24/04/2020

Terremoto nel gruppo Gedi: via Verdelli (minacciato), sostituito da Molinari. Giannini alla stampa, Mattia Feltri all’HuffPost


Carlo Verdelli non è più il direttore di Repubblica, al suo posto Maurizio Molinari

Il Consiglio di amministrazione del Gruppo Editoriale Gedi ha nominato Maurizio Molinari direttore di Repubblica in sostituzione di Carlo Verdelli. Lo comunica una nota della società diffusa al termine del Consiglio, che si è riunito a seguito del perfezionamento della vendita delle azioni di Cir da parte di Exor.
Il Consiglio ha nominato John Elkann presidente e ha conferito a Maurizio Scanavino la carica di amministratore delegato e direttore generale. I consiglieri Laura Cioli, Rodolfo De Benedetti, Francesco Dini e Monica Mondardini si sono dimessi dalla carica di consiglieri di Gedi. Il Consiglio ha cooptato quali nuovi consiglieri Turi Munthe, Maurizio Scanavino, Pietro Supino e Enrico Vellano. Maurizio Molinari è stato inoltre nominato direttore editoriale del Gruppo Gedi: in questo nuovo ruolo, Molinari avrà il compito di valorizzare la forza giornalistica, i prodotti editoriali e i contenuti intellettuali del gruppo anche attraverso lo sviluppo di progetti innovativi e multimediali.
Il cda ha espresso a Verdelli "gratitudine per il lavoro svolto nel corso dell’ultimo anno e piena solidarietà per le intimidazioni che sono state rivolte contro la sua persona".
Il Consiglio ha approvato anche altre nomine: Massimo Giannini assumerà l’incarico di direttore de La Stampa e di Gedi News Network (il network dei giornali locali del Gruppo Gedi) che dovrà ratificare la nomina; Pasquale di Molfetta (Linus) sarà il direttore editoriale del polo radiofonico del Gruppo, che riunisce tutte le radio di Gedi, e Mattia Feltri assumerà la direzione dell’Huffington Post, continuando a firmare il Buongiorno de La Stampa.
Il presidente John Elkann ha commentato: “Le decisioni che abbiamo preso oggi definiscono le basi di un’organizzazione chiara e coesa, premessa indispensabile per raggiungere i traguardi ambiziosi che ci siamo dati. Ci aspetta un percorso impegnativo e straordinario: con coraggio e con senso di responsabilità, abbiamo scelto di abbracciare l’innovazione e la trasformazione digitale per scrivere insieme il futuro del giornalismo e dell’intrattenimento di qualità. I principi che sono all'origine del nostro gruppo non cambieranno: continueremo a difendere la libertà di espressione e a impegnarci per garantire un'informazione responsabile e libera da qualunque condizionamento. I valori di sempre insieme a nuove idee saranno la nostra forza, oltre che il punto di riferimento per tutte le persone che lavorano in Gedi".


Gedi, Exor chiude l'acquisizione del pacchetto di Cir e famiglia Perrone

Accordo con Giacaranda Caracciolo per rilevare un ulteriore 6%, poi verrà lanciata l'Opa a 0,46 euro per azione. La nuova holding Giano avrà il 60,9%, Cir e Perrone manterranno in trasparenza il 5% nel capitale

23 Aprile 2020

John Elkann, presidente di Exor 

Si è perfezionato il passaggio del pacchetto di Gedi Gruppo Editoriale, editore de La Repubblica, da Cir a Exor. Lo ha comunicato la holding della famiglia Agnelli.
L'accordo per la cessione era stato annunciato il 2 dicembre scorso. Cir cederà il 43,78% del capitale di Gedi a Giano Holding, una società interamente detenuta da Exor costituita ad hoc per l'operazione. Il prezzo pattuito si conferma in 0,46 euro per azione, che corrisponde a un ammontare complessivo di 102,4 milioni.
Contestualmente, Exor ha raggiunto un accordo anche con la famiglia Perrone, cui fa capo la Mercurio, e con Giacaranda Caracciolo, cui fa riferimento la SIA BLU, per l'acquisto rispettivamente di un pacchetto del 5,06 e del 6,07% di Gedi. Identico il prezzo (0,46 euro) anche per queste transazioni: la prima è già stata eseguita, per la seconda la società precisa che "è previsto che avvenga prima della promozione dell'Opa".
Infatti Exor - sempre tramite Giano Holding - è tenuta a promuovere una offerta pubblica di acquisto obbligatoria avente a oggetto le azioni Gedi in circolazione, al prezzo di 0,46 euro per titolo. All'offerta della controllata porterà in adesione il pacchetto del 5,99% di Gedi che la holding degli Agnelli già detiene.
Con i passaggi già finalizzati (l'acquisto da Cir, Mercurio, Sia e il pacchetto già in mano a Exor), Giano Holding salirà ad almeno il 60,9% di Gedi, al 63,21% dei diritti di voto in considerazione delle azioni proprie. Una volta completata l'Opa da parte di Giano Holding, Cir e Mercurio (famiglia Perrone) acquisiranno una partecipazione nella Giano pari - in trasparenza - al 5% del capitale di Gedi.
Il passaggio di controllo ha portato Exor e Cir - dettaglia ancora la nota - a sciogliere il patto parasociale che risaliva al luglio 2016. Una volta che Cir e Mercurio entreranno nel capitale della nuova Giano, entreranno inoltre in vigore che "hanno ad oggetto i reciproci rapporti quali soci di Giano Holding, e indirettamente di GEDI, nonché la disciplina della circolazione delle azioni di Giano Holding. Gli accordi di put & call disciplinano, invece, le opzioni di vendita di CIR e Mercurio, e le simmetriche l’opzioni di acquisto di EXOR, sulle partecipazioni detenute da CIR e Mercurio in Giano Holding; tali opzioni saranno esercitabili a partire dal terzo anno successivo all’ingresso di CIR e Mercurio nel capitale sociale di Giano Holding, salva l’ipotesi di risoluzione anticipata dei patti parasociali, nonché alcune altre ipotesi di accelerazione dell’opzione di vendita al ricorrere di determinate circostanze".


