lo sguardo in un'altra direzione, persone che negli ultimi mesi hanno camminato con noi accanto a chi era informato, ma non ha mosso un dito. Non pongo questioni etiche, né sui singoli, né sulle alleanze, vorrei soltanto poter scegliere e scegliere bene.
Leggere le dichiarazioni di intenti è doveroso, ma francamente è tempo perso. Tutti sembrano ottimamente intenzionati. E allora come faccio a operare una prima scrematura? Escludere alcuni candidati è facile: sono gli apparsi dal nulla, i mai sentiti prima e i mai visti. Idem per chi è stato solidale soltanto a parole, ma ha scientemente cercato di sabotare ogni iniziativa diffondendo sfiducia.
Continuiamo per esclusione. Votare il campione di propaganda che si fa vivo ad ogni vigilia di elezione? Precisando che anche in questo non trovo assolutamente nulla di riprovevole, la risposta è no. Salvo che il candidato in questione non si sia conquistato dei meriti sul campo.
Escludere o includere in base all'appartenenza alle cosiddette destra e sinistra? Non scherziamo. Quel tempo è passato e bisogna prenderne atto. Io sono e rimarrò sempre "di sinistra", ma ho smesso di fidarmi o di diffidare pregiudizialmente.
Privilegiare il candidato donna? Forse tra due pari merito voterei la collega. Ma bilanciare i meriti non è facile per niente.
Su uno dei candidati metto la mano sul fuoco. Lo conosco da una vita. So che è competente ed onesto. I suoi cavalli di battaglia sarebbero decisivi per una salutare Riforma dell'Inpgi. E' Luciano Borghesan. Almeno una casella l'ho riempita. Ma le preferenze sono sette. Mi mancano altri sei nominativi.
A questo punto devo trovare un parametro che funzioni o perlomeno che sia rassicurante.
Negli ultimi mesi, nella discussione sulla Riforma Inpgi, i pensionati si sono battuti per bloccare il prelievo forzoso sulle pensioni, operato amministrativamente. Certo, non tutti. Tra le centinaia di colleghi con cui sono stato in rapporto diretto, telefonico, via mail, su Facebook, in due hanno approvato la scelta dell'Istituto, giudicandola una atto di solidarietà dovuto in favore dei giovani e per il riassetto dei bilanci. Uno dei due, col tempo, ha cambiato idea.
Non posso immaginare che un collega che oggi si presenta come candidato ignorasse l'esistenza di una mobilitazione contro il prelievo forzoso. Ebbene devo chiedermi se questo discrimine (essere stati apertamente contro il prelievo o essere stati assenti) è sufficiente a promuovere e bocciare le candidature. Il prelievo, operato amministrativamente, è illegale. Lo sancisce la Cassazione con sette sentenze a favore ed una contro. Su questo non si discute, nonostante uno dei candidati che ora giurano di volersi battere contro il prelievo abbia asserito l'opposto in pubbliche assemblee o sui social ("Anch'io sono contro, ma che cosa ci possiamo fare?", "Tutte le sentenze sono a sfavore". "Le vostre iniziative sono destinate a fallire", "Basta con tutto questo cancan contro l'Inpgi").
Sia chiaro, non siamo in presenza di una semplice divergenza di opinioni. Si tratta dello scontro tra due necessità estreme: salvare l'ultima barriera difensiva delle pensioni o difendere, A qualunque costo, la sopravvivenza dell'Inpgi. Chi sceglie questa seconda opzione deve essere consapevole di fare una scommessa molto rischiosa. E la beffa più atroce sarebbe un allineamento, forse ineluttabile, alle condizioni Inps, se non un assorbimento tout court - che nessuno auspica - da parte dell'ente previdenziale pubblico. Ma avendo pagato il prezzo inestimabile della rinuncia ad un diritto acquisito. Un grosso regalo ai vari Tito Boeri che considerano gli anziani nient'altro che carne da macello.
Se l'Inpgi ci avesse consultato chiedendo, per salvare i bilanci, l'adesione ad un contributo di solidarietà, di 20/30/50 euro al mese, magari con la clausola del silenzio assenso, magari con la possibile revoca una volta passati i cinque anni, quanti di noi si sarebbero opposti? Io credo in pochi. Ma se noi oggi accettiamo l'imposizione, illegale, di un prelievo forzoso, se facciamo finta di credere alla truffa della durata limitata nel tempo, se cade la barriera della legalità, quali altre barriere potremo alzare a difesa delle nostre pensioni? La risposta è nessuna.
Ecco perché nessuno di noi oggi può permettersi il lusso di perdere questo scontro in atto. E mi domando come i colleghi attivi - salvo una sparuta minoranza - possano non rendersi conto che lo scontro riguarda anche i loro diritti e - perché no - le loro tasche. A meno che non intendano rinunciare a diventare vecchi.
Tutto questo per dire che se il prelievo forzoso è uno snodo dirimente, come effettivamente credo che sia, allora a febbraio il mio voto potrà andare soltanto a chi ci ha affiancati nel sostenere la nostra vertenza collettiva: Mario Antolini, Romano Bartoloni, Luciano Borghesan, Paola Cascella, Stefania Giacomini, Giancarlo Minicucci, Marco Nese e Alessandra Spitz. Sono otto. Le preferenze purtroppo soltanto sette. Per quanto riguarda i sindaci, non c'è molto da indagare: Franco Abruzzo e Pierluigi Roesler Franz sono persone di assoluta competenza ed affidabilità. Grazie per l'attenzione.

