13/09/2021

Strage di nonni: 107 mila su 127 mila uccisi dal covid-19


Dalla fine di febbraio dell’anno scorso ai giorni nostri, si è consumata e si sta ancora consumando un’ecatombe di nonni over 70 anni sterminati dal Covid-19. Un numero agghiacciante/impressionante di morti secondo il report/bollettino di guerra certificato dall’istituto superiore di sanità il 21 luglio scorso: 107mila su un totale di 127mila italiani colpiti a tradimento, il 95% dei decessi complessivi; una enormità rispetto ai 1.479 morti sotto i 50 anni; dove tra loro fa piú vittime l’influenza stagionale. 

Ed ecco la lista nera per fasce di età: 33mila tra i settantenni, 51 mila tra gli ottantenni, 24mila tra i novantenni. Il 2% dei 4 milioni di italiani over 80/90, pari a 75mila esseri umani, ci ha lasciato la pelle anche per le complicazioni dei mali dell’età avanzata. In Europa, l’Italia ha registrato il più alto numero di morti tra gli anziani dopo la Bulgaria, una media del 3,1% rispetto al 2,4% dell’intero Continente. Da noi, il virus ha fatto crollare l’aspettativa/la speranza di vita sempre in salita fino al 2019. Per la prima volta da decenni, è scesa sotto gli 80 anni, a 79 e rotti.

Una lista nera che si allunga ogni giorno di più, una lista di nonni fino all’altro ieri festeggiati come gli angeli custodi della casa, il generoso bancomat dei figli e dei nipoti, condannati a morire a migliaia di migliaia spesso nella solitudine e nella emarginazione, nella indifferenza generale. L’Europa ci accusa di aver reso nullafacenti gli anziani ancora in gamba, di averli abbandonati a una vita sedentaria ai margini della società. Levarseli di torno, significa lasciarli con le mani in mano come fossero disabili, condannandoli ad ammuffire il cervello disattivato. Un severo giudizio condiviso dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche che ne denuncia il grave stato di fragilità dei più perché privi di adeguata assistenza sanitaria e domiciliare in insufficienti condizioni economiche e sociali, aggravati dalla vulnerabilità alla pandemia. Viceversa, andrebbe garantito loro il cosiddetto invecchiamento attivo per tornare ad essere protagonisti della propria vita e artefici del proprio benessere, soggetti sociali e non più ignoti oggetti del pronto soccorso pubblico. 

Nel nostro Paese, le contromisure sono state prese su vasta scala con la vaccinazione generale della popolazione, con appelli alla massima precauzione e con la diffusione della certificazione del green pass. Ciononostante, causa le insidiose varianti del virus, il rischio contagio è sempre in agguato. Dal report ISS del 21 luglio ai dati dell’8 settembre scorso, il numero dei morti per il contagio ha sfondato la soglia dei 130mila, con i soliti inquietanti picchi per la terza età, ma stavolta non risparmiando i più giovani.

Romano Bartoloni
Presidente del Gruppo Lazio Ungp