18/07/2014

Il contratto è firmato: ombre, luci e una certezza

Franco Siddi e Giovanni RossiContratto firmato, contratto in vigore, ma anche contratto contestato da quattro associazioni fra cui la romana, contratto che provoca la scissione di “Puntoeacapo”, contratto che alimenta polemiche fra Fnsi e Ordine sull’equo compenso e il lavoro autonomo. E infine referendum sul contratto, al quale i giornalisti pensionati parteciperanno esprimendosi come tutti i colleghi. Per farlo in piena consapevolezza delle decisioni da assumere, conviene mettere a fuoco alcuni punti che a noi pensionati interessano in modo particolare


Cominciamo da ciò che di positivo resta in un contrato che ha visto purtroppo una considerevole riduzione di diritti e di istituti economici e normativi che si riteneva consolidati. Resta, nel passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, l’articolo 21, introdotto dal vecchio strumento contrattuale, che da cinque anni finanzia il Fondo di perequazione destinato a tutelare le prestazioni previdenziali erogate dall’Inpgi ai giornalisti pensionati e ai titolari di pensioni di reversibilità secondo  un criterio che privilegia i redditi più bassi.
Nel corso della lunga maratona negoziale (iniziata, lo ricordiamo, nella primavera del 2013) nessuno ha mai messo in discussione l’esistenza del fondo, la sua consistenza, i criteri della distribuzione fra i colleghi pensionati più svantaggiati, le competenze degli organismi preposti (Fnsi, Comitato di gestione, Inpgi). Dunque il fondo è confermato, il che significa che entro l’anno in corso si procederà alla seconda erogazione, con le priorità e secondo i criteri che verranno tempestivamente definiti  anche in relazione alla consistenza del capitale accumulato. L’Inpgi, depositario del Fondo, farà i suoi conti, le sue simulazioni e le sue proposte, che presenterà alla Federazione e al Comitato, cui spetta l’onere di deliberare.
Non è cosa da poco. Entra a regime un istituto contrattuale di grande rilevanza, frutto di una concezione solidaristica oltre che perequativa: il fondo è alimentato da contributi dei colleghi in attività e va a beneficio dei pensionati a più basso reddito. Se riuscirà a svilupparsi, nel tempo potrà trasformarsi, grazie ai versamento effettuati e ad una oculata gestione, in una “seconda gamba” di sostegno ai trattamenti economici più esigui e fermi ormai da anni. Nel dicembre del 2013 oltre settecento tra colleghi in pensione e superstiti hanno beneficiato di una sorta di “tredicesima bis”, per molti di loro inattesa. Del capitale accumulato sono stati impiegati 950 mila euro: il resto (due volte tanto) è stato prudentemente investito o accantonato per far da volano al secondo intervento perequativo. In sintesi, il nostro fondo è stato per i colleghi più svantaggiati un po’ come gli 80 euro del governo Renzi. Ma noi siamo già sicuri che il fondo resterà in piedi, attivo e alimentato. I beneficiari degli 80 euro questa certezza non l’hanno ancora.
Detto questo, si apre il capitolo delle ombre che il nuovo contratto si lascia alle spalle, o meglio delle incognite che apre davanti a sé e sul futuro dei giornalisti italiani. E siccome siamo pensionati (chi più anziani, chi meno) già sappiamo che l’ombra più fitta, l’incognita più pesante, diciamo pure la delusione maggiore riguarda l’ex fissa. Chi è andato in pensione avendo maturato il diritto e avendone già richiesto la corresponsione, sa che la riceverà a rate, chi è ancora in attività la vedrà falcidiata e in parte trasformata in supplemento di pensione; per tutti sarà una magra consolazione sapere che il “fondo ex fissa”, così com’era strutturato, era destinato al fallimento. Per non parlare degli interrogativi che ancora restano aperti: anche così com’è ridotta, tagliata e rateizzata, l’ex fissa sopravvivrà solo se l’Impgi la finanzierà e se i ministeri non troveranno nulla da ridire.
L’Inpgi, appunto, e la Casagit: due istituti che interessano molto noi pensionati. Quali riflessi avrà il nuovo contratto sui conti del nostro Istituto di previdenza? Quanto vale il contratto? I calcoli del presidente Camporese sono piuttosto prudenziali: 70-100 milioni nel triennio (il contratto scade nella primavera del 2016), il che vuol dire che a mercato corrente il maggiore introito vale circa il 30% delle passività previste, se il mercato non si riprende. Se si riprende potrebbe salire oltre i 100 milioni. Ma la creazione di nuovo lavoro è “una scommessa”  (testuale). I calcoli della Fnsi sono più ottimisti, ma è un ottimismo che attende la verifica dei fatti. Nei prossimi 6-8 mesi, ha avvertito Camporese, l’Inpgi osserverà l’andamento del mercato del lavoro per vedere se qualcosa si muove, ma se tutto resterà immobile, o peggio (meno 6%  di occupati nel 2013 dopo cinque anni di calo costante, il trend peggiore dal dopoguerra) “dovremo assumere iniziative”. Per chi non avesse capito significa taglio delle prestazioni.
Il discorso della Casagit è analogo. 700 iscritti contrattualizzati persi in un anno, quasi 2.500 dal 2009; e 1300 pensionati in più che non versano nulla (è ovvio) e richiedono prestazioni più onerose. I tre nuovi “profili” hanno dato mille nuovi iscritti,  ma l’ultimo bilancio è attivo solo grazie ad una accorta gestione patrimoniale (come quello dell’Inpgi). Nonostante le difficoltà, il 53% delle prestazioni fornite dalla Cassa è integralmente sostitutivo del Servizio sanitario nazionale; dunque la Cassa serve. E anche qui il futuro dipende dalla ripresa dell’occupazione.
Ecco: il punto cruciale è proprio questo. Anche il segretario della Fnsi Franco Siddi ha parlato di una scommessa sul lavoro e di una “triangolazione” con il governo per le nuove assunzioni, la previdenza, l’inclusione di nuove figure professionali nel perimetro contrattuale. Il sottosegretario Lotti stima 300 nuovi ingressi nel 2014, mille in tre anni. Le verifiche saranno a breve. E il referendum entro l’anno. Poi il congresso della Federazione.