Salvatore Rotondo

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Stefania Giacomini: sei proposte per difendere e cambiare l’Inpgi

In passato ho acquisito esperienze sindacali in Usigrai , in Stampa Romana e attualmente nell'UNGP in questa sede sto portando avanti insieme ad alcuni colleghi l'approfondimento per un dibattito pubblico sulla alta fiscalita delle pensioni nel nostro paese rispetto a quelli dell'Unione Europea . Dichiaro con tutta tranquillità di aver portato sempre e porto tuttora,un contributo concreto alle iniziative decise dagli organi sindacali a prescindere dalle ideologie e convincimenti politici. Fare sindacato significa mettersi al servizio di ciascun collega per trovare soluzioni ad eventuali vertenze e problemi.Principio che vorrò attuare anche , qualora fossi eletta, nel nostro istituto.
E' di alcuni giorni fa il parere negativo del Ministero del Lavoro  della riforma dell'INPGI e si legge nella nota inviata dal dicastero guidato da Giuliano Poletti al Ministero dell'Economia:" Pur ritenendo necessario ed inprocrastinabile modificare l'attuale  sistema di tutela sociale di categoria , si ritiene che la delibera del cda INPGI ndr) 24/2015, nella sua attuale formulazione non possa avere ulteriore corso".Giudizio chiaro dai toni non rassicuranti che ci devono convincere piu' che mai ad intraprendere un 'cambio di rotta' e di ' persone' se si vuole salvare il nostro istituto . L’approvazione del bilancio di assestamento 2015 dell’Inpgi, nonostante il leggero utile di 22 milioni, conferma le gravi preoccupazioni per la sorte dell’Istituto perché evidenzia un disavanzo tra entrate e uscite contributive che ormai ha raggiunto la cifra record di 106 milioni. La manovra approvata dal Cda il 27 luglio scorso e la recente delibera di riforma  dell'istituto sono stati  tentativo di reazione ma ,come confermato anche dalla risposta del Ministero del Lavoro,non sono sufficienti.:se gli sgravi contributivi e le altre misure per rilanciare l’occupazione non avranno effetti rilevanti (assunzioni/stabilizzazioni), se continuerà l’emorragia di posti di lavoro, se si procederà ,secondo la Fieg ,a svuotare ulteriormente il contratto nazionale e abbassare ancora il monte salari. Ma si può ancora  salvare l’Inpgi: garantendo l’autonomia e il futuro dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani (contro le ipotesi e le pressioni per farlo confluire nell’Inps) si garantiscono le prestazioni previdenziali e assistenziali e si difende l’indipendenza e della libertà dell’informazione.
I miei propositi  sono ispirate e sposano i sei punti (illustrati qui di seguito) approvati  all'unanimità dal direttivo di Stampa Romana il 14 dicembre scorso con un  ottica precisa:
-  salvaguardare i diritti acquisiti da noi giornalisti pensionati (diritti previsti dalla Costituzione )  e il valore dell'esperienza acquisita che non deve essere azzerata . ( Il prelievo fiscale  sulle pensioni nel nostro paese è tra i piu alti ,considerato un reddito 'salvadanaio' dal quale il Governo attinge nei momenti di crisi ;a cio'si aggiungono la mancata perequazione ,addizionali regionali e comunali: ulteriori tassazioni 'silenziose').
Obiettivo che non deve alimentare la guerra generazionale che infuria da un pò di tempo: i giovani e i colleghi attivi  restano il nostro pilastro ma le battaglie di noi pensionati sono una 'garanzia' per il loro futuro affinchè non si smantellino i diritti acquisiti e che giova anche ai futuri pensionati .
Non basta questa dichiarazione di intenti :la mia disponibilita' 'di servizio', qualora fossi eletta, vuole significare una presenza propositiva  fatta di azioni concrete per la salvaguardia dei diritti di tutta la categoria.

Ecco le  sei proposte per difendere e cambiare l'Inpgi a garanzia di colleghi attivi e pensionati

1. Trasparenza e correttezza. Indipendentemente dalle accuse rivolte dalla magistratura inquirente al presidente uscente Andrea Camporese per la vicenda Sopaf (che si chiarirà nelle sedi opportune) rimane necessario compiere una riflessione sui meccanismi decisionali e sulla trasparenza della governance dell’Inpgi. Va ridotto l’ammontare massimo di spesa e investimento che il presidente dell’ente può compiere senza passare dal consiglio di amministrazione .Obiettivi  che si raggiungono attraverso  trasparenza,legalità  e certezza della gestione amministrativa, contabile e finanziaria dell’Istituto e anche relativamente alle operazioni che hanno portato alla costituzione del Fondo immobiliare Giovanni Amendola il quale ha poi ceduto in gestione, con contratti mai resi noti, l’intero patrimonio immobiliare alla Sgr Gestire immobiliare della famiglia Nattino.

2. Certezze per i pensionati. La miglior garanzia per le prestazioni che vengono erogate è la solidità finanziaria dell’ente secondo criteri di equità e di tutela dei diritti acquisiti. Difendere l’equilibrio finanziario dell’Istituto è condizione per garantire l’erogazione presente e futura delle pensioni, ma occorre riflettere sul rischio di esporre una parte rilevante della categoria a continui interventi sui diritti acquisiti per bilanciare le emorragie della gestione previdenziale. Chi gestirà l’Istituto in futuro dovrà garantire certezze anche ai pensionati: il prelievo di solidarietà, adottato dal Cda uscente, deve essere  considerato volontario ,eccezionale e temporaneo.

3. Pensioni dignitose nella gestione separata. E’ l’unica che sta, per definizione, in equilibrio nel rapporto tra entrate e uscite, in virtù del sistema contributivo pro-rata, cioè tutto quello che si è versato viene restituito alla fine della vita lavorativa, aumentato del 4 per cento in base all’aspettativa di vita. Si pone tuttavia il problema di molti colleghi che non raggiungeranno mai un livello adeguato per la pensione, visto l’ammontare medio dei versamenti. Una recente sentenza del Consiglio di Stato apre la possibilità di aumentare la percentuale di rivalutazione per le pensioni delle gestioni separate che utilizzano un sistema contributivo pro-rata. Secondo la nuova sentenza la percentuale può essere anche aumentata in base alla disponibilità finanziaria dell’ente. La gestione separata dell’Inpgi ne avrebbe la disponibilità. Un aumento della percentuale di rivalutazione sarebbe perciò compatibile con le risorse di bilancio. Si tratta di decidere per garantire ai colleghi lavoratori autonomi una pensione dignitosa e adeguata agli sforzi e sacrifici compiuti durante la vita lavorativa. Va anche valutata la possibilità di introdurre un sistema di ammortizzatore sociale per i giornalisti non dipendenti sul modello della dis-coll dell’Inps.

