30/01/2020

Giornalismo, stereotipi, deontologia: grande successo del Corso di aggiornamento dell’Ungp e di GIULIA


Grande partecipazione e viva attenzione per il corso di aggiornamento professionale su “Giornalismo, stereotipi, deontologia”, organizzato dall’Ungp e da GIULIA, “Giornaliste Unite Libere Autonome”, preso la sala Walter Tobagi della Fnsi. Il tema si proponeva di affrontare un nodo cruciale della comunicazione odierna: i media troppo spesso sembrano ancora lontani da una informazione scevra da luoghi comuni e stereotipi che non risparmiano nessuno. Di qui la necessità di fornire strumenti di riflessione e approfondimento per aiutare ad evitare errori nel lavoro giornalistico quotidiano. Il corso è rivolto ai giornalisti e a tutti coloro che lavorano nell’ambito della comunicazione e dell’informazione.

I lavori della giornata sono stati aperti da Stefanella Campana, organizzatrice dell’incontro. Sono poi intervenute Silvia Garambois, presidente di GIULiA e Stefania Cavagnoli, docente di linguistica all’università di Roma Tor Vergata. 

Silvia Garambois ha scoperto il velo sulle mistificazioni ricorrenti sui giornali e non solo in materia di informazione di genere, all’insegna dell’invito a “dare a Cesara quel che è di Cesara”.  Molti gli esempi citati in tema di “vittimizzazione” delle donne protagonmiste loro malgrado di episodi di violenza: troppo spesso capita, ha detto la relatrice, “i giornali diventano uno strumento che rende le donne vittime due volte”.

La professoressa Cavagnoli ha denunciato gli stereotipi ricorrenti nella informazione, a danno di un linguaggio adeguato che riproduca correttamente la realtà. “Cambiare- ha detto la relatrice- è possibile, ma occorrono tempo, consapevolezza e determinazione. L’esperienza dimostra che la lingua “si può cambiare”.

Di seguito il testo dell’intervento introduttivo

Perché questo corso? Innanzitutto perché crediamo nel ruolo importante che hanno i media, e quindi i giornalisti, a raccontare, a far conoscere la realtà senza deformarla, a formare una opinione corretta sui fatti, a incidere positivamente sulla cultura del Paese, senza cadere quindi in pregiudizi, luoghi comuni, vecchi schemi interpretativi. Sappiamo che il lavoro giornalistico è diventato molto più complicato, che i giornalisti sempre più connessi e precari devono fare i conti con tempi sempre più ristretti e forse questo può favorire quelle “sbrigative scorciatoie” nelle cronache giornalistiche che sono appunto gli stereotipi. Non risparmiano nessuno, ma colpiscono in particolare le donne, dal linguaggio alle immagini, dai fatti di cronaca come i femminicidi alla scarsa visibilità delle competenze femminili. 

Eppure da una fotografia scattata dall’Istat su dati raccolti tra il 2014-17 emerge che nel nostro Paese le donne studiano più degli uomini e più a lungo. Rispetto ai cittadini maschi sono più attive a livello culturale, vanno più a teatro e leggono di più. La situazione si ribalta nei posti al vertice, sia in Parlamento o nei consigli di amministrazione, dove le donne passano in netta minoranza. La situazione peggiore è nei ruoli decisionali, come se il surplus di studi, attività e interessi non contassero quando si tratta di ricoprire posti di comando, quindi di potere. E a parità di ruolo guadagnano molto meno dei colleghi maschi. Questo avviene in tutti i campi, compreso quello dei media ancora oggi prigionieri di clichés del passato come ci dicono i dati raccolti dal Global Media Monitoring Project avviato dal 1995 e ripetuto ogni 5 anni. Coordinato in Italia da Monia Azzalini dell’Osservatorio di Pavia e Claudia Padovani dell’Università di Padova, ha reso visibile la marginalità del ruolo delle donne nell’informazione: scarsa presenza nelle news, soprattutto quelle di politica ed economia, utilizzate in generale come voci dell’opinione popolare e non tanto come esperte e opinion leader (20%). Comunque progressi in venti anni, sia pur lenti, ci sono stati: da una presenza femminile nelle notizie del 7% del ‘95 si è passati al 21% del 2015, ma questi dati fanno pensare che ci vorranno oltre 40 anni per una rappresentanza femminile paritaria.  Vorremmo ricordare, citando una delle principali studiose a livello internazionale di questioni di genere nei media, Margaret Gallagher, “un giornalismo gender fair non è altro che un giornalismo di qualità….una corretta rappresentazione di genere dovrebbe costituire un criterio professionale come qualunque altro”.

E’ per questo che si è sentita l’urgenza di un corso di aggiornamento professionale su “Giornalismo, stereotipi, deontologia” su cui l’UNGP si mostra sensibile e attento. Un tema su cui è impegnata fin dalla sua nascita, nel 2012, l’associazione GIULIA (Giornaliste Unite Libere Autonome), per riportare al centro dell’informazione il sapere, la fatica, il coraggio, le competenze, i talenti e la creatività delle donne italiane. In questi intensi anni lo ha fatto attraverso spettacoli teatrali, concorsi fotografici, mostre come quella di Torino “In prima linea. Donne fotoreporter in luoghi di guerra”; quattro manuali ad uso delle redazioni: “Donne, grammatica e media”, Stop violenza, le parole per dirlo”, “Stereotipi, donne nei media”, “Donne Sport e Media”. Ha promosso con la CPO-Fnsi e Usigrai la “Carta di Venezia” per un’informazione corretta sulla violenza di genere, il “Manifesto Media Donne e Sport: idee guida per una diversa informazione” (insieme a UISP), ha dato vita al “Forum delle Giornaliste del Mediterraneo” e con l’Osservatorio di Pavia ha realizzato una banca dati on line che raccoglie i cv di esperte nell’ambito STEM e economia a cui possono attingere i giornalisti per avere i pareri anche di esperte.

Stefanella Campana, Comitato esecutivo Ungp, Direttivo nazionale GIULIA