17/09/2020

Quale futuro per i giornalisti alla prova dello smart working? Seminario alla Fnsi con allarme e interrogativi


Redazioni deserte (ma si dice “dematerializzate”), interi palazzi abbandonati, qualcuno pare già messo in vendita; e poi, lavoro a domicilio contrabbandato come “intelligente”, dispersione delle strutture redazionali con tanti saluti al giornale-prodotto collettivo, frantumazione della catena gerarchica (capiservizio, vice, capiredattori) e delle corrispondenti responsabilità, festa dell’anonimato per un bene che era fino a ieri frutto del confronto fra tante individualità creative: è questo il futuro, anzi il presente del giornalismo nell’età dello “smart working”? Se lo è chiesto la Fondazione Murialdi in un seminario che si è tenuto nella rinnovata sala Walter Tobagi della Fnsi, a seguito di un dibattito avviato da un denso contributo di Giancarlo Tartaglia e proseguito per tutta l’estate con interventi ora raccolti in una ricca e utile brochure. A far da moderatore, Vittorio Roidi, presidente della Fondazione, che ha acceso il riflettore sui rischi di un surrettizio stravolgimento della professione giornalistica: “Finora, ha detto, la libertà individuale di noi giornalisti è stata garantita dal lavoro redazionale e di gruppo: chi la difenderà quando il lavoro sarà realizzato da monadi che non comunicano fra di loro?” 

Stimolato da questo e da altri interrogativi, il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso ha difeso la specificità del lavoro giornalistico, che non sopporta un “confinamento domiciliare” e respinge la creazione di ghetti in cui rinchiudere i colleghi meno garantiti, i giovani, le donne. Non che il sindacato unitario dei giornalisti italiani si rifiuti di considerare le novità introdotte dalla rivoluzione digitale, come sollecitato in un videointervento dal direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari; ma, ha sottolineato Lorusso, l’organizzazione del lavoro e l’introduzione delle nuove tecnologie nel processo produttivo dell’informazione su tutte le piattaforme, vanno contrattati a livello nazionale e aziendale secondo le procedure previste dal contratto di lavoro e quindi riconoscendo le prerogative del direttore e del Comitato di redazione, in una normativa alla quale l’editore è estraneo. L’emergenza sanitaria, l’insidia del Covid, il timore del contagio, insomma, non devono trasformarsi nel cavallo di Troia che porti alla crisi e allo snaturamento del giornalismo professionale, frutto “di confronto, di relazioni personali, ricerca e vaglio delle notizie, presenza fissa e dialogo nelle redazioni”.

Il seminario ha ascoltato i contributi della presidente dell’Inpgi Marina Macelloni, del presidente della Casagit Daniele Cerrato, della presidente della Cpo Mimma Caligaris, e delle analisi dei professori Mario Morcellini dell'Università La Sapienza di Roma; Massimo Pallini dell'Università degli Studi di Milano, Marino Bonaiuto dell'Università La Sapienza di Roma. Vittorio Roidi ha annunciato che la Fondazione Murialdi è impegnata a dare un seguito all’iniziativa.