4. Co.co.co. nella gestione principale dell’Inpgi. Non si tratta di un artificio meramente contabile ma di un’operazione di giustizia. Molti di questi colleghi infatti lavorano come art.1 e vengono pagati molto meno. Portarli in seno al contratto nazionale, con una regolarizzazione, magari progressiva, della posizione di quanti sono redattori a tutti gli effetti significa tutelare loro e restituire al fondo lavoratori dipendenti dell’Inpgi una dimensione più aderente alla realtà. Si tratta di un traguardo prioritario che va subito messo sul tavolo della trattativa contrattuale.

5. Gestione oculata e dismissioni degli immobili. Vanno innanzitutto valorizzati e ristrutturati gli immobili che restano in portafoglio, va stoppata la pratica dei canoni fuori mercato che lascia sfitti per lunghi periodi troppi immobili, a danno delle casse dell’Istituto. Si può anche ipotizzare che alcuni immobili a uso ufficio vengano affittati a giornalisti non dipendenti per consentire loro di lavorare con la formula del coworking. Ma in generale non ha più senso tenere in portafoglio una percentuale di immobili così alta (oltre il 50 per cento del patrimonio totale) che rischia di rendere così poco (soprattutto il residenziale). Si attende l’iniziativa del Governo che indicherà tempi e modalità di queste dismissioni. Ma occorre avviarle – basandosi su valutazioni realistiche e non su prezzi riferiti ai valori del mercato pre-crisi – rivolgendosi anzitutto agli inquilini che già ci abitano, magari ipotizzando di favorirli attraverso l’erogazione di mutui da parte dell’Istituto; eventualmente, anche calibrando i vantaggi da offrire loro sia in base al tradizionale criterio di “anzianità” del contratto d’affitto sia in base alla maggiore o minore incidenza, sul totale pagato negli anni, dei canoni a prezzi di mercato stabiliti dall’Istituto.

6. Riformare gli organismi e i compensi dei consiglieri. L’impegno negli organismi di categoria è un servizio. Passa attraverso elezioni fra i giornalisti: i gruppi dirigenti non si formano con una selezione di manager professionisti. Per il compenso del presidente deve essere fissato un tetto di 102.000 euro, analogo a quello del presidente dell’Inps, che porta la responsabilità di decine di milioni di posizioni previdenziali. Nel caso in cui l’eletto si ponga in aspettativa, eventuali voci retributive aggiuntive per compensare scatti di anzianità, quota Tfr non accantonata e mancati versamenti Casagit non dovranno in nessun caso superare il 25 per cento di tale cifra. Per il vicepresidente vicario (pensionato) va fissato un corrispettivo di non più di 36.000 euro annui lordi; stesso trattamento per il presidente (giornalista) del Collegio sindacale. Per i componenti del Cda Inpgi 1 e del Comitato amministratore Inpgi 2 il compenso va limitato ai gettoni di presenza, per i quali si può immaginare di fissare un tetto di 250 euro lordi a seduta. Altre misure di spending review, con proporzioni simili di riduzione della spesa, vanno adottate per tutte le cariche elettive. Inoltre, va riformato lo statuto per semplificare organismi pletorici e alleggerire costi incompatibili con la realtà attuale, riducendo da 62 a 34 i componenti giornalisti del Consiglio generale o in alternativa prevedendo che sia composto dai soli fiduciari, eletti su base regionale con una rappresentanza rafforzata per le regioni con il maggior numero di iscritti.

Stefania Giacomini

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Gornalisti Italiani Uniti: "Inpgi, invertiamo la rotta per non fallire"

Care colleghe e colleghi,
l’approvazione del bilancio di assestamento 2015 dell’Inpgi, nonostante il leggero utile di 22 milioni, conferma le gravi preoccupazioni per la sorte dell’Istituto perché evidenzia un disavanzo tra entrate e uscite contributive che ormai ha raggiunto la cifra record di 106 milioni. La manovra approvata dal Cda ?il 27 luglio scorso è un tentativo di reazione ma sappiamo tutti che non è sufficiente. Se gli sgravi contributivi e le altre misure per rilanciare l’occupazione non avranno effetti rilevanti (nell’ordine delle migliaia e non delle decine o centinaia di assunzioni/stabilizzazioni), se continuerà l’emorragia di posti di lavoro, se si procederà come vuole la Fieg nella direzione di svuotare ulteriormente il contratto nazionale e abbassare ancora il monte salari (con conseguente impoverimento dei contributi previdenziali incassati dall’Istituto, nonostante gli aumenti delle aliquote) sarà molto difficile per l’Inpgi, nei prossimi anni, rispettare i parametri di sostenibilità previsti dalle norme e dagli organismi di controllo.
A queste condizioni il futuro dell’Inpgi è segnato. Ma non ci si deve rassegnare all’ineluttabile. La legge assegna alle parti sociali l’onere di determinare gli indirizzi delle politiche previdenziali dell’Inpgi in materia di contribuzione e prestazioni (D.lgs 509/94, art. 3, comma b). Si può fare molto per salvare l’Inpgi, nella consapevolezza che garantendo l’autonomia e il futuro dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani (contro le ipotesi e le pressioni per farlo confluire nell’Inps) si garantiscono le prestazioni previdenziali e assistenziali ma al tempo stesso si difende una fetta importante dell’indipendenza e della libertà dell’informazione in Italia. E’ una battaglia per la quale occorre innanzitutto ricostruire un più stretto legame fra le politiche contrattuali, le politiche per l’occupazione e la gestione dell’Istituto: è dalla platea dei giornalisti attivi e pensionati che viene eletta democraticamente la maggioranza nei suoi organismi di rappresentanza e di governo.
Ecco perciò sei  proposte molto concrete:

1. Portare i Co.co.co nella gestione principale dell’Inpgi
I co.co.co. nella gestione principale dell’Inpgi. Non si tratta di un artificio meramente contabile ma di un’operazione di giustizia. Molti di questi colleghi infatti lavorano come art.1 e vengono pagati molto meno. Portarli in seno al contratto nazionale, con una regolarizzazione, magari progressiva, della posizione di quanti sono redattori a tutti gli effetti significa tutelare loro e restituire al fondo lavoratori dipendenti dell’Inpgi una dimensione più aderente alla realtà. Si tratta di un traguardo prioritario che va subito messo sul tavolo della trattativa contrattuale.

