01/03/2014

Contratto, crisi dell’editoria, pensioni e Congresso: i lavori del Consiglio nazionale

Pubblichiamo stralci della relazione del presidente Guido Bossa al Consiglio nazionale dell’Ungp
che si é tenuto a Roma il 27 febbraio 2014

Il 9 ottobre dello scorso anno, data dell’ultima riunione del nostro Consiglio nazionale, si era appena avviata la trattativa per il rinnovo contrattuale che partiva dalla presa d’atto del lavoro di quattro commissioni paritetiche, una delle quali interessava particolarmente noi pensionati in quanto prendeva in esame gli aspetti previdenziali del contratto e la sorte della ex fissa, che molti nostri colleghi andati in pensione ancora aspettano di ricevere


 

Oggi, dopo oltre quattro mesi di confronto, la trattativa contrattuale ha incrociato la crisi di governo, il che comporta certamente un allungamento dei tempi e forse anche un cambiamento di interlocutori.
Col governo Letta il confronto era stato lineare e positivo: da Renzi sono giunti finora segnali indiretti non rassicuranti. Con la controparte editoriale si era arrivati al punto di fissare un’ipotesi di calendario abbastanza serrata: erano in programma incontri proprio per questa settimana.
Intanto, pare che la spending review non ancora completata abbia già ridotto la consistenza del fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, che dai 50 milioni di euro previsti per il 2014 sarebbe passato a 37 milioni. Non è un buon segno.

La crisi morde ancora

Il 2013 si è chiuso con un ulteriore appesantimento del settore editoriale per quanto riguarda l’occupazione e quindi anche la previdenza. In cinque anni sono stati persi 2000 posti di lavoro – 600 solo l’anno scorso – , il che ha comportato per l’Inpgi una forte diminuzione della contribuzione e un aumento esponenziale dell’uso degli ammortizzatori sociali. In parte il danno è stato compensato grazie a misure concordate per tempo con gli editori e approvate dal Cda e mediante incentivi alla stabilizzazione dei contratti (più 350 assunzioni). A ciò va aggiunta la rivalutazione del patrimonio immobiliare dell’Istituto, diretta conseguenza del suo conferimento ad un fondo interamente detenuto dall’Inpgi, che ha consentito, insieme alle altre misure elencate, di chiudere in attivo anche il bilancio di assestamento 2013. Ma non c’è da stare allegri: il rapporto tra entrate per contributi e uscite per prestazioni si chiude con un disavanzo di oltre 27 milioni. Le previsioni per il 2014 tengono conto del prevedibile aumento delle entrate contributive dovuto al rinnovo contrattuale, ma anche all’aumento, che proseguirà, del costo degli ammortizzatori sociali, della disoccupazione, del ricorso ai prepensionamenti, che non da oggi riguardano anche grandi testate.
Più in generale, si può dire che il nostro settore sta facendo i conti con un andamento caotico ma in ascesa del fenomeno dell’informazione diffusa e “spontanea”, che contesta la legittimazione del giornalismo professionale e tende a ridurne l’area, peraltro già insidiata dalla crisi. A metà strada si colloca l’informazione on line, certamente in crescita come numero di utenti e gettito pubblicitario, professionalmente anche valida, ma certamente non in grado di compensare le perdite di lettori, pubblicità, occupazione e contributi del tradizionale giornalismo professionale. Anche sul piano dei contenuti, non credo che l’informazione on line e tanto meno l’indigestione dei social network possa sostituire l’informazione professionale, per non parlare degli effetti indotti da un “eccesso di notizie” che “semina ignoranza”, come ha scritto ieri sul “Corriere” Claudio Magris.
Tuttavia, per tornare ai contraccolpi economici della crisi, cito il bilancio che ha recentemente steso il presidente del nostro Istituto Camporese; bilancio non rassicurante: “L’Inpgi resta forte e solido, ma al contempo segnala evidenti rischi di sistema”. Il che ci preoccupa.

Perequazione: non siamo soddisfatti

Nei mesi scorsi il dibattito pubblico sulla questione della perequazione delle pensioni è stato intenso e non privo di polemiche. Ritengo che ora il nostro ragionamento possa e debba essere più ampio, anche perché con il parziale e insufficiente ripristino della perequazione il governo e il parlamento hanno probabilmente disinnescato l’arma di nuovi ricorsi alla Corte costituzionale; ma i problemi restano aperti.
Per noi il problema è più ampio e anche più complesso perché investe il reddito complessivo dei pensionati italiani e più in generale la sorte reddituale del ceto medio, del quale molti di noi – la maggioranza – facciamo parte.
L’Italia è un paese che invecchia sempre di più. Nel 1951 gli over 65 erano l’8% della popolazione, oggi sono il 20% (dodici milioni e mezzo), a metà del secolo saranno il 34%. A fronte di questi dati, la spesa sociale in Italia, che in buona parte è destinata al welfare, è inferiore di circa il 20% rispetto alla media europea; i redditi da pensione sono tassati al pari dei redditi da lavoro, ma non godono degli incrementi contrattuali; le detrazioni sono più basse di quelle applicate al lavoro dipendente. Il Consiglio d’Europa ha recentemente denunciato che la legislazione vigente in Italia non garantisce alle persone anziane lo stesso livello di vita del resto della popolazione. Intanto si registrano i primi effetti della riforma Fornero: le nuove pensioni liquidate risultano, nella media, ridotte del 43%.
Il quadro generale, insomma, è deprimente, e anche se noi giornalisti soffriamo di meno, tuttavia condividiamo con tutti i nostri coetanei il danno di una progressiva riduzione dei parametri economici e sociali della classe media. Cresce anche fra di noi l’insicurezza economica, l’incertezza del futuro, la paura di non farcela. Il rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza pubblicato dall’Istituto Demos (Ilvo Diamanti) cifra al 49% gli italiani che temono di perdere il lavoro; ma subito dopo, al 44%, vengono coloro che temono di perdere la pensione. E’ una preoccupazione, questa, che mi è stata rappresentata proprio qualche giorno fa da alcuni colleghi. L’ho giudicata infondata, ma mi devo ricredere. Certamente è condivisa.

