18/01/2022
Dieta mediatica squilibrata degli italiani in tempo di pandemia. Virgilio Squillace analizza il rapporto Censis
Gli italiani non amano essere troppo informati. Preferiscono sapere di tutto, ma solo un po’. Lo documentano i dati raccolti, messi in fila e pubblicati dal Censis nel suo 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2021. Il capitolo “Comunicazione e media” è chiarissimo nelle sue indicazioni riguardo all'orientamento degli italiani nello scegliere le forme di comunicazione.
C'è poco da arzigogolare di fronte ai dati che il Censis presenta sotto la dizione “I media dopo la pandemia: le diete mediatiche degli italiani”. C'è scritto: “Nel 2021 la fruizione della televisione ha conosciuto un incremento rilevante dovuto sia alla crescita degli usi tradizionali, sia degli impieghi più innovativi. Aumentano sia i telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,5% rispetto al 2019) e della tv satellitare (+0,5%), sia quelli della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 41,9% di utenza: +7,4% nel biennio) e della mobile tv, passata dall'1,0% di spettatori nel 2007 a un terzo degli italiani oggi (33,4%), con un aumento del 5,2% solo negli ultimi 2 anni”.
Ecco le rilevazioni più aggiornate: “Anche durante i giorni dell'emergenza sanitaria, i telegiornali hanno mantenuto la posizione di vertice tra le fonti informative per il 60,1% degli italiani. Sono un riferimento indiscusso per i 65-80enni (73,2%), ma anche per il 42,3% dei 14-29enni”. “Al secondo posto c'è Facebook, utilizzato dal 30,1% degli italiani negli ultimi 7 giorni a scopi informativi. Poi i motori di ricerca come Google, che hanno attratto il 22,9% degli utenti per informarsi. Le tv all news (quarta fonte di informazione nel 2021 con il 22,5%) sono cresciute del 2,9%”.
Pure la vecchia buona radio continua a rivelarsi all'avanguardia: “Complessivamente nel 2021 i radioascoltatori sono il 79,6% degli italiani, stabili da un anno all'altro”. Cresce l'ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il Pc: “Lo fa il 20,2% degli italiani (+2,9%) e attraverso lo smartphone (lo fa il 23,8%: +2,5%”.
Televisione, facebook, Google, radio tradizionale oppure su computer e smartphone, sono i punti di riferimento sempre più preferiti dagli italiani per informarsi.
E i giornali?
Il Censis annota: “Al contrario, si accentua la crisi ormai storica dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%)”.
I dati più recenti e riferiti all'emergenza Covid documentano: “I quotidiani cartacei registrano l'11,7% di utenza a scopi informativi (-5,8% rispetto al 2019) e i quotidiani on-line hanno incrementato la loro utenza a scopi informativi al 12% (+1,1%)”. “Infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: -45,9% dal 2007”.
Addio carta stampata, dunque? Sarà quasi del tutto inutile e residuale la fatica dello scrivere bene per chi ti leggerà con interesse ed attenzione?
Non è il caso di aggiungere nulla al dibattito in corso sull'arretramento della carta stampata al cospetto dello schermo retroilluminato. Gli italiani sono immersi in un flusso produttivo di dati di cui l'informazione è parte. Essa corre parallela - sotto o di fianco - ai dati economici e finanziari, allo spettacolo, alle chat, alla posta, al commercio, alla fiction, lungo un architrave pubblicitario che tutto sorregge, motiva e spiega. E' un flusso velocissimo: ventiquattr'ore su ventiquattro notizie, materassi, fake-news, volti, cucine, sms, supermarket, notizie, io-non-l'ho-interrotta, goal, tuffi, saldi, sms, interviste, tenori, fake news, pentolame, chef, merci e ancora merci travestire da bisogni. Il momento dell'analisi e della riflessione non manca, ma subisce una torsione verso lo spettacolo, in una giostra di onorevoli, professori, nani e ballerine. Ed è – sostanzialmente - tutto gratis o quasi, vero e verosimile serviti a domicilio con lazzi e frizzi fin dentro l'angolo più nascosto di ogni abituro. Un diluvio di immagini, parole, suoni.
In tali condizioni può diventare difficile - faticoso - capire cosa si muova e accada di davvero importante nel mondo o anche a un isolato di distanza o in un'altra città.
Ci sarebbero i giornali, a fermare su un foglio di carta il racconto del mondo: a dare respiro e ragionare, a instillare dubbi, suscitare interrogativi. Insomma i giornali come necessariamente debbono essere fatti, secondo le universali ben note e collaudate modalità, servono ad orientarsi nel mondo grande e terribile.
Un dubbio si fa strada: ma non è che i giornali perdono copie anche perché sono fatti male? Domanda: com'era l'organico di un quotidiano trent'anni fa, e com'è oggi? Che lavoro faceva un giornalista, mentre oggi quali e quante mansioni accorpa in sé un redattore? E, domanda delle domande: quanti giornalisti a tempo pieno fanno uscire oggi un quotidiano? Se è cambiato qualcosa negli ultimi trent'anni nella stampa, forse è il caso di chiederci se ciò ne abbia migliorato oppure no la qualità.
La questione non sfugge al presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli che di recente ha osservato: “Allora mi dico: giornalismo di qualità? Ma dove? Quando uno deve fare quattro pagine al giorno è grasso che cola se non fa errori di ortografia nei titoli e nei sommari, perché non ha neanche il tempo di respirare. Poi, certo, c'è una fascia – molto ristretta – che può ancora permettersi un lavoro di qualità, ma la gran massa dei colleghi lavora in fonderia, quand'anche in miniera o alla catena di montaggio” (intervista ad Alberto Ferrigolo su “Professione Reporter” del 30 dicembre 2121).
A forza di organici ridotti certi giornali escono ogni mattina, sì, ma stanchi, sciatti nella fattura, goffamente scimmiottanti i modi della tv e di internet. Forse per questo in troppi non li comprano più.
Non va affatto bene, così. Se muore la stampa l'informazione non sarà più la stessa, perché quella roba lì non è informazione: è altro, ed avrà quanto prima - del resto - un altro nome.
Virgilio Squillace
Esecutivo nazionale Ungp-Tesoriere