2. Patrimonio immobiliare: basta con la gestione opaca, padronale e inefficiente
Gestione oculata e dismissioni degli immobili. Vanno innanzitutto valorizzati e ristrutturati gli immobili che restano in portafoglio, va stoppata la pratica dei canoni fuori mercato che lascia sfitti per lunghi periodi troppi immobili, a danno delle casse dell’Istituto. Si può anche ipotizzare che alcuni immobili a uso ufficio vengano affittati a giornalisti non dipendenti per consentire loro di lavorare con la formula del coworking. Ma in generale non ha più senso tenere in portafoglio una percentuale di immobili così alta (oltre il 50 per cento del patrimonio totale) che rischia di rendere così poco (soprattutto il residenziale). Si attende l’iniziativa del Governo che indicherà tempi e modalità di queste dismissioni. Ma occorre avviarle – basandosi su valutazioni realistiche e non su prezzi riferiti ai valori del mercato pre-crisi – rivolgendosi anzitutto agli inquilini che già ci abitano, magari ipotizzando di favorirli attraverso l’erogazione di mutui da parte dell’Istituto; eventualmente, anche calibrando i vantaggi da offrire loro sia in base al tradizionale criterio di “anzianità” del contratto d’affitto sia in base alla maggiore o minore incidenza, sul totale pagato negli anni, dei canoni a prezzi di mercato stabiliti dall’Istituto.

3. Pensioni della gestione separata: garantire ai lavoratori autonomi e freelance una pensione dignitosa
Pensioni dignitose nella gestione separata. E’ l’unica che sta, per definizione, in equilibrio nel rapporto tra entrate e uscite, in virtù del sistema contributivo pro-rata, cioè tutto quello che si è versato viene restituito alla fine della vita lavorativa, aumentato del 4 per cento in base all’aspettativa di vita. Si pone tuttavia il problema di molti colleghi che non raggiungeranno mai un livello adeguato per la pensione, visto l’ammontare medio dei versamenti. Una recente sentenza del Consiglio di Stato apre la possibilità di aumentare la percentuale di rivalutazione per le pensioni delle gestioni separate che utilizzano un sistema contributivo pro-rata. Secondo la nuova sentenza la percentuale può essere anche aumentata in base alla disponibilità ?finanziaria dell’ente. La gestione separata dell’Inpgi ne avrebbe la disponibilità. Un aumento della percentuale di rivalutazione sarebbe perciò compatibile con le risorse di bilancio. Si tratta di decidere per garantire ai colleghi lavoratori autonomi una pensione dignitosa e adeguata agli sforzi e sacrifici compiuti durante la vita lavorativa. Va anche valutata la possibilità di introdurre un sistema di ammortizzatore sociale per i giornalisti non dipendenti sul modello della dis-coll dell’Inps.

4. Inpgi: inchiesta Sopaf/Magnoni, più trasparenza, coinvolgere la categoria e tagliare i compensi alla dirigenza
Trasparenza e correttezza. Indipendentemente dalle accuse rivolte dalla magistratura inquirente al presidente uscente Andrea Camporese per la vicenda Sopaf (che si chiarirà nelle sedi opportune) rimane necessario compiere una riflessione sui meccanismi decisionali e sulla trasparenza della governance dell’Inpgi. Va ridotto l’ammontare massimo di spesa e investimento che il presidente dell’ente può compiere senza passare dal consiglio di ?amministrazione.

5. Pensionati: i sacrifici chiesti non possono riguardare i diritti acquisiti
Certezze per i pensionati. La miglior garanzia per le prestazioni che vengono erogate è la solidità finanziaria dell’ente. Le azioni indicate servono a garantire i trattamenti già in essere e quelli futuri, secondo criteri di equità e di tutela dei diritti acquisiti. Difendere l’equilibrio finanziario dell’Istituto è condizione per garantire l’erogazione presente e futura delle ?pensioni, ma occorre riflettere sul rischio di esporre una parte rilevante della categoria a continui interventi sui diritti acquisiti per bilanciare le emorragie della gestione previdenziale. Chi gestirà l’Istituto in futuro dovrà garantire certezze anche ai pensionati: il prelievo di solidarietà adottato dal Cda uscente va considerato eccezionale e temporaneo.

6. Riformare gli organismi e i compensi dei consiglieri
Riformare gli organismi e i compensi dei consiglieri. L’impegno negli organismi di categoria è un servizio. Passa attraverso elezioni fra i giornalisti: i gruppi dirigenti non si formano con una selezione di manager professionisti. Per il compenso del presidente deve essere fissato un tetto di 102.000 euro, analogo a quello del presidente dell’Inps, che porta la responsabilità di decine di milioni di posizioni previdenziali. Nel caso in cui l’eletto si ponga in aspettativa, eventuali voci retributive aggiuntive per compensare scatti di anzianità, quota Tfr non accantonata e mancati versamenti Casagit non dovranno in nessun caso superare il 25 per cento di tale cifra. Per il vicepresidente vicario (pensionato) va fissato un corrispettivo di non più di 36.000 euro annui lordi; stesso trattamento per il presidente (giornalista) del Collegio sindacale. Per i componenti del Cda Inpgi 1 e del Comitato amministratore Inpgi 2 il compenso va limitato ai gettoni di presenza, per i quali si può immaginare di fissare un tetto di 250 euro lordi a seduta. Altre misure di spending review, con proporzioni simili di riduzione della spesa, vanno adottate per tutte le cariche elettive. Inoltre, va riformato lo statuto per semplificare organismi pletorici e alleggerire costi incompatibili con la realtà attuale, riducendo da 62 a 34 i componenti giornalisti del Consiglio generale o in alternativa prevedendo che sia composto dai soli fiduciari, eletti su base regionale con una rappresentanza rafforzata per le regioni con il maggior numero di iscritti.

