01/02/2015

Gli interventi dalla tribuna del Congresso
Antonio De Vito (vicepresidente vicario uscente):
"Un oroscopo per l’Ungp, lavoro e amore per restare in pista"

Mi vengono in mente, come avvio di una riflessione, quelle macchinette della fortuna che stanno davanti ai bar. Una voce, in attesa della monetina per l'oroscopo, ripete monotona: LAVOORO, AMOORE, come  un mantra. Sono, a pensarci, i temi che ci appassionano, anche qui


LAVORO è, da tempo, la parola magica di  tutti i dibattiti. Quel lavoro che appare per noi come una realtà lontana, passata da tanto o da poco. Per fortuna - è una fortuna - non ce ne dobbiamo più preoccupare, abbiamo già dato, salvo il manipolo di irriducibili ancora in pista. Non che non sia giusto, per chi ha voglia. Ma non per continuare con l'etichetta nuova , pari pari , l'attività di prima. Compiacendo gli editori che ci marciano, e togliendo un po' di speranza ai giovani che si affannano precariamente.
Proprio questo tema, il lavoro, sarà argomento del congresso della casa madre nei prossimi giorni, i medici a consulto devono trovare nuovi rimedi per la malattia che rischia di mandare a catafascio tutto il nostro mondo, il mestiere sempre nobile, la previdenza, cioè l'Inpgi, la nostra salute, leggi Casagit.
Il lavoro rimane il centro, il clou, il pensiero dominante di questi giorni, mesi ed anni.
A tutele crescenti, a tutele comunque, con mente aperta e occhi sul futuro.
Bisogna andare avanti,  non si può soltanto guardare al passato e vivere di ricordi.
Non è da rimpiangere , certamente, il mondo di ieri definitivamente passato con tutte le sue illusioni.
La seconda parolina magica è AMORE.
E noi , qui e  ora, abbiamo più bisogno d'amore che nei nostri verdi anni.
Amore come volete, come ciascuno vuole, per come è  possibile. Amore, in tutte le sue forme, necessario per noi uomini e donne di tante e sempre verdi primavere.
Per tenerci a galla. Per soffrire di meno. Per tenere sveglio il cervello, il nostro vero lavoro di oggi. La nostra speranza è non avvizzire, dentro e fuori, resistere, combattere. Con le nostre forze sempre più deboli. Diversamente giovani ? Si, cosi ci rincuoriamo.
Poi noi, tutti noi, siamo anche un sindacato, giunto al suo sesto congresso.
Tanta strada percorsa da quel lontano 1998, quando eravamo pochi illusi e sognatori , ma convintamente determinati. Possiamo dircelo tranquillamente, qualche risultato l'abbiamo ottenuto.
Non esistevamo ed esistiamo. Non contavamo nulla e in qualche modo, anche in dissonanza, ci facciamo sentire, la casa madre è più di prima costretta e propensa ad ascoltarci.Siamo stati vicini alla Fnsi per il recente contratto, nella situazione data è stato un miracolo in se', senza quella firma non ci sarebbe stato nessun contratto.  Questo contratto ha mantenuto tutte le vecchie conquiste, compreso il nostro articolo 21 del Fondo di perequazione, attivo anche nel secondo anno, nel 2014, per un sostegno alle pensioni basse. Non lo fa nessuno, in Italia, l'ha fatto e confermato questo sindacato, vivo a dispetto della crisi e di tanti parolai persi in una realtà virtuale.
Dobbiamo dircelo, siamo anche una categoria ammalata di tafazzismo, il sindacato non è TUTTO O NIENTE, il sindacato è lotta e mediazione. Tanti sono contro a prescindere, contro un contratto che ha salvato l'Inpgi,  ha innovato sul lavoro autonomo, ha ancora una volta vinto la sua battaglia nella situazione di grande, eccessiva crisi  e nonostante gli editori, conservatori e refrattari a cambiare, a investire davvero sul futuro dell'informazione in rapido divenire.
Perché il mondo cambia , va avanti. Propone nuovi modelli e progetti in tutti i settori. Figuriamoci nel nostro, sempre più centrale in una società democratica, ogni giorno sotto i riflettori.
Spero che emerga dal prossimo congresso Fnsi questo monito ai padroni  tutti , carta stampata, tv, web.
Non basta svuotare le redazioni, accorpare le proprietà, Non basta continuare a mettere la testa sotto la sabbia. Bisogna inventare un futuro possibile e  credibile. Chi vivrà vedrà, facciamo gli scongiuri.
Anche l'Unione nazionale giornalisti pensionati ha fatto e deve continuare a fare la sua parte. Sento risuonare anche qui a Chianciano la campana del "nuovo welfare". Ormai si parla solo in inglese, jobs act, eccetera. Io preferisco dire lavoro, pensioni, stato sociale, che , dicono le spiegazioni dotte , " è una caratteristica dei moderni stati di diritto che si fonda sul principio di uguaglianza".
Ma lo stato sociale proprio ugualitario non è, ristagna in una crisi che appare senza uscita, anche i ceti medi come noi sono in crisi, gli studiosi parlano ( e i governi parlano, compreso l'ultimo) di diminuire la spesa pubblica e il prelievo fiscale.
Ma intanto le tasse crescono, la corruzione dilaga, le mafie capitali e provinciali prosperano, i disastri si susseguono,  i partiti sono morti anzi suicidi, e comunque latitanti, i cittadini subiscono , sempre più scontenti e preoccupati.
Anche il nostro welfare piange. Lo sappiamo. Ma cosa deve fare un sindacato?
Non so rispondere alla domandona. E non ho, non posso avere, da solo, una ideona per risolvere il rebus.  Però mi sento di dire a noi stessi, all'Unione che qui si rinnova per andare avanti e contare di più, alla Fnsi che, speriamo, si rinnoverà' (abbiamo bisogno di un sindacato meno anchilosato, più aperto, meno burocratico , molti, molti auguri al nuovo segretario che sta per assumerne la guida, sarà un'impresa difficile), voglio credere che tutti insieme - è un valore fondamentale quello dell'unità, - si possa spingere in una unica direzione, soprattutto per quel lavoro cantato è un po' sfottuto dalle macchinette della fortuna , e non soltanto da loro.
LAVORO, dunque,  per i giovani,  anche a tutele crescenti, anche in altre forme, senza inutili ideologismi. Bisogna  essere pragmatici. Purché lavoro sia e arrivino contributi all'Inpgi, e certezze per gli operatori dell'informazione, tutelati da nuove regole (magari anche  abbattendo e superando il disordine di qualche baraccone antistorico, inutile e dannoso).
Quanto ai vecchietti, suggerirei la parolina AMORE, con l'aggiunta " a tutele crescenti", che vuol dire,
1) pensioni dignitose e rivalutate dal prossimo anno e ogni anno (se la questione fiscale va avanti, si trovano  anche i denari);
2) difesa a oltranza dell'Inpgi ( e della glasnost all'Inpgi - per intenderci, io mi sarei dimesso nei panni del presidente Camporese, che comunque continuo a ritenere persona per bene , fino a prova contraria)
3) meno balzelli centrali e periferici , sgravi di tasse oltre una certa soglia di età, come avviene in altri angoli d'Europa;
4) cura della salute (in sintesi, teniamoci ben stretta e difendiamo la Casagit).

