21/12/2011

La crisi è dura, il tunnel profondo: ma quanti posti di lavoro
può salvare “l’articolo 18” se viene abolito o se resta com’è?

Una manifestazione a difesa dell'art. 18Il confronto politico-sindacale sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ha preso una piega ideologica che non promette nulla di buono. E' sperabile che il tempo, e le imminenti ferie parlamentari, portino consiglio, ma intanto val la pena di riflettere su alcune cifre inoppugnabili che dovrebbero aiutare tutti a scendere dalle barricate ed avviare un dialogo costruttivo


Il Centro studi della Confindustria, in base a sue valutazioni sul Pil italiano dei prossimi anni (meno 2% nel 2012-2013 in seguito alla manovra Monti e a quelle precedenti) prevede 800 mila occupati in meno nell'industria, cui si aggiungerebbero coloro a cui scadrà la cassa integrazione e che, dato il persistere della crisi economica, non potrebbero rientrare nel mondo del lavoro restando quindi del tutto privi di ammortizzatori. Un dramma che già molti hanno conosciuto.
Dal canto suo (citiamo da "La Stampa" di oggi), il Censis ha focalizzato la sua attenzione sul mondo giovanile, rilevando che in Italia nella fascia tra i 15 e i 24 anni solo il 20,55% dei soggetti sono occupati, contro il 34,1% della media Ue. Tra i 25 e i 29 anni, in Italia sono occupati il 58,8% contro il 72,2% della media Ue. Il trend dell'occupazione giovanile nel nostro Paese è quanto mai negativo, e non da oggi: negli ultimi quattro anni un milione di giovani hanno perso il lavoro e quasi uno su quattro non lavora e non studia; gli unici segnali debolmente positivi vengono dal lavoro a termine e dal lavoro autonomo, peraltro con percentuali minime di incremento occupazionale (e non parliamo dei redditi). L'unica platea in forte incremento è quella dei lavoratori stranieri: 580 mila in più negli ultimi quattro anni, con un più 38,5%.
Ora, ci chiediamo: di fronte a questi bilanci, veramente allarmanti, e di fronte alle nere previsioni per i prossimi mesi, quanti posti di lavoro in più pensano di riuscire a creare coloro che chiedono l'abolizione dell'articolo 18? E per converso, quanti posti pensano di poter salvare quelli che ne difendono strenuamente la persistenza? Non osiamo rispondere; ma è certo che in Italia, più che in altri Paesi simili al nostro, ci troviamo da tempo di fronte non a singoli "casi" di disoccupazione senza giusta causa, ma al dramma di interi comparti industriali in abbandono e di fabbriche intere che delocalizzano o chiudono; e su questa realtà, diciamocelo, l'articolo 18, che resti in vigore o venga soppresso, può fare ben poco.
Se le cose stanno così, le barricate ideologiche servono a poco. Il tema della ripresa dello sviluppo è drammatico e sollecita interventi multipli e coordinati di Governo, Parlamento, parti sociali. Se si vuole salvare l'Italia ognuno deve fare la sua parte, avviando un confronto serio, senza pregiudiziali in un senso o nell'altro. Ma la prima mossa spetta indubbiamente al Governo. Ce la faranno i nostri tecnici?

Guido Bossa