26/11/2011

L’Ordine si sostituisce allo Stato italiano? Ha deciso come e dove
i giornalisti pensionati possono continuare a lavorare oppure no
La Fnsi che fa? Per ora sta zitta

Enzo IacopinoL’ Ordine nazionale ha approvato la cosiddetta “Carta di Firenze”, che avrebbe lo scopo di risolvere l’annosa questione dei lavori precari attraverso l’adozione di provvedimenti disciplinari: una sorta di introduzione dei carabinieri in redazione, o, se si preferisce, il ricorso alla delazione come forma estrema di etica professionale. Il testo, che non appare nel suo sito “on line”, è tuttavia ampiamente circolato. Dopo alcune pagine di aria fritta, il documento viene al dunque


“Gli iscritti all’Ordine che rivestano a qualunque titolo ruoli di coordinamento del lavoro giornalistico sono tenuti a:
a) non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedono compensi inadeguati;
b) garantire il diritto a giorno di riposo, ferie, orari di lavoro compatibili con i contratti di riferimento della categoria;
c) vigilare affinché a seguito del cambio delle gerarchie redazionali non ci siano ripercussioni dal punto di vista economico, morale e della dignità professionale per tutti i colleghi;
d) impegnarsi affinché il lavoro commissionato sia retribuito anche se non pubblicato o trasmesso;
e) vigilare sul rispetto del diritto di firma e del diritto d’autore;
f)  vigilare affinché i giornalisti titolari di un trattamento pensionistico INPGI a qualunque titolo maturato non vengano nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro con forme di lavoro autonomo ed inseriti nel ciclo produttivo nelle medesime condizioni e/o per l’espletamento delle medesime prestazioni che svolgevano in virtù del precedente rapporto;
g) vigilare che non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000.
La violazione di queste regole, applicative dell’art. 2 della legge 69/1963, comporta l’avvio di un procedimento disciplinare ai sensi del Titolo III citata legge”.
Si parla poco di questo documento, eppure sono in molti ad essere perplessi. L’Ordine che si occupa di organizzazione del lavoro redazionale, interviene sulle carriere, interferisce con la funzione dirigente del giornale senza aver alcun titolo di controparte degli editori più che altro viene letto come un’entrata a gamba tesa contro i Cdr e la FNSI, essendo tutto ciò materia contrattuale e, in ultima istanza, competenza della Magistratura del lavoro. Tanto più ora che il potere disciplinare  è stato, per legge, tolto agli Ordini professionali a favore di “Consigli di disciplina” esterni agli Ordini stessi.
Fra le poche voci che hanno rotto il silenzio c’è quella di Pino Rea, consigliere dell’Ordine nazionale e responsabile di “Lsdi” una della poche realtà che si occupano seriamente di lavoro precario: “pensare ad una sorta di via disciplinare – ha scritto sul suo sito – ad un riequilibrio dei trattamenti economici  e professionali fra interni ed esterni alle redazioni, “garantiti” e inermi, contrattualizzati e atomizzati, può sembrare un po’ demagogico e illusorio: i nodi strutturali come il lavoro giornalistico sottopagato e sommerso non si possono affrontare infliggendo sanzioni al direttore o al caporedattore di  questa o quella testata. Che facciamo, ‘colpirne uno per educarne cento’?”.
Ci sono anche fra gli stessi precari coloro che sono contrari: “Non è la via giusta – ha scritto Francesca Canino, pubblicista calabrese – punire il ‘capo’ che utilizza i collaboratori sottopagati. Il collaboratore perde il lavoro, mentre i giornali si indeboliscono.”
Silenzio tombale, invece, della FNSI (almeno finora). Che fanno i “ragazzi” di corso Vittorio? Approvano in pieno l’azione dell’Ordine e se ne vanno tutti a casa? (cioè smettono di occuparsi dei precari) Dicono all’Ordine quello che va detto? (cioè che rientri nel perimetro che la legge gli ha assegnato) Aspettano che venga un aiuto dal governo? (più che mai intenzionato a metter ordine nel mondo degli Ordini). Attendiamo con (comprensibile) curiosità.