Su questi temi il sindacato deve lavorare, la Fnsi deve lavorare. E deve lavorare con il governo e contro il governo, con i politici e contro i politici, con i cosiddetti sindacati maggiori e contro - se occorre - i cosiddetti sindacati maggiori, restii a occuparsi degli altri, oltre il perimetro vecchiotto dei loro iscritti.
Quanto a noi,  dobbiamo riaffermare con forza e farlo capire ai colleghi più giovani, che non siamo una categoria di privilegiati, e abbiamo pensioni medie ( salvo pochissimi) sempre più povere e tartassate. Insomma paghiamo anche per gli altri e questo non va bene e ci deprime.
Qui la solidarietà sempre invocata a sproposito, non c'entra. Vogliamo più diritti, più attenzione, dentro il nostro mondo e fuori.
Noi giornalisti di ieri e dell'altro ieri valiamo come i precari, come tutti i giovani  che in parte manteniamo con le nostre pensioni di padri e  nonni.
Dei giovani ci dobbiamo certamente fare carico. Ma  vorremmo vivere più serenamente la nostra vita di età avanzata e quella delle nostre famiglie, lo diciamo anche agli appassionati degli scioperi generali, ai massimalisti, agli incontentabili . E a "quelli che il sindacato fa schifo" e perciò se ne stanno in disparte, a guardare e a lamentarsi.
Viviamo tutti , lo verifichiamo ogni giorno, in uno Stato diseguale, poco o nulla moderno,  nonostante le vetrine mondiali del prossimo EXPO'.
Tanti anni fa, nell'altro secolo, mi laureai con una tesi di diritto costituzionale sulle autonomie, sui limiti delle leggi regionali, dieci anni prima che facessero le Regioni, quelle ordinarie. Allora le Regioni erano una grande speranza. Oggi , ne sono convinto, sarebbe meglio che non ci fossero, perché sono un colossale colabrodo in mano ad amministratori neghittosi, spesso collusi, con un'idea del bene pubblico  , come definirlo,  molto , qui ci sta la parola, "regionale", particolare, personale e familistica , ognuno per se' e Dio per  tutti, che  minano qualsiasi idea di STATO MODERNO, di nuovo welfare solidale , di nuova sostenibilità sociale, al Nord e al Sud dell'Italietta spocchiosa, angoletto dell'Europa che non ci vuole bene e che , così com'è , comunque , ci ha molto deluso e dovrebbe cambiare . Ma temo che continuerà a deluderci. E da cinquant'anni ci promettono in Italia riforme che non arrivano. Siamo anche un po' stanchi di aspettare.
Bisogna arrendersi al declino e allo sfacelo? Certo che no. Avremmo gettato al vento illusioni e speranze di parecchi decenni.
Perciò bisogna rimanere attaccati alla fiducia.
La nostra Unione, la nostra Fnsi, i nostri istituti di salvaguardia e tutela, vivono in questa bagna, come diciamo noi piemontesi, anche uno come il sottoscritto,  mezzo torinese e mezzo foggiano, un po' "disperso " tra Nord e Sud. 
Ma non ci dobbiamo arrendere. Bisogna continuare a stare in pista e a difenderci, rimanendo  uniti. È un  augurio a questa assemblea e ai nostri iscritti.

Antonio De Vito
vicepresidente vicario uscente