14/12/2011
La “missione impossibile” di Camporese: per gli enti previdenziali privatizzati restano le norme vessatorie nella manovra che va in Parlamento. Anche l’Inpgi penalizzato nonostante la riforma di contributi, prestazioni e i bilanci in ordine
Non ha avuto apprezzabile seguito l'intervento del Presidente dell'Inpgi Andrea Camporese, svolto a nome dell'intera Associazione degli enti previdenziali privati, che rappresentano oltre due milioni di professionisti, per ottenere dal Parlamento una giusta riconsiderazione della norma-capestro che obbliga tali enti ad adottare misure "volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate retributive e spese per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni"
L'unica, insignificante modifica apportata in commissione è un risibile allungamento da tre a sei mesi (dal 31 marzo al 30 giugno) dei tempi concessi alle Casse, e dunque anche all'Inpgi per adottare i provvedimenti necessari, pena l'applicazione immediata del contributivo pro-rata agli iscritti alle relative gestioni e un contributo di solidarietà dell'1% per gli anni 2012 e 2013 a carico di tutti i pensionati.
La manovra del governo Monti va dunque in Aula con tale iniqua disposizione, che non tiene assolutamente conto della certificata sostenibilità dei bilanci, della consistenza dei patrimoni, della correttezza gestionale delle Casse. Ciò vale tanto più per il nostro Istituto di previdenza che, forte della certificata solidità dei propri bilanci, ha già provveduto autonomamente ad adeguare il proprio regolamento alle norme relative all'innalzamento dei requisiti di età per la pensione di vecchiaia per le donne e per gli uomini, oltre che dei trattamenti di anzianità. L'assenza di qualsiasi costo a carico dello Stato costituisce la massima garanzia per gli iscritti e per gli stessi ministeri vigilanti, che hanno già ratificato la nuova normativa.
In questa situazione, l'obbligo della sostenibilità a cinquanta anni, peraltro difficilmente certificabile in termini attuariali, costituisce soltanto una ingiustificata e pesante minaccia all'autonomia dell'Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani, pilastro dell'autonomia professionale di tutti i colleghi. L'indipendenza dei giornalisti è stata insidiata più volte negli scorsi anni con il ricorso ad iniziative legislative pretestuose e ingiustificate, tese a limitare l'accesso alle fonti d'informazione o la pubblicazione di notizie sgradite ai potenti. Oggi siamo di fronte ad un tentativo di irreggimentazione della stampa che se vogliamo è ancor più subdolo perché attuato con la falsa motivazione di una necessaria austerità economica. Penalizzando le pensioni dei giornalisti e mettendo in discussione l'autonomia del loro Istituto di previdenza non si risparmia un euro; si mortifica una intera categoria di lavoratori la cui professionalità è strettamente legata all'esercizio della democrazia nel Paese; e forse ci si prepara ad incamerare un patrimonio prezioso.
Di fronte a questa minaccia alla nostra autonomia, che rischia di passare attraverso le aule di un Parlamento distratto e mortificato, delusione e sconcerto sono ben poca cosa. Il sindacato deve far partire subito una mobilitazione di tutti i giornalisti italiani, che devono essere avvertiti dei gravi rischi che corre la loro autonomia professionale; l'Inpgi deve fin da ora prepararsi a mettere in campo tutti gli strumenti di convinzione e di pressione di cui dispone, senza escludere una risposta in tutte le sedi, non esclusa quella legale, a difesa della propria autonomia e dell'autonomia dei giornalisti italiani.