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Lista Corsara di candidati senza casacca: "Perchè no senza se e senza ma ai disegni del Cda di prelievi forzosi sulle pensioni che costituiscono un diritto consolidato e intangibile dei giornalisti"

1) Perché l’Inpgi, ente erogatore di pensione, non ha titolo per tagliarle o ridurle, né può scavalcare le leggi nel settore impositivo e previdenziale (per il ministero del lavoro, organo di vigilanza sull’Istituto, è un atto “non avente forza di legge che incide su pensioni già maturate e in pagamenti; diritti acquisiti)
2) Perché sarebbe una misura illegittima e arbitraria in contrasto con gli art. 3 e 53 della Costituzione (i pensionati non sono cittadini di serie b da tartassare a capriccio, hanno pari dignità dei lavoratori di fronte alla legge e al fisco); art. 36 la pensione è una retribuzione differita da adeguare al costo della vita (art.38). E perché le Casse private, come l’Inpgi, non possono imporre contributi con atto amministrativo (7 sentenze della Cassazione)
3) Perché diverebbe un pericoloso precedente e perché l’obiezione della straordinarietà e dell’esiguità del prelievo sono uno specchietto per le allodole. Il contributo di solidarietà già viene dato abbondantemente. L’Inpgi ha incassato 20 milioni di euro in 4 anni e altrettanti né ricaverà fino al 2018 dalla negata perequazione. In soldoni, una pensione media di 5.350 euro lorde ha perso 9.378, 59 pari a una media mensile di 167 euro. Negli ultimi dieci, i pensionati hanno lasciato il 20/25% del potere d’acquisto anche per il rincaro fiscale (le addizionali Irpef aumentate del 150%). L’Italia è l’unico Paese al mondo che non offre agli anziani né sconti sulle tasse, né agevolazioni di carattere sociale, con l’effetto di provocare, pure tra i giornalisti, una fuga in massa all’estero
4) Perché la folle corsa al massiccio esodo dal lavoro del meglio del giornalismo italiano, i prepensionamenti a raffica, gli stati di crisi fasulli degli editori hanno dissestato il sistema previdenziale, non hanno favorito il ricambio generazionale, hanno provocato l’esplosione del precariato sfruttato e sottopagato, hanno calpestato la qualità dell’informazione
5) Perché i sacrifici della manovra Inpgi sono pannicelli caldi, perfino in dubbio di consenso da parte dei ministeri vigilanti, senza un rilancio dell’occupazione, senza un ampliamento del perimetro del contratto e della base contributiva.
6) Perché sarebbe  una beffa oltre il danno per 1400 pensionati che aspettano da tempo di veder pagata l’ex fissa e non di ricevere  mortificanti briciole.

LISTA CORSARA DI CANDIDATI SENZA CASACCA
Romano Bartoloni (Lazio), Gianluigi Corti (Liguria), Mimmo Marcozzi (Abruzzo), Antonio De Vito (Piemonte)

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Romano Bartoloni: non ci salvano i pannicelli caldi

1) i sacrifici della manovra Inpgi, peraltro in forse presso i ministeri vigilanti, sono pannicelli caldi senza un rilancio dell’occupazione, senza un ampliamento del perimetro del contratto e della base contributiva previdenziale, senza inchiodare gli editori e noi stessi alla responsabilità della paralisi imprenditoriale. Ricordiamoci che è il sindacato che deve salvare l’Inpgi non il cda. Non possiamo permetterci che 60mila colleghi tra free-ance, co.co.co e nuove figure professionali restino fuori della porta del contratto e delle tutele sindacali e legali, specie se ormai rappresentano la base sulla quale si poggia e si sviluppa l’informazione
2) Radicale riforma della legge 416 che ha consentito stati di crisi aziendali fasulle, disoccupazione generalizzata, prepensionamenti e contratti di solidarietà a raffica, stravolgendo gli assetti del bilancio Inpgi ed erodendo il monte pensione di oggi e di domani. Rimuovere lo scandaloso sperpero dei contributivi figurativi e dei vitalizi regalati alla casta. Gli ammortizzatori sociali stanno diventando un onere insopportabile e andrebbero rimessi alla fiscalità generale come avviene in ogni altro settore del mondo del lavoro
3) Lotta senza quartiere al lavoro nero e all’elusione contributiva. L’illegalità diffusa inquina il mercato dell’informazione e sottrae grandi risorse.
Se queste sono utopie andiamo tutti a casa!

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Antonio De Vito: mi candido per difendere l’Inpgi e le nostre pensioni