23 aprile 2020

Ai lettori di Repubblica

di CARLO VERDELLI

Cari lettori,
non è difficile immaginare che cosa state provando, che sacrifici state facendo, quanti dolori e privazioni state sopportando, senza neanche sapere bene quando questo avrà fine. Non è difficile immedesimarsi nella sofferenza dei bambini, costretti a una lunga stagione senza gli amici, senza la scuola, senza l’aria da mangiarsi a bocca aperta correndo in un cortile o in un prato.
Non è difficile patire insieme a quell’Italia ferita e smarrita e smagrita, che sa bene cosa l’aspetta alla fine del tunnel dell’epidemia: sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici. E poi le scene delle bare, delle corsie con esseri umani stremati dentro a strani caschi, dei medici e degli infermieri che hanno dato letteralmente la vita cercando di salvare quella degli altri.
La falce del coronavirus ha spezzato in due le nostre esistenze, in un prima che sembra lontanissimo e in un dopo, quello nel quale siamo ancora immersi, che richiederà molta forza e altrettanto coraggio per essere affrontato senza lasciarsi prendere dallo sconforto o dalla furia.
Da Repubblica abbiamo cercato di raccontare tutto questo, come è nella storia lunga di questo grande giornale. Raccontare, cercare di capire, provare a spiegare in modo trasparente: il giornalismo non è un affare complicato. E’ un mestiere civile, che richiede devozione e passione. La redazione che ho avuto l’onore di guidare in questi 14 mesi è stata formata su questi principi, li applica in automatico, che si tratti di politica o di finanza, di cultura o di qualsiasi altro argomento di cui è intrecciato il nostro presente.
Eugenio Scalfari, nel 1976, ha creato il dna di questa scuola di giornalismo e i pochi direttori che gli sono succeduti, a cominciare da Ezio Mauro e poi da Mario Calabresi, l’hanno fatta crescere, gli hanno aggiunto ingredienti, ne hanno rafforzato l’identità.
Ho parlato tante volte, durante questo mio viaggio, con Eugenio e Ezio, e molto ho imparato dalla sapienza di entrambi. Soprattutto ho imparato, in un corso accelerato, quale sia l’anima profonda di questo giornale, quanto abbia a che fare con i valori forti della democrazia, dell’indipendenza, della libertà.
Sabato sarà il 25 aprile, la festa sacra e laica della Liberazione. Repubblica la onorerà con un impegno particolare, visto il momento che il Paese sta attraversando. Sarà il nuovo direttore, Maurizio Molinari, a cui va il mio in bocca al lupo, a guidare il giornale in un momento che sarà insieme di memoria e di voglia di rinascita.
Lo seguirò da lettore, con l’attaccamento appassionato per un giornale che è qualcosa di più di un giornale, per una comunità di lettori che ne è la ragione prima di esistenza, per una redazione con la quale è stata una fortuna condividere questo viaggio.
Partigiani si nasce, e non si smette di esserlo.


Sciopero dei giornalisti di Repubblica, il comunicato del Cdr

23 aprile 2020

Cari lettori, Repubblica non sarà in edicola venerdì 24 aprile, giorno in cui anche il sito internet sarà fermo, a seguito dello sciopero deciso a larghissima maggioranza dai suoi giornalisti dopo la decisione del Cda del Gruppo Gedi di sostituire il direttore Carlo Verdelli come primo atto della nuova compagine proprietaria nel giorno del suo insediamento.
L’iniziativa dei giornalisti di Repubblica non vuol essere un atto ostile nei confronti del nuovo direttore Maurizio Molinari, al quale sin da ora la redazione offre la propria collaborazione con lo stesso impegno, la dedizione e lo spirito di sacrificio che hanno accompagnato tutte le precedenti direzioni di questo giornale.
Ciò nonostante, la Redazione non può non rilevare come la scelta dell’editore cada in un momento mai visto prima per il Paese e per tutto il pianeta, aggrediti da una pandemia che sta seminando dolore e morte e sta chiamando tutti noi a uno sforzo straordinario. E proprio nel giorno indicato come data della morte del direttore Verdelli dagli anonimi che ormai da mesi lo minacciano, tanto da spingere il Viminale ad assegnargli una scorta. Una tempistica quanto meno imbarazzante.
La Redazione di Repubblica, consapevole delle difficoltà che sta attraversando – e non da ora - il settore dell’editoria, continuerà a fare la sua parte, ma chiede al nuovo editore di rispettare i sacrifici che i giornalisti sopportano ormai da anni e di predisporre un piano industriale che preveda investimenti e non ulteriori tagli. Men che meno agli organici.
Repubblica non è e non è mai stato un giornale come tutti gli altri. Ha sempre avuto una identità forte espressa in una linea chiara. “E’ un giornale d’informazione il quale anziché ostentare una illusoria neutralità politica, dichiara esplicitamente di aver fatto una scelta di campo”. Sono le parole usate dal fondatore Eugenio Scalfari nel suo primo editoriale del 1976. Parole che valevano allora. E valgono a maggior ragione oggi.
Il Cdr di Repubblica.