02/02/2012
De Vito: “La Cassazione non cambierà idea ma il cumulo è un falso problema”
Cumulo? Non cumulo? Libertà di cumulo? Divieti per l’eternità alla cumulabilità tra pensione e redditi da lavoro? Sembra che questo sia l’argomento principe della tenzone elettorale che riguarda il nostro Istituto di previdenza. Il problema è sul tappeto da anni, il cda di cui faccio parte ha deciso di alzare il limite della cumulabilità da 8 mila a 20 mila euro (soggetti all’indicizzazione Istat), qualche collega ha sofferto la penalizzazione di qualche migliaio di euro di “supero” oltre quel tetto dei ventimila, adesso una sentenza della Cassazione ha dato ragione a un giornalista che aveva fatto ricorso già in primo e secondo grado, ed ora ha vinto, sull’ultimo ostacolo
Uno non è convinto e si affida al giudice. E il giudice decide. In ogni comunità civile questa cosa viene accettata per quello che è, la soluzione di un dubbio, la pronuncia di chi a queste cose è preposto, mirante a fare chiarezza. La pronuncia dei supremi giudici può anche non piacere , ma quella è. E vale, o dovrebbe valere, come interpretazione che taglia la testa al toro. Per l’infinito? No, per adesso. E se la sezione della Cassazione che si intitola Lavoro, sempre la stessa, con questi o con altri giudicanti, cambierà orientamento esaminando casi consimili, si vedrà. Intanto l’unica cosa veramente inutile sono gli strilli.
Ragioniamo. Questa storia del cumulo è un problema per l’ Inpgi? E’ vero che questa possibilità di “cumulare”, per certi pensionati non ancora decrepiti, impedisce, meglio sarebbe dire impedirebbe, ai giovani, a certi giovani, di lavorare? Quanti sono oggi i cumulati che salverebbero l’Inpgi dalla catastrofe finanziaria? La questione di principio e di diritto, alto diritto, è una, al vaglio degli esperti e degli avvocati e dei colleghi interessati. Se ne sono occupate e se ne occuperanno ancora le scartoffie legali, e magari altri giudici di Cassazione.
Ho fatto una piccola indagine, da cronista come ero e sono, non digiuno di pandette e codicilli e riferimenti giurisprudenziali, e non dimentico di frequentazioni di aule giudiziarie, come cronista e come avvocato, ahimè di qualche decennio fa. L’esperto da me interpellato, dopo aver letto attentamente la sentenza in questione ha definito la decisione “ del tutto chiara laddove spiega le diverse ragioni, in diritto, che hanno portato alla conferma della sentenza d’appello favorevole al giornalista”. Ed ha aggiunto: “La mia opinione è che ben difficilmente potrà verificarsi, sulla questione, un revirement della Corte di Cassazione, onde per il futuro la disciplina applicabile continuerà ad essere quella che si può trarre dal decisum delle pagine 3 e seguenti della sentenza”.
Opinabile? Certamente, ognuno – esperto o inesperto – può dire la sua. Ma non è questo il punto.
Il punto è quello cui accennavo più sopra: quanti sono i cumulati? Pare che l’Inpgi abbia contato l’anno scorso poche decine di soggetti al cumulo (interpellate Camporese e il direttore generale Costantini), poche migliaia di euro oltre la franchigia ammessa di 20 mila euro. Allora di che parliamo? Ammettiamo per un attimo che siano tanti i nuovi pensionati, pensionati giovani cacciati dalle redazioni che devono continuare a lavorare per sopperire alla bassa pensione erogata. Cento, di più? E quanti oltre il limite dei 20 mila euro? Facciamo il doppio dell’anno scorso, una sessantina? Chi supera il limite fissato di tre mila euro, chi di diecimila, con pensione decurtata? Questa nuova situazione affosserà l’Inpgi? Davvero qualche decina di collaborazioni “super” , spesso limitate nel tempo, impedirà ai giovani colleghi di lavorare?
Davvero la solidarietà “verso chi è precario e cerca un lavoro sicuro”, per riprendere un punto del documento dei colleghi veneti pubblicato su questo sito, si manifesta facendo una bandiera del problema del cumulo? Esso – devo precisare - non mi ha mai riguardato, né mi sono mai sognato di arrotondare la pensione (non da nababbo) con collaborazioni di qualsiasi genere.
Sono convinto che la stabilità dell’Inpgi deriva e deriverà in futuro dall’allargamento della base contributiva , tradotto vuol dire tante assunzioni, tanti contributi, anche approfittando delle agevolazioni che il presidente Camporese e il cda di cui faccio parte hanno recentemente deciso, d’accordo con gli editori e con il placet dei ministeri vigilanti. Pericolo di aumento imminente dei giornalisti collaboratori? Il problema è già stato risolto al 90 per cento dall’attuale Consiglio di amministrazione tre anni fa, fissando il tetto dei ventimila euro esenti. Il vero calmiere è già in funzione, casomai si sarebbe dovuto alzare il limite dei ventimila, ma non hanno dato retta a noi pensionati.
In conclusione, ritengo che per l’Inpgi non ci sia nessun “rischio di entrare in sofferenza” a causa di una marea di pensionati che lavorano .
Come hanno scritto gli amici veneti, deve essere difesa la “solidità futura dell’Inpgi”, non dimenticando quanto Camporese e C. hanno già fatto (compresi noi pensionati del cda Inpgi e dell’Ungp) in questi quattro anni fino agli ultimi mesi di mandato, fino ad oggi, e faranno se necessario fino all’8 aprile , quando scadrà il quadriennio.
Limitarsi al problema del cumulo, piccolo e di scarso rilievo economico, addentrarsi in disquisizioni giuridiche e fantapolitiche, rischia di portarci fuori strada. Il cumulo è un piccolo tassello dell’universo Inpgi, e non dei più importanti, salvo la questione di principio e il principio dell’uguaglianza di tutti i pensionati italiani di fronte alla legge, secondo la puntuale disamina che da ultimo ha tracciato la Cassazione. Chiediamo pure lumi – anche su questo tema - all’attuario che analizza e ipotizza il cammino futuro dell’Istituto. Ma non ne facciamo demagogicamente il perno di questa campagna elettorale. Cui prodest?
Antonio De Vito