Sono candidato per le elezioni di fine febbraio per dare un contributo al nostro Istituto di previdenza , per dare una mano a difenderlo in un periodo già irto di difficoltà e sofferenze, che  si annuncia ancora più difficile nei prossimi anni.
Sappiamo tutti della riforma varata nel luglio scorso dal Consiglio di amministrazione, ancora in attesa di approvazione all'inizio del 2016 da parte dei ministeri vigilanti. Tra le misure decise dall'Inpgi, per raddrizzare i conti nei prossimi anni (una riforma è comunque necessaria, e non si sa se questa basterà, ammesso che venga approvata e non rinviata per competenza all'Inpgi che sta per cominciare un nuovo ciclo) gli amministratori uscenti hanno inserito un prelievo forzoso per cinque anni sulle pensioni che percepiamo.
Personalmente ho detto NO al prelievo, in tutte le sedi, dalle assemblee del Gruppo Ungp del Piemonte, di cui sono presidente, alle riunioni romane del Consiglio nazionale Ungp. Per due motivi:
1) noi  pensionati siamo stati penalizzati negli anni passati per la mancata perequazione, le nostre pensioni perdono potere di acquisto, sono tartassate dallo Stato e da Regioni e Comuni; la mancata perequazione non è andata alle finanze dello Stato , è stata incamerata totalmente dall'Inpgi, per una ventina di milioni di euro (la cifra risulterà raddoppiata fino al 2018). Soldi nostri, una corposa solidarietà di categoria da parte degli anziani. Ora la riforma varata sei mesi fa ( e  io spero che non venga approvata dai ministeri per la parte che riguarda il prelievo) prevede altri trenta milioni di esborso dai pensionati, per cinque anni. Credo semplicemente che non sia giusto, tralasciando i motivi di legittimità sollevati da più parti.
2) il secondo motivo attiene alla cosiddetta solidarietà. Ci dicono: non volete il prelievo di pochi euro sulle vostre ricche pensioni, siete insensibili, la solidarietà fra generazioni è necessaria. Certo, è necessaria, ma non cambiamo le carte in tavola. Per noi, per tutti i pensionati, è una questione di merito e di principio: non si tagliano le pensioni in essere, in via amministrativa. A parte il fatto che abbiamo già dato, che le pensioni subiscono il degrado del tempo, che il sindacato non affronta il problema della detassazione (l'Italia non è in Europa?),e che mediamente non abbiamo pensioni "ricche", addirittura d'oro come sproloquia il prode presidente dell'Inps, il professor Tito Boeri. Siamo stati fortunati a lavorare per decenni, certo. Ma noi i contributi li abbiamo versati, tutti, tanti, con milioni di ore di straordinario e lavoro festivo, nei giorni di libertà per gli altri e in ogni santa domenica dell’anno, e lavoro notturno, e correndo come matti, rubando il tempo alla famiglia e ai figli, caro professor taglia-taglia. Non era un piacere, vi eravamo costretti, si usava ed abusava così, per il tornaconto degli editori. Dopo anni di precariato, allora si chiamava abusivismo, e la settimana corta era un miraggio. La solidità dell'Inpgi l'abbiamo costruita anche noi, dagli anni '70 dell'altro secolo in poi. E noi vogliamo salvarlo l'Inpgi, nell'interesse nostro e dei giornalisti che andranno in pensione nei prossimi decenni.
E, sia chiaro, non vogliamo andare all'Inps, come pensano alcuni colleghi senza molto discernimento. Nonostante tutto, l'Inpgi rimane per tutti noi un "meglio" rispetto alla previdenza generale IVS, non raccontiamoci favole,  salvaguardiamo la sua specificità di unico ente sostitutivo dell'Inps. Teniamocelo stretto, senza peraltro diffamarlo ad ogni piè sospinto. Gli amministratori passano, l'Ente rimane, a vantaggio di tutti i giornalisti. Basta con la demagogia da quattro soldi. E con le falsità sui pensionati , con la disinformazione praticata ogni giorno da carta stampata ed emittenti pubbliche e private ( non parliamo per carità di patria della credibilità dei media in generale e di certi cosiddetti operatori dell'informazione!), bisognerebbe smetterla con il travisamento della realtà, la solidarietà deve essere nostra  nei confronti della categoria, dei colleghi attivi, dei giovani precari, ma deve essere anche attenzione che spesso manca da parte del sindacato nei confronti dei pensionati che non si sentono tutelati da nessuno,  in primis dalla Fnsi, in una stagione della vita particolare, in cui ci sarebbe davvero bisogno di solidarietà.
Il giornalismo è cambiato e qualcuno non se n'è ancora accorto, abbarbicato alle rendite di posizione.  Cari editori, caro Inpgi, caro sindacato, caro Ordine ( e mettiamoci anche la Casagit, la salute per i pensionati è la cosa più importante!) bisogna aggiornare regole e protezioni (tutto più snello e funzionale, compreso il pletorico  Consiglio Generale che andiamo ad eleggere, come se nulla fosse mutato). Se si vuole resistere. Ed esistere, ancora a lungo. Il giornalismo non può essere più il mondo fasullo dei 130 mila iscritti all'Ordine, anomalia mondiale nel mondo dell'informazione.
Le prossime elezioni sono una grande opportunità, per mandare alla guida dell'Inpgi , all'insegna della competenza , colleghi delle redazioni che vogliano davvero prendersi cura della previdenza dei giornalisti, tutelando chi in pensione c'è già e costruendo un futuro credibile per chi ancora lavora ed avrà diritto  a trascorrere una serena vecchiaia.
I dieci consiglieri generali pensionati che insieme andremo ad eleggere dal 22 al 28 febbraio (collegio unico nazionale, tre eletti per il Lazio, due eletti per la Lombardia, cinque eletti per altrettante Circoscrizioni Inpgi) saranno importanti per decidere insieme a tutti gli altri colleghi le strategie più idonee non soltanto a salvare l'Istituto e i suoi conti, ma a mantenerlo come presidio per tutta la categoria. Cambiando nel prossimo quadriennio anche le norme statutarie, per un adeguamento dell'Istituto e della sua struttura alle mutate esigenze del nostro mondo. E con una spending review radicale in tempi di vacche magre, ed emolumenti ridotti della metà per gli amministratori.
Sono tanti i candidati in queste elezioni, di questa o quella scuola di pensiero, di questa o quella cordata. Ma le candidature (maxime per i giornalisti pensionati) non possono che  essere individuali, decidano gli elettori , non i gruppi e le fazioni, un po' anacronistiche. Personalmente rivendico la mia indipendenza di giudizio, pur pronto a collaborare e a discutere con tutti. Come ho sempre fatto, anche all'Inpgi, in tanti anni, e nel sindacato. Un appello particolare , di vicinanza e di affetto, mi sento di rivolgere agli amici e colleghi della nostra Ungp, l'Unione Nazionale Giornalisti Pensionati, piemontesi e di ogni angolo d'Italia. Sono convinto che soltanto tutti insieme , senza divisioni, possiamo vincere le nostre battaglie, meritandoci un futuro praticabile, nell'interesse di giovani e anziani. Un grazie sincero per l'attenzione. Buona elezione a tutti.

