06/02/2012

“Alta cucina inglese, umorismo tedesco, organizzazione italiana”: ecco la neve a Roma

Venerdì 3 febbraio tutti (o quasi) sapevano a Roma che in serata sarebbe caduta la neve. Lo sapevano con quel misto di rassegnazione e menefreghismo tipico dei romani. Lo sapeva allo stesso modo anche il sindaco Alemanno. Tanto che decidere di chiudere/non chiudere le scuole. Ossia lasciarle aperte ma lasciare a casa i bambini. Un casino. Venerdì è, ovviamente, l’ultimo giorno della settimana, quando gli indigeni già pensano al week-end e i pendolari all’ultimo faticoso ritorno ai paesi dell’interland sugli scassatissimi treni regionali o lungo le trafficatissime vie consolari. Nessuno di loro ha neppure lontanamente immaginato che la consueta faticosa odissea sarebbe diventata un incubo. Che vuoi che sia, avevano commentato anche sui blog, per un  paio di centimetri di neve! Roma di nevicate storiche negli ultimi cinquanta anni ne ha avute solo un paio


Nella prima, che fu abbastanza drammatica, c’era ancora Bernacca in TV e nella seconda, 25 anni fa, se la cavarono alla meglio, anche perchè già il giorno dopo la temperatura tornò ai livelli normali degli inverni romani. Stavolta è andata diversamente. E lo sapevamo che sarebbe stato così, lo sapeva certamente anche il sindaco. Solo che nessuno ci credeva. Eppure c’era stato detto che le temperature sarebbero scese abbondantemente sotto lo zero e che il freddo sarebbe continuato anche dopo. Alle 11 di quel venerdì ero andato a Montecitorio per i soliti pettegolezzi con i colleghi giornalisti parlamentari come me, pensionati e non. Aveva cominciato a cadere acqua mista a nevischio, ma non troppa. Non tanta da spaventare. Quando sono uscito dal Palazzo verso mezzogiorno, i fiocchi di neve si erano fatti più fitti. “Questa stasera attacca”, pensai. Faceva già abbastanza freddo e non so se il sindaco Alemanno sa che la neve, al di sotto di una certa temperatura del suolo “attacca”.
Mi sono avviato dunque a piedi verso la mia destinazione, piazzale Flaminio, dove avrei preso il tram per tornare a casa, prendendomela abbastanza comoda. Una volta arrivato ho chiuso l’ombrello per entrare nella vettura e dall’ombrello è caduta un’abbondante massa di neve. Poche centinai di metri erano bastati, e la neve cominciava a ricoprire il suolo e i sampietrini, il tipico selciato romano, erano già diventati scivolosi. Ma, intorno, la città continuava ad andare come al solito. Come al solito vigili urbani nessuno, come al solito macchine parcheggiate a come la va la va, come al solito bus più o meno rari. E motorini dappertutto. Ma a Roma ci siamo abituati, e che vuoi che sia. E che vuoi che siano pochi centimetri di neve sulle strade? Poi non ci avevano detto che era pronto il sale? Sì, ma dove?
Se non che Roma ha sette colli e qualche monte (vedi Monte Mario, sopra l’Olimpico) e che quando nevica è peggio dello Stelvio o del Pordoi. Ovviamente se nevica. E venerdì sera sì da il caso che abbia nevicato un a neve fitta e abbondante senza smettere più. Non so dove fosse il sindaco alle cinque della sera, so però che alle cinque della sera, erano le cinque in punto, tutti i taxi erano spariti e gli autobus pure. “Nun c’avevano le catene”. Ma anche i tram, che delle catene non hanno bisogno, si erano fermati. Scambi congelati? Intanto gli automobilisti, usciti dagli uffici, si mettevano in fila per 250 chilometri per le vie della città alla vana ricerca di un varco verso casa o sceglievano la “scorciatoia” del GRA (il grande raccordo anulare) per rimanervi definitivamente imbottigliati.
Avete presente i film sulla ritirata di Napoleone dalla Russia? Ecco i romani a piedi in quadrate legioni lasciare l’auto per tornare a casa. Sabato mattina la neve non cadeva più. Ma la città era completamente paralizzata dal ghiaccio. Niente autobus, tram, taxi. Niente vigili urbani, protezione civile, sale o spazzaneve. Niente di niente. E il sindaco? In TV a litigare con quelli della Protezione Civile. “Nun me l’avevano detto”! “Nun s’erano fatti capì. Avevano sbagliato le previsioni”. Bravo. E’ è sempre colpa degli altri. In Europa circola un  detto: “Alta cucina inglese, umorismo tedesco, organizzazione italiana”. Appunto.

Neri Paoloni