31/05/2012

Riforma del lavoro: fiducie a go go al Senato
e scintille tra il ministro Fornero, Parlamento e sindacati

Elsa ForneroUn lungo iter in commissione e ben quattro voti di fiducia sono stati necessari al ministro Fornero per ottenere dal Senato il primo via libera parlamentare alla tormentata riforma del lavoro, che viene trasmessa alla Camera in un testo modificato che registra l’approvazione dei partiti di maggioranza (ma non dell’ex ministro del Welfare Sacconi) e il dissenso variamente modulato dei sindacati, in un quadro generale di rapporti deteriorati tra ministro e Parlamento


Alla fine, il dividendo politico è tutto a favore del presidente del Consiglio, che non esita ad incassarlo chiamando a testimoni l’Europa, l’Ocse e il Fondo monetario, e invocando a futura memoria i vantaggi che la riforma assicurerà ai giovani disoccupati.
Su questo si avrà tempo per verificare. Intanto si può già dire che il percorso  parlamentare della riforma ha seguito procedure più da prima repubblica che da governo tecnico: defatiganti stop and go in commissione; e alla fine la rinuncia, di per sé encomiabile, alla decretazione d’urgenza è stata compensata con una serie di fiducie a go go che hanno messo a dura prova la resistenza dei senatori. Il piatto forte, o meglio l’emblema della riforma, che resta la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, vede una minore discrezionalità del giudice nella scelta tra reintegro e indennità in caso di licenziamento per motivi disciplinari, e la preferenza per il reintegro nei casi di licenziamento per motivi economici quando ne sia stata accertata la “manifesta insussistenza”.
“Direi che sono soddisfatta” (che non è proprio un cantar vittoria), ha detto Elsa Fornero. Forse aveva presente anche la doppia bacchettata ricevuta in 48 ore prima dal presidente della Camera, poi dai deputati della Commissione Lavoro. Fini l’aveva signorilmente ma fermamente redarguita martedì quando, presentando a Montecitorio il bilancio dell’Imps, il ministro si era degnata di dire che sulla nuova governance dell’Istituto una apposita commissione di esperti si sarebbe espressa dopo aver ascoltato (bontà sua) le parti sociali e il Parlamento. Da che mondo è mondo, aveva messo in chiaro le cose Fini, le decisioni le prende il Parlamento e il governo si adegua. Passate 24 ore anche la Commissione batteva un colpo decidendo che saranno i deputati insieme ai sindacati (presente il governo) a farsi carico della questione degli esodati. Per il ministro-professore, che voleva far tutto da sola, un altro richiamo all’ordine.