Antonio  De Vito
(tonidevit@libero.it)

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Ermanno Corsi: una svolta per l’Inpgi e per l’Unione Pensionati

Durante il Consiglio nazionale del dicembre scorso,siamo rimasti colpiti dalla domanda che uno di noi si è sentito rivolgere da un collega della sua città:“E perché dovrei iscrivermi all’Ungp,quali vantaggi ne avrei?”.
Da tempo anche noi riflettiamo sul ruolo che l’Unione può e deve svolgere. Siamo un Sindacato di base dentro la Fnsi e non un semplice gruppo di specializzazione. Motivo in più per sviluppare ulteriormente la riflessione fatta al nostro recente Congresso. L’urgenza nasce anche dal fatto che mentre i colleghi regolarmente contrattualizzati, e quindi iscritti all’Inpgi, diminuiscono progressivamente (prepensionamenti mal gestiti e subìti,tagli indiscriminati di organici redazionali,blocco del turnover) aumentano purtroppo i pensionati (siamo 8 mila? e quale l’età media che credo si stia abbassando notevolmente?).Lontani i tempi in cui si andava in pensione dopo i 65 anni (e molte aziende trattenevano al lavoro anche oltre i 70).
La conseguenza è che il nostro Istituto di previdenza si trova oggettivamente in una condizione di grande affanno:diminuiscono i ricavi (meno 7 milioni nel 2015) e crescono i costi (più 8,5 milioni).Conclusione: il “rosso” passa da 90,7 milioni a 106,5. Assolutamente da scongiurare la prospettiva, che peraltro trova consensi anche nella nostra categoria,di una confluenza dell’Inpgi nel calderone dell’Inps.
La crisi,beninteso,non è solo dell’Inpgi su cui ricadono,inevitabilmente,le difficoltà complessive dell’editoria e la disarticolazione strutturale e  professionale del giornalismo,sia stampato che audiovisivo (ne pagano le conseguenze tanto i “nativi cartacei” quanto i “nativi digitali”). E’ crisi del giornalismo come lavoro e come funzione sociale. Le nostre strutture rappresentative,regionali e nazionali,non sono ovviamente esenti da responsabilità.
E qui entriamo in campo anche noi che,dopo decenni di impegno lavorativo,abbiamo raggiunto il livello pensionistico che ci spettava di diritto. Tuttavia diventa sempre più difficile far comprendere,alle nuove generazioni dall’incerto futuro,che noi non godiamo di particolari privilegi o di graziose elargizioni: riscuotiamo, mensilmente,quello che di anno in anno abbia accantonato. Per questo il nostro assegno è solo “retribuzione differita”.
Ma come non apparire dei “privilegiati”,come evitare,anche da parte nostra,la rottura generazionale e il conflitto, non solo anagrafico, fra chi ha compiuto un regolare ciclo lavorativo,chi teme di non poterlo compiere,chi vive di precariato spesso umiliante, e chi è in lista di attesa?
Non possiamo tirarci fuori proprio perché il giornalismo è stato,e continua ad essere,la nostra identità e la nostra ragione. Abbiamo la forza,e la volontà,di agire come coscienza critica e osservatorio autonomo e imparziale,dentro le nostre istituzioni rappresentative e in favore esclusivo della  professione e del suo prestigio? Se non facciamo una scelta di campo,rischiamo di perdere progressivamente terreno e rappresentatività così come sta accadendo per la Fnsi che vede calare di anno in anno i suoi iscritti e il suo potere contrattuale. Per l’Ordine è diverso (e non certo per merito suo): l’iscrizione qui è un obbligo di legge.
Se continuiamo a presentarci come “pensionati”, calerà progressivamente anche la nostra credibilità. Perchè non cominciamo col valutare una modifica dell’acronimo e al posto di ”pensionati” non mettiamo “seniores” o “garanti della professione”,oppure “Giornalisti Sempre” (in questo caso saremmo Unione Nazionale Giornalisti Sempre). Non è solo un fatto lessicale. Dobbiamo dare subito l’idea,cominciando proprio dal titolo,che non siamo dei “cari estinti”,ma una forza attiva che segue le dinamiche professionali,che è in grado di non subire alcun condizionamento,dimostrando che possiamo rispondere solo a noi stessi;che ci poniamo in una posizione di equidistanza dalle quattro strutture;che siamo in grado di elaborare, per la difesa e lo sviluppo della professione a ogni livello,iniziative a tutto campo intrecciando rapporti con tutti gli interlocutori necessari e utili.
Il nostro spirito di collaborazione e di sostegno alle istituzioni che ci rappresentano,possiamo dimostrarlo in vari modi. Prendiamo l’accesso alla professione. Molto utile sarebbe un nostro intervento sull’avvio e la formazione,ricordando che ci sono delle regole e che la discrezionalità degli Ordini regionali non deve diventare il vestito di Arlecchino: troppi praticantati d’ufficio,troppi professionisti diventati tali senza editori,contratto e contributi;commissioni d’esame troppo spesso formate in modo clientelare (perché non includervi,ogni volta,un componente designato dalla nostra Unione specie per la valutazione degli scritti,la storia del Giornalismo,le principali norme del Diritto,la deontologia professionale e l’etica,la psicologia dell’opinione pubblica?).
Valutazione molto critica si deve fare sul funzionamento delle scuole di formazione in ambito universitario che vanno drasticamente ridotte (sono fabbriche di illusioni e di potenziali disoccupati) insieme con l’abolizione delle facoltà di Scienze della comunicazione: sfornano lauree ingannevoli in quanto presentate,dalle  Università,come “specchietto per le allodole” col fine di incamerare costose immatricolazioni.
