29/02/2012

Non illudiamoci: si salvano le pensioni attuali e future
soprattutto se cresce l’occupazione garantita e tutelata

Elsa ForneroLa domanda che tutti dobbiamo farci prima di votare è questa: basteranno alcune correzioni alla “legge Fornero” (art. 26, comma 26 della manovra autunnale) per salvare l’Inpgi dalla prossima bufera? La risposta più vera è questa: non basta, bisogna che cresca l’occupazione garantita e tutelata, quella dipendente


Nonostante le fesserie che si sono lette e sentite  nel corso della campagna elettorale possano indurre in errore, l’ Inpgi è un istituto sano, che ha saputo cogliere, al momento giusto, le scelte operative necessarie  alla sua vitalità nei prossimi decenni. Ad essere “malata” è la categoria.
Il modo del giornalismo è sottoposto da troppo tempo alle tensioni di una trasformazione che non si conclude mai. Era già successo qualcosa di simile al tempo dei tipografi, categoria travolta dalla “rivoluzione” tecnologica dei computer. Allora furono le “braccia” a scomparire: si salvarono le “menti”, con tutto il carico degli alti salari e dei benefici (alte pensioni comprese) che si portarono con se.
Adesso è il nostro turno. Gli editori, in genere, hanno sempre bisogno di noi, ma ci vogliono in un modo radicalmente diverso: sempre più “free”, sempre meno tutelati.  L’impressione netta è che gli organi preposti a difesa della professione, come il sindacato, non abbiano ben compreso all’inizio l’estensione del fenomeno ed ora non siano in grado di controllarlo e tanto meno  di contrastarlo.
Seguendo la “strategia” dell’Ordine e la sua straordinaria, “dormiente” inefficacia, ci troviamo adesso di fronte ad eserciti di precari, praticamente abbandonati a se stessi (chi di loro fa il giornalista? Chi, invece, “gioca” a fare il giornalista?). Un po’ iscritti all’Inpgi, ma la maggioranza no. Intanto l’occupazione tutelata e garantita, quella dipendente, cala vistosamente e rovinosamente. E calano anche i contributi versati all’Inpgi. E se calano questa entrate oltre un certo livello, “bye-bye” istituto autonomo.
Non raccontiamoci storielle infantili: non siamo esclusivamente vittime della “perfidia” del ministro Fornero. La signora ci mette molto del suo, ma i vertici della Fnsi sanno fare il loro mestiere? Sono in grado di imporre agli editori quelle scelte e quegli impegni che possono ampliare l’occupazione garantita?  L’impressione è che galleggino sopra un liquido indistinto, lamentandosi del disagio e, soprattutto, cercando di non perdere il proprio “potere” e il proprio “controllo” sugli organismi di categoria.
Il senso dell’operazione compiuta dalle “correnti” (pudicamente chiamate “componenti”) che comandano alla Fnsi di unificarsi per ottenere  il maggior numero di posti possibile negli organi dirigenti dell’ Inpgi non è un segnale di saggezza e di unità, ma solo di paurosa voracità. Stanno insieme per la paura di essere travolti. Se non si hanno idee e non si sa cosa succede domani, meglio mettersi a tavola e farsi una bella scorpacciata.
L’ Inpgi è sano, ma se non cambia la testa di chi sta alla Fnsi e la sua politica, rischia e molto. Oppure la strada degli editori è già tracciata e da percorrere fino in fondo: così anche il destino dell’Inpgi è irrimediabilmente segnato. Qualunque sia la verità, cari colleghi pensionati, guardatevi allo specchio prima di votare: che la saggezza vi assista e vi guidi la mano.

Giuseppe Iselli