Tassare i Bot? Solo una battuta?

Torno un attimo sul governo, per segnalare che le sue prime mosse, a cavallo del dibattito parlamentare sulla fiducia, non sono state né felici né rassicuranti. Il sottosegretario Delrio, che dovrebbe essere, e speriamo che lo sia, una persona con la testa sulle spalle, si è lasciato andare a alla nota previsione: "Se una signora anziana ha messo da parte 100mila euro in Bot non credo che se gli togli 25 o 30 o 50 euro ne avrà problemi di salute.” Poi si è corretto, ma ci preoccupa la evidente sottovalutazione dell’effetto annuncio, in senso negativo, di una simile affermazione. Per fortuna i mercati non l’hanno preso sul serio, e l’asta dei bot di martedì è andata bene. Lo stesso sottosegretario ha poi detto che il governo Renzi vuole "da un lato aiutare le imprese ad avere meno tasse, dall'altro i pensionati e coloro che hanno redditi bassi ad avere qualche euro in più in tasca, anche per aumentare i consumi". Qui andiamo già meglio, anche se mancano dettagli importanti su come raggiungere l’obiettivo; e non ci aiuta il generico riferimento alla delega fiscale che il parlamento ha affidato al governo e che, ha detto il presidente del Consiglio al Senato, “riteniamo debba caratterizzarsi per alcune caratteristiche chiaramente visibili da parte dei cittadini”. Speriamo anche dei pensionati: il “Corriere” ha calcolato uno sgravio di 5 miliardi a favore dei dipendenti e dei pensionati, appunto.
La delega fiscale, approvata dalla commissione Finanze della Camera, è pronta per l’aula. Vedremo. Ma queste sono per il momento solo ipotesi. Intanto, il ripristino della perequazione introdotto con la legge di stabilità 2013 e applicato anche dall’Inpgi prevede che le pensioni superiori a 38.643,54 euro (sei volte il minimo Inps) saranno perequate in base all’incremento del costo della vita calcolato dall’Istat, ma soltanto sino a tale ammontare, al quale sarà applicata una percentuale di perequazione pari allo 0,48%. Prima del blocco della perequazione, l’incremento veniva calcolato integralmente sui primi scaglioni anche per le pensioni di importo superiore, e quindi l’effetto risultante era di un incremento maggiore del reddito. Con l’attuale meccanismo di calcolo il risultato è quello che ognuno di voi ha potuto verificare negli ultimi assegni ricevuti. Non certo soddisfacente; praticamente una presa in giro. La stessa legge ha previsto che nel prossimo biennio gli assegni superiori a 6 volte il minimo Inps verranno rivalutati nella misura del 45% dell’indice di perequazione sull’intero trattamento.

Noi abbiamo fatto di meglio

Rilevo che noi, noi e il nostro sindacato, abbiamo fatto di più e di meglio. Grazie al Fondo di perequazione pensionistica introdotto con l’ultimo Cnlg, nel dicembre 2013, 550 pensionati diretti a più basso reddito (fino a 2.500 euro lordi mensili) hanno ricevuto un assegno una tantum di 1.534 euro lordi; e 100 pensionati superstiti (percettori di pensioni fino a 1000 euro lordi mensili) hanno ricevuto un assegno di 1000 euro lordi. Meccanismo solidaristico da mantenere e incrementare.
L’appello che il nostro Comitato esecutivo ha rivolto agli organi della Federazione – Giunta e Consiglio nazionale – perché si facciano carico delle nostre rivendicazioni e le rappresentino nelle sedi competenti (Governo e Parlamento) non va inteso polemicamente né come se intendessimo dividere la categoria. Al contrario: noi riteniamo che tutelare oggi le nostre pensioni significhi predisporre meccanismi che tutelino meglio le pensioni di domani, evitando di esporre i giovani di oggi ad un destino di povertà.

Prepararsi per il Congresso

L’ultimo argomento di questa relazione è la preparazione del Congresso nazionale della nostra Unione, che si terrà l’anno prossimo in contemporanea con quello della Fnsi. Le relative date non sono state ancora fissate, e probabilmente non lo saranno finché la trattativa contrattuale non sarà conclusa; ma questo non ci esime dal prepararci per tempo, cioè entro l’anno in corso. Richiamo in proposito gli articoli 6 e 7 del nostro Statuto, il primo dei quali disciplina l’elezione dei delegati. Naturalmente avremo occasione di tornare sull’argomento, perché di qui a dicembre avremo altre due riunioni del Consiglio nazionale, ,ma è bene che i gruppi regionali si preparino fin d’ora. E’ auspicabile che la preparazione delle assemblee regionali e del congresso sia l’occasione per un rilancio dell’attività dell’Unione a livello locale, che non brilla ovunque per vivacità.