Consideriamo che l’Ordine dei Giornalisti (120 mila iscritti) è sempre più impopolare (il premier Matteo Renzi non ha fatto mistero che non esiterebbe ad eliminarlo).Il Governo ha preparato una riforma che porta gli attuali 156 consiglieri nazionali a 18: probabilmente sono pochi,ma certamente sono spropositati quelli in carica che,fra riunioni varie,fanno salire i costi a 1,5 milioni l’anno. E’ solo un gigantesco apparato che contrasta acutamente con la crisi in atto della nostra professione  e di quasi tutta l’editoria. Non è immorale che tanti iscritti “obtorto collo” debbano servire solo per incassare quote? La dequalificazione professionale che ne consegue,quanto ci costa? L’aggiornamento in atto si sta rivelando,in molti casi,una farsa. Quando una seria revisione dell’albo e, anche qui, con la diretta partecipazione di rappresentanti della nostra Unione?
Un efficace rapporto di solidale reciprocità può essere instaurato con il Sindacato nazionale partendo da questa premessa: il pensionato che si chiede “a che serve l’iscrizione all’Ungp” è come se,a priori,si fosse già chiesto,con senso di sfiducia, “a che serve la Fnsi”.Significa che, se portiamo colleghi pensionati dentro il Sindacato inducendoli a sottoscrivere lo 030, aiutiamo il Sindacato ad avere un po’ di ossigeno. A  nostra volta dobbiamo però premere -con costante presenza nel Consiglio nazionale,nella Giunta,nelle Commissioni e nelle trattative contrattuali- a favore di istanze non di componente ,ma riguardanti  gli aspetti più qualificanti della professione. Se si è perso il 20-30 per cento del lavoro, è anche perché lo spirito sindacale e l’impegno dei Cdr si sono progressivamente attenuati. Vertenze regionali,pilotate dalla Fnsi con la presenza anche dell’Ungp, potrebbero ridare forza di contrattazione là dove l’editore è particolarmente aggressivo e “padronale”. Sinergia e reciprocità,quindi,per realizzare le quali non aiutano,però,idee e affermazioni tipo: “Io,come segretario della Fnsi,tutelo solo i colleghi attivi”. Se davvero in questo caso la parola ha tradito il pensiero,più che una smentita occorrono atti e comportamenti coerenti.
Nessuna ambiguità sull’Inpgi.La solidarietà e l’attenzione per il futuro delle nuove leve non sono affatto incompatibili con la difesa,netta e vigorosa,dei diritti acquisiti e garantiti dalla Costituzione. Il Governo ha già bloccato fino al 2018 l’indicizzazione degli assegni. Sono anche per questo inaccettabili ulteriori decisioni e provvedimenti come il taglio, o prelievo forzoso, deciso nel luglio 2015. Ipotizzabile un intervento diretto dell’Ungp sui ministri dell’Economia e del Lavoro?
L’Inpgi ha una struttura faraonica il cui costo,a cominciare dalla Presidenza (la vicenda Camporese è inquietante) va alleggerito drasticamente. Da molte settimane una Commissione parlamentare sta indagando ed è auspicabile che non si arrivi al commissariamento.Anche l’inchiesta giudiziaria di Milano servirà a fare chiarezza su forme di investimento e di partecipazione finanziaria che sono apparse sicuramente temerarie oltre che economicamente dannose. La arbitraria,perché unilaterale, rivalutazione degli immobili e la gestione mobiliare dei titoli hanno prodotto 85 milioni nel 2015,ma per quanto tempo ancora si potrà continuare a galleggiare,con pareggi di bilancio virtuali però non virtuosi,ricorrendo ai “gioielli di famiglia”? Il patrimonio di 2200 alloggi  (valore 1.180 milioni ) di cui si annuncia una “ricollocazione strategica, va difeso e non “manovrato” per illusoriamente sopravvivere. Sembra che ora anche la Banca d’Italia voglia fare piena luce.
Da presidio della libertà di stampa (ricordiamo i tempi in cui l’Istituto sosteneva le Cooperative di Giornalisti contro la chiusura o la concentrazione delle testate), l’Inpgi  sembra diventato il bancomat degli editori (prestito di 12 milioni per pagare una parte dell’ex fissa). Più che mai occorre che gli ispettori dell’Istituto intensifichino i controlli affinché tante posizioni irregolari (giornali ed emittenza radiotelevisiva privata e Rai come capitolo a sé,con i suoi giornalisti “invisibili”, dopo la riforma recentemente approvata dal Parlamento) vengano contrattualizzate, sanzionando tanti episodi di sfruttamento e dequalificazione.L’intervento deve riguardare anche gli Uffici stampa degli enti pubblici (a cominciare dalle Regioni) e privati. Si parla di almeno 15 mila posizioni che andrebbero attentamente verificate. Senza contare l’incredibile ritardo nell’applicazione della legge 150 del 2000 che riguarda le amministrazioni pubbliche.
Naturalmente,la crisi colpisce anche la Casagit e i prossimi anni non sono affatto incoraggianti. Una previsione dice che le contribuzioni (81,1 milioni nel 2015) scenderanno a 78,3 fra quattro anni; i costi -prestazioni e gestione- saliranno invece da 83,8 dell’anno scorso a 88,1.A loro volta le riserve patrimoniali scomparirebbero quasi del tutto: da 34 milioni del 2015 a 1,7.
I problemi sono tanti, ma molti anche gli spazi che consentono alla nostra Unione di agire in autonomia da Sindacato di base e a struttura nazionale, con proprie idee e proposte. Si potrebbero  formare,al nostro interno, gruppi di lavoro (non più di tre consiglieri) per le questioni più rilevanti e proporne i risultati alle nostre strutture rappresentative,però anche dandone informazione all’esterno (con i modi che si riterranno più efficaci,ma comunque senza timori reverenziali verso nessuno).L’Usigrai,Sindacato di base come noi,può essere un utile riferimento.
A febbraio l’Inpgi si rinnova. Converrebbe una riunione “tematica” del nostro Consiglio nazionale in modo da definire il mandato che i nostri colleghi pensionati possono svolgere da qui  al voto e poi in tutte le sedi una volta eletti.

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