19/01/2013

Paoloni: "Ricordatevi che siete sempre cani da guardia"

Neri PaoloniCaro Presidente, ho letto con estremo interesse il tuo messaggio di auguri ai colleghi giornalisti candidati in Parlamento.  Devo dire che non sono molto d’accordo con chi, per qualsiasi ragione, decide di passare dall’altra parte dello specchio. Non che la cosa non sia lecita ma io, anche dopo cinquant’anni di giornalismo parlamentare (o forse proprio per questo) ho ancora una visione – diciamo – romantica della professione. Ritengo, infatti, che la funzione del giornalista debba essere quella di “cane da guardia” del potere, di qualsiasi potere. Il nostro dovere è soprattutto quello di informare i lettori/cittadini di ciò che avviene nella società in cui essi vivono, di verificare che nulla avvenga a loro danno e di dare notizia di tutto ciò di cui vengono a conoscenza per ragioni professionali


Ritengo che la più alta espressione del giornalismo sia quella del cronista: di chi cioè è testimone di un fatto, un avvenimento e che sulla pagina o sullo schermo TV o con gli altri mezzi telematici oggi a sua disposizione, trasmette questa sua conoscenza in base alla vecchia ma sempre valida regola del “chi, dove, quando, come e perché”. Visione romantica, la mia certo. Tenuto conto del fatto che, in Italia, per vecchia tradizione storica il giornalismo è stato sempre più di “formazione” che d’informazione. Di propaganda, d’indottrinamento, di fazione. L’Italia è uno dei pochi Paesi democratici in cui – dall’unità in poi – la stampa di partito o di opinione ha prevalso per numero di testate (se non per numero di copie vendute) sulla stampa così detta indipendente. Che poi molto indipendente non è mai stata, dato che nel nostro Paese è difficile concepire un mezzo d’informazione giornalistica che basi le sue fonti di finanziamento solo sul libero mercato.
Detto questo, non posso certo negare che il giornalista non debba avere opinioni. Sarebbe assurdo e, nel suo ruolo, ha assolutamente il dovere di esprimerle. Se questo suo impegno si possa tradurre nel fatto che esse possano trovare udienza ed essere rappresentate attraverso una forza politica e quindi in Parlamento, ritengo che il passaggio di fronte sia lecito.
Quanto alla seconda parte del tuo augurio, non sarò certo io, nipote di Francesco Paoloni, un giornalista dell’”Avanti!” dei primi anni del secolo scorso, diventato poi deputato nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni in rappresentanza, appunto, della corporazione giornalistica a parlar male di un’eventuale “lobby” dei colleghi divenuti parlamentari. Augurandomi che più che difendere gli interessi della categoria difendano almeno gli istituti che presiedono alla tutela della libertà di stampa. Devo dire che, purtroppo, in tanti anni di giornalismo parlamentare, tranne che in rari casi, i molti, moltissimi parlamentari provenienti dalla nostra professione non li ho visti quasi mai “fare gioco di squadra”.  Spesso anzi è avvenuto il contrario. Anche recentemente i diritti di difesa della libertà di stampa sono stati avversati proprio in un Parlamento dove- come tu ricordi – c’erano più di una sessantina di giornalisti, la seconda “corporazione” dopo quella degli avvocati. C’è voluta la nostra protesta perché il peggio non accadesse.
Finisco unendomi ai tuoi auguri. Augurandomi cioè che i colleghi che saranno eletti in Parlamento per “tentare l’esaltante avventura politica”, facciano in primo luogo gli interessi del Paese.

Neri Paoloni