08/03/2021

Che ne è del credito previdenziale degli editori? Virgilio Squillace solleva un problema e stimola il dibattito


Presi dal dibattito sulle sorti dell'Inpgi (definirlo vivace è un eufemismo) i giornalisti non si occupano abbastanza di un aspetto del problema che meriterebbe più attenzione. Dei contributi previdenziali non versati dagli editori si parla poco. E' un enorme credito che, come un fardello, i bilanci dell'Inpgi si portano sul groppone da un anno all'altro, senza significativi cambiamenti. Certo, ci sono contenziosi in corso, altri crediti diventano anno dopo anno inesigibili, alcune aziende intanto falliscono. Ma l'entità del credito previdenziale Inpgi nei confronti delle aziende editoriali ha dimensioni impressionanti: 277.972.021 euro riportati nel consuntivo 2019 dell'ente previdenziale dei giornalisti. 

Alla luce del progressivo disavanzo di bilancio dell'Inpgi degli ultimi anni, -100.613 milioni nel 2017; -161.385 (2018); -171.361 (2019); -253.390 (assestamento 2020), quei 277.972 milioni di crediti previdenziali del 2019 verso gli editori sarebbero già di per sè più che sufficienti a coprire il deficit accumulato dall'Istituto nel periodo citato. Ma poi, accumulato perché? Un dato riassume l'essenziale: l'Inpgi negli ultimi 20 anni ha pagato 500 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali ai giornalisti anche in seguito agli stati di crisi dichiarati dalle aziende editoriali.

Parliamone allora, dei crediti per contributi previdenziali accumulati nei bilanci dell'Istituto. 

Le ultime due determinazioni della Corte dei Conti (sezione di controllo sugli enti) sulla gestione finanziaria dell'Inpgi evidenziano il problema. Scrive i relatore consigliere Vincenzo Busa nella determinazione della Corte dei Conti del 23 maggio 2019 n. 55 (sul bilancio Inpgi 2017): “Il ragguardevole importo di crediti nei confronti degli iscritti, al 31 dicembre 2017, pari a 253,94 milioni (+7,439 milioni sul 2016) ripropone in termini non più differibili l'esigenza di definire ed attuare con tempestività un piano strutturato di recupero dei crediti in sofferenza, che contempli anche il ricorso alle procedure di riscossione coattive”. 

Lo scorso 12 gennaio 2021 è stata pubblicata la determinazione n. 1 della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria 2018 dell'Inpgi. “Tra i crediti dell'attivo circolante – annota il consigliere relatore Giancarlo Astegiano - la voce più rilevante è rappresentata da crediti verso aziende editoriali, che al 31 dicembre 2018 ammontano a 276,09 milioni, di cui 226,73 milioni per contributi e 49,36 milioni per sanzioni e interessi”. E precisa: “A fine 2018 il fondo rischi per crediti inesigibili è pari a 111,72 milioni, in aumento di 3 milioni rispetto all'esercizio precedente”.

Ebbene, sottratti i 111,72 milioni di crediti inesigibili dai  276,09 milioni di crediti verso aziende editoriali, resta un credito dell'Inpgi nei confronti degli editori pari 164,37 milioni di euro (dunque  più del disavanzo del bilancio Inpgi, 161,38 milioni, nel medesimo anno di riferimento 2018).

Nel consuntivo 2019 dell'Inpgi la relazione del direttore generale Mimma Iorio evidenzia crediti verso aziende editoriali pari ad euro 277.972.021. “Tale voce – spiega  – che costituisce la più rilevante nell'ambito dell'attivo circolante, per l'entità dell'importo nonché per la sua natura tipica, è così composta: saldo totale 277.972, di cui: contributi 228.142; sanzioni/interessi 49.830”.

Risulta difficile acquisire questa enormità di contributi. “Riguardo all'attività di recupero crediti, l'ammontare trasmesso all'Ufficio legale, esclusa la quota derivante dall'attività ispettiva, è stata pari a 7.760 migliaia (anno precedente 8.900 migliaia) di cui 7.417 migliaia per contributi assicurativi obbligatori e 343 migliaia per sanzioni civili e hanno riguardato 168 procedure giudiziali”.

Al netto di contenziosi, fallimenti, procedure concorsuali, cessazioni e sanzioni, è del tutto evidente che sarà a dir poco impegnativo venire a capo in tempi ragionevoli del recupero dei crediti citati.

Il Collegio sindacale nella sua relazione all'Assestamento di bilancio preventivo Inpgi 2020 “prende atto delle azioni già effettuate dall'Istituto e conferma l'invito all'amministrazione a proseguire nelle azioni gestionali possibili, volte a garantire l'equilibrio finanziario dello stesso, quali, per esempio, il necessario recupero dei crediti in sofferenza. A cui deve essere data grande attenzione”. 

Nella situazione in cui si trova, l'Inpgi non è nelle condizioni di rinunciare a un solo euro, se questo è dovuto. Ma l''Istituto, nonostante le indicazioni chiare della Corte dei Conti e le sollecitazioni del Collegio dei revisori, difficilmente riuscirà in tempi ragionevoli a recuperare i crediti contributivi degli editori. Se questi ci sono, battano un colpo. 

La Fieg è il convitato di pietra nel dibattito in corso sulla previdenza dei giornalisti. A sfiancarla negli ultimi anni sono stati i 500 milioni pagati in ammortizzatori sociali per gli stati di crisi delle aziende editoriali. Esse oggi non hanno nulla da dire? Cosa ne pensano gli editori del rischio di commissariamento o, peggio, di smantellamento dell'unica cassa privatizzata sostitutiva dell'Assicurazione generale obbligatoria per i dipendenti del settore? Età di pensione, prepensionamenti, stati di crisi: davvero la Fieg desidera cambiare registro? Per le pensioni, nell'editoria, sarebbe meglio la Fornero?  Non hanno nulla da dire, gli editori, sul Dl 34/19 per l'allargamento della platea contributiva dell'Inpgi ai comunicatori? E sull'emersione e la regolarizzazione dei giornalisti precari, sul giusto compenso?

Oggi non è in discussione solo l'Inpgi, è in crisi il vecchio modo di produzione dell'informazione che dev'essere ripensato e riorganizzato in ogni suo settore. Non è obbligatorio; come in altri comparti si può lasciar fare al mercato. Ma se si vuole affrontare il problema non devono discutere fra di loro solo i giornalisti, confrontandosi nel sindacato, nel loro istituto previdenziale: è una crisi che riguarda e richiede l'impegno, le risorse, l'intelligenza di tutto il mondo dell'informazione. 

La Fieg chiede al Governo un progetto per l'editoria all'interno del piano più vasto del Recovery plan (aiutare la transizione al digitale, favorire l'innovazione e il ricambio generazionale, la qualità dei contenuti, l'informatizzazione e la modernizzazione dei punti vendita, la consegna a domicilio delle pubblicazioni). Per la Fnsi il Recovery plan deve essere l'occasione per cambiare radicalmente il settore dell'informazione: non può diventare l'ennesima distribuzione di risorse a pioggia (è impensabile che sostegni diretti e indiretti al settore siano svincolati dal rispetto delle leggi e dalla corretta applicazione del contratto nazionale di lavoro; si deve agire contro la precarietà dilagante dei giornalisti).

Con diversi punti di vista, convinzioni, è una strada che per forza di cose bisognerà percorrere insieme: non è pianeggiante, nemmeno rettilinea, ma è la sola davanti ai protagonisti del settore editoriale. L'informazione è da sempre un prodotto collettivo; perché continui ad esserlo è necessario che tutti facciano la loro parte. L'Inpgi, come è noto, si batte per l'ampliamento della platea contributiva: non chiede soldi allo Stato. Ma può e deve chiedere conto agli editori della montagna di soldi cui ammonta il credito per contributi e sanzioni verso le loro aziende. Gli editori non possono voltarsi dall'altra parte. 

E finiamola, noi giornalisti, con questo clima da resa dei conti nel dibattito sulla sorte della nostra previdenza. Guardiamo fuori cosa succede, osserviamo chi c'è e soprattutto chi si nasconde. Gli appelli servono, ma non bastano. E i “fondamentali” sono sempre gli stessi: nei momenti difficili, più uniti vuol dire più credibili e soprattutto più forti. 

Virgilio Squillace, Tesoriere Ungp