28/03/2015
Pensioni: quanto ci costa il blocco della perequazione. I calcoli dello Spi-Cgil
L’Ungp torna a chiedere alla Fnsi di farsi carico del problema
Mentre si attende la pronuncia della Corte Costituzionale sul blocco dei trattamenti pensionistici di importo superiore ai tre volte il minimo Inps, il potente sindacato dei pensionati della Cgil – lo Spi, forte di quasi tre milioni di iscritti – presenta il conto al governo diffondendo uno studio sulle conseguenze del blocco totale della perequazione effettuato nel biennio 2012-2013 e dei nuovi meccanismi di rivalutazione determinati dalla legge di stabilità 2014. Un conto pesante, perché secondo lo Spi, nel periodo indicato, a 5,5 milioni di pensionati sono stati sottratti 9,7 miliardi di euro, con una perdita media pro capite di 1.779 euro. Le pensioni superiori a 3.000 euro sono state tagliate in quattro anni di oltre 3.500 euro
Per quanto riguarda i giornalisti pensionati, la perequazione riconosciuta dall’Inpgi è pari all’1,20% degli importi fino a tre volte il minimo Inps (19.321,77 euro), e poi con aliquote a calare fino allo 0,48% per gli importi pensionistici complessivi superiori ad euro 38.643,54 (6 volte minimo INPS), con l’ulteriore aggravante che le aliquote di rivalutazione sono applicate all’importo complessivo rientrante nella fascia di appartenenza e non più in base alla ripartizione per scaglioni, e quindi con un’ulteriore penalizzazione.
Contro questa palese ingiustizia l’Unione nazionale giornalisti pensionati ha più volte protestato sollecitando anche un intervento della Fnsi e segnalando il rischio che sul problema del trattamento pensionistico entri in sofferenza l’unità della nostra categoria e la coesione sociale fra i colleghi attivi e i pensionati Tra la fine del 2013 e i primi mesi dell’anno successivo, il Comitato esecutivo e poi il Consiglio nazionale dell’Unione fecero presente che Il blocco dell’aumento indicizzato, introdotto come misura temporanea ed eccezionale in un momento di grave sofferenza del bilancio statale, stesse diventando strutturale e quindi non più accettabile, in quanto produceva un danno economico rilevante a buona parte degli iscritti al sindacato.
Purtroppo, l’appello allora rivolto al sindacato non fu raccolto in quanto, ci si disse, altre erano le priorità. Il tema è stato ripreso al recente congresso di Chianciano, quando è stata denunciata un’altra grave penalizzazione che colpisce i pensionati italiani e i giornalisti in particolare: riguarda il trattamento fiscale dei loro redditi che, caso quasi unico in Europa, è esattamente uguale a quello dei redditi da lavoro, mentre, trattandosi di salario differito, è stato già tassato una volta all’origine. Per questo motivo, in numerosi paesi europei, compresa la virtuosa Germania, le pensioni non vengono tassate affatto o sono sottoposte ad aliquote bassissime.
Non mancherà occasione per riproporre questa ed altre rivendicazioni dei giornalisti pensionati nelle sedi sindacali più opportune e rappresentative, a cominciare dal Consiglio nazionale della Fnsi, dove, convinti che la battaglie per le pensioni sia giusta ed equa, chiederemo di accogliere, nelle forme più opportune, le istanze di tutti i giornalisti pensionati su un tema di urgente attualità.
Intanto segnaliamo la proposta formulata dallo Spi-Cgil per non penalizzare ulteriormente i pensionati italiani: applicare il 100% di rivalutazione per gli importi pensionistici fino a 5 volte il trattamento minimo Inps (circa 2500 euro lordi mensili), e scendere al 50% per gli importi superiori. Calcolato sull’intera platea degli aventi diritto, il costo del ricalcolo sarebbe di 350 milioni di euro per ogni punto di inflazione. E aspettiamo la sentenza della Corte.