15/11/2015
De Vito (Ungp Piemonte): “Giusto il no al prelievo”
Sembra che non ci sia pace per i pensionati, strattonati di qua e di là, nei dibattiti televisivi e negli interventi dei politici logorroici. Parlano i ministri, parla, anzi straparla, il presidente dell’Inps Boeri che vorrebbe fare lui le leggi, per lo più punitive per chi dopo una vita di lavoro e di contributi adesso avrebbe diritto a un po’ di tranquillità, ma invece è costretto a vivere nell’ansia perenne, e su di lui, il pensionato, devono ogni giorno pesare la crisi che non finisce, il problema dei giovani senza lavoro, le pecche dell’industria obsoleta, la disorganizzazione dello Stato, tutti i guai provocati da tasse troppo alte, corruzione a go-go, il Malpaese che conosciamo, compresa la burocrazia onnipresente e strabordante, i dipendenti pubblici tendenti al dolce far niente, non tutti, certo, ma tanti, troppi
Ovunque, non solo a Sanremo dove sono abituati a cantare, ma in ogni dove. Come fa un pensionato a stare sereno, con questi chiari di luna? Pensionati per lo più poveri, con pochi soldi in tasca e i bisogni che crescono. Ma oltre ai più poveri, ci sono quelli un tantino più “forniti”, che però spesso devono pensare ai figli e ai nipoti.
I giornalisti pensionati, quelli nella media dei trattamenti, che Boeri definisce d’oro a prescindere, non fanno eccezione. Nel maltrattamento generale. Quelli con pensioni basse pagano poche tasse e sono tutelati anche dal Fondo di perequazione che quest’anno sembra anche più ricco e potrà intervenire su una platea più vasta. E gli altri? Non parlo delle pensioni davvero d’oro, comunque frutto di contributi altissimi per decenni. E le tasse, alte, le pagano. E la solidarietà per legge dello Stato la praticano, con tempi e modi decisi dal parlamento. Parlo degli altri “medi”, parlo di quelli come la maggior parte di noi, penalizzati dalla mancata perequazione di anni e anni (una ventina di milioni lasciati forzosamente nelle casse dell’Inpgi, e bisognerebbe tenerne conto), penalizzati dai balzelli regionali e comunali, dal fatto che le pensioni “deperiscono” rapidamente, ci mettono poco a diventare “di annata”. Proprio mentre i bisogni della vita aumentano.
Bisognerebbe tenere presente tutto questo, quando di parla di pensioni. E non ripetere a pappagallo che i giovani non avranno queste vostre pensioni, che con il contributivo prenderanno di meno (ma pare non sia vero), che voi siete stati fortunati, e altre amenità del genere. Basta con le offese. Certo, siamo stati fortunati a lavorare, per anni senza tanti diritti, man mano conquistati con infinite lotte sindacali. Ed ecco il punto: oggi per i giovani non c’è lavoro, è l’occupazione il problema, non i pensionati . (E molti di questi potrebbero riposarsi un po’ invece di continuare come prima e più di prima, ci siamo intesi). Occupazione, lavoro, tanti tipi di lavoro nel mondo dell’informazione che cambia ad horas. Contratti e adeguate remunerazioni per tutti. E’, sarebbe, questa la svolta. Lavoro e contributi, tanti contributi all’Inpgi, perché sopravviva a quasi un secolo dalla sua nascita, soprattutto per riscuotere i contributi e pagare le pensioni (che senza i primi, non ci saranno). Il resto, l’assistenza che costa milioni, deve (dovrebbe) farla lo Stato, come ha già fatto per i prepensionamenti. Soluzioni politiche , fatte di leggi, di regole nuove, di editori che ci marcino di meno e facciano meno melina e non piangano sempre miseria, proponendosi, invece, come protagonisti del cambiamento.
Naturalmente il sindacato, unitario per modo di dire (non riesce neppure ad eleggere il nuovo presidente della Federazione), deve fare la sua parte, con gli editori e con lo Stato. La sfida del prossimo contratto è lì che aspetta. Costruire il futuro è un imperativo categorico, per la libera informazione e per gli operatori, a tutti i titoli, della informazione. I pensionati vogliono partecipare alla costruzione del futuro, insieme a tutti gli altri giornalisti. Ma senza essere maltrattati, siamo tutti un po’ stufi di questo andazzo, di essere puntati a dito come privilegiati, senza cuore, senza spirito di solidarietà. Ma per favore...
Molti giornalisti pensionati continuano a dirsi insoddisfatti, ad esempio, della riforma varata dall’Inpgi il 27 luglio, per la parte che prevede, prevederebbe, un contributo straordinario per cinque anni. E’ stato un errore, è giusto dire “no”. Qui la solidarietà non c’entra nulla, abbiamo già dato. I più interessati alla difesa e alla salute dell’Inpgi sono i pensionati. Non tutti, non quelli che vorrebbero “andare all’Inps”. Dandosi la zappa sui piedi.
Ma intanto, perché la riforma continua a dormire sui tavoli dei ministeri vigilanti? Non bastano quattro mesi per approvare o respingere? O è proprio il nodo del prelievo sulle pensioni a creare perplessità? O é proprio tutta la manovra ad essere ritenuta insufficiente allo scopo di mettere in ordine i conti dell’Inpgi? Lo sapremo presto.
I dirigenti dell’Inpgi praticamente scaduti, in attesa delle elezioni di fine febbraio 2016, ne dovranno prendere atto. Magari la riforma andrà rivista, modificata, migliorata, appesantita, ridiscussa, o semplicemente rinviata al 2016, al nuovo corso dell’istituto. Chi vivrà vedrà. Senza prelievo sulle pensioni, mi auguro. Ma facendo leva su altri capitoli di spesa. E senza scontri e confusione. Difendiamolo, l’Inpgi. Non attacchiamolo come un nemico, lancia in resta. L’Inpgi dovrà lavorare sulla trasparenza e non solo. Dovrà anche cambiare negli uomini e nelle idee, per reggere meglio nella congiuntura difficile. Il voto di febbraio arriva come un’opportunità, per chi vuole costruire.
Antonio De Vito
Presidente